Uccidete le madri: la superbia va in scena al Teatro della Maruca

Lo spettacolo teatrale di Camilla Cuparo, drammaturga cutrese, incanta e fa riflettere il pubblico dello spazio off crotonese

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    Soltanto un tavolo e due sedie, ma a riempire la scena del Teatro della Maruca, venerdì 21 e sabato 22 aprile, è stata la penna aguzza di Camilla Cuparo, drammaturga nonché regista teatrale,  consacrata dall’alta recitazione di Luigi Iacuzio.

    Così lo spazio “off” crotonese, lontano dai grandi circuiti, indica sempre la via d’accesso alle emozioni, stavolta offrendo al pubblico la visione empatica di “Uccidete le madri – I sette peccati capitali Superbia”, spettacolo teatrale vincitore del “Premio Landieri 2014 – Teatro d’impegno civile” per la migliore regia.

    In scena soltanto Vito, superstite della superbia familiare, che ne narra le conseguenze strazianti in un monologo. Privato degli affetti più cari, come il fratello minore annientato dal desiderio irrefrenabile di potere e il padre incapace di gestire l’onta, si ritrova solo a dover contenere la sete di vendetta della madre che lo sconvolge e travolge.

    Tanti i flashback che si susseguono nel racconto in cui Vito lascia spazio alla spensieratezza dei bei momenti familiari rubata dal malaffare che, evento dopo evento, distrugge la quiete e insinua nella mente un tarlo assassino.

    Il padre estenuato, la sorella dalla folta chioma corvina, ma anche la madre e Santino, rispettivamente mandante ed esecutore dell’atto più vile, volutamente non hanno un volto. Ma Luigi Iacuzio, che interpreta con profondo pathos il figlio superstite, pur rimasto solo nella sua solitudine, porta con sé tutti i personaggi che si intersecano sul suo corpo in un continuo sussulto di ossessioni e possessioni.

    Vito dialoga così con personaggi invisibili, ai quali lui stesso dà un volto: una regia magistrale con cambi di luci e musiche, intonazione della voce e intensità della gestualità basta a cambiare registro, a passare dal suo composto patimento alla malvagità disumana della madre sino all’incontro con l’assassino dei suoi familiari. Tentando sempre di districarsi dai tentacoli della chioccia trasformatasi in polpo letale che lo istiga a percorrere strade sanguinose, a farlo sprofondare nell’abisso della vendetta, costringendolo a prendere un’estrema decisione.

    Un’incessante lotta tra genitori e figli, tra bene e male,  in una moderna tragedia greca che prende spunto da un fatto realmente accaduto in un paesino della provincia di Reggio Calabria, “degenerato” dalla sceneggiatrice calabrese che muta l’amore in superbia per tentare di spiegare cosa spesso si cela dietro tragici eventi.

    “Questo spettacolo teatrale, insieme agli altri sei, è nato dalla ricerca del senso del peccato capitale nella nostra epoca, che iniziai alla fine degli anni ’90 con lo scopo di indagare sul rapporto profondo tra esseri umani e tra esseri umani e Dio. Tutto ciò attraverso una testimonianza visibile con una lungimiranza scaturita dall’attenta analisi degli eventi che sono accaduti in passato e che continuano ad accadere” ha spiegato Camilla Cuparo durante l’incontro con il pubblico che ha suggellato, in un turbinio di emozioni e riflessioni, lo spettacolo  che “dà forma e sostanza ad un avvenimento che rende l’idea della superbia stessa, già di per sé difficile da spiegare anche nella sua forma più irrilevante”.

    Gabriella Cantafio

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