Il bimbo morto nella piscina di Cosenza: ieri è stato il giorno della difesa

Davanti al giudice Marco Bilotta hanno deposto il dottore Cristiano Quiriconi ed il professore Francesco Vinci dell’ Università di Bari

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    Udienza ieri al tribunale di Cosenza del processo per la morte del piccolo Giancarlo Esposito che ha perso la vita in una vasca delle piscine di Campagnano il 2 luglio 2014. Sul banco degli imputati i gestori della piscina comunale e diversi istruttori. Davanti al giudice Marco Bilotta hanno deposto il dottore Cristiano Quiriconi, consulente del Pubblico Ministero, presidente di un’associazione di nuoto e maestro di salvamento, ed il professore Francesco Vinci dell’ Università di Bari, che ha effettuato l’autopsia sul corpo del bambino. Più volte Quiriconi è caduto in contraddizione, e alle domande della difesa su quale documentazione avesse esaminato, se avesse effettuato un sopralluogo delle vasche e con chi, il consulente ha risposto di aver analizzato la documentazione fornita dalle forze dell’ordine e che con loro aveva effettuato il sopralluogo delle vasche senza fare le misurazioni di profondità delle stesse. Alla domande della difesa degli imputati, gli avvocati Marcello Manna e Sabrina Rondinelli, se avesse potuto verificare il posizionamento degli istruttori ha risposto: “No, mi è stato fornito. Io ho solo potuto fare un’ipotesi di 20-22 bambini nella vasca e non so se tutto il personale fosse presente”. Quiriconi ha riconosciuto che quel giorno in piscina c’erano un istruttore, un allenatore ed un assistente bagnanti, tutti provvisti di regolare brevetto. Per la precisione, l’assistente bagnante non aveva rinnovato la tassa annuale. Gli avvocati della difesa hanno incalzato il professionista chiedendogli su cosa si basasse l’affermazione che bastano due o tre minuti per annegare, Quiriconi ha risposto: “E’ la statistica e si trova su tutti i libri di testo. Io non ho analizzato il caso specifico, però quando l’acqua raggiunge i polmoni si crea uno squilibrio plasmatico”.  Manna e Rondinelli hanno continuato chiedendo allo specialista: “Ma le è stata chiesta la causa della morte? Perché fa queste affermazioni? Aveva la consulenza medica?”. E Quiriconi ha risposto: “Per fare la consulenza tecnica mi sono basato sui casi di letteratura”. Alla domanda della difesa se poteva riferire se il bambino avesse liquido negli alveoli polmonari, il professionista ha risposto che non poteva riferire perché stava ragionando per ipotesi. Più determinato il professore Vinci. “Posso confermare – ha detto – che si è trattato di un annegamento. Lo si evince dagli esami del sangue. Abbiamo controllato che vi fosse un uguale concentrazione di sangue nella cavità sinistra e destra del cuore. La densità era diversa. Ciò significa che c’è stato un passaggio d’acqua a livello polmonare. Sono poi emersi altri rilievi generali che depongono nettamente a favore di questa ipotesi: microemorragie e congestione di vasi. Nel complesso quello che si evince consente di fare una diagnosi compatibile con l’annegamento”. Vinci ha anche aggiunto che non ha trovato cibo nello stomaco ma solo acqua, un’affermazione, questa, che andrebbe in contraddizione con quanto deposto nella precedente udienza dal professore Vercillo, nel corso della quale dichiarò l’assenza di acqua nello stomaco. Vinci ha anche sottolineato di non avere riscontrato alcuna patologia. Il che lascia concludere che il piccolo sia morto per annegamento. Alla domanda della difesa che chiedeva se in corso di autopsia avesse potuto accertare se il bambino prima di morire fosse stato colpito da un malore e fosse svenuto, Vinci non ha ritenuto di rispondere. Il processo è stato rinviato al 27 febbraio, quando deporranno la madre di Giancarlo, Alessandra Gozzi, e alcuni testi della parte civile

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