Iracheno arrestato: Agli infedeli andrebbe tagliata la gola (con video)

La conferenza stampa dell'arresto dell'iracheno ospite del centro d'accoglienza di Isola Capo Rizzuto (con videointervista al dottor Gratteri)

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    di Antonio Capria 

    “Agli infedeli andrebbe tagliata la gola”. Era questa la sua missione, tanto che aveva rinunciato a combattere la guerra santa in Siria per fare proselitismo in Italia a favore dell’Isis. Il 29 enne iracheno Hussein Abs Hamir spiegava al telefono alla sorella che sarebbe rimasto in Italia per combattere la sua jihad. Gli investigatori che l’hanno arrestato per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale e istigazione a delinquere lo descrivono come una persona violenta e fortemente incline alle attività criminali. In più occasioni il 29enne ha apertamente manifestato la propria appartenenza all’Isis (“è la mia vita”), condivideva sul proprio profilo facebook filmati cruenti riconducibili alle attività del Califfato Islamico, e in occasione del recente attentato terroristico di Manchester aveva manifestato una particolare esaltazione, esultando davanti ad altro coinquilino del centro Sprar in cui si trovava ospite ed inneggiando alla Jihad con le frasi solitamente pronunciate in occasione di atti terroristici e di martirio.

    Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, sono state condotte dai poliziotti della Digos di Crotone ed hanno permesso di riscontrare come l’arrestato, richiedente asilo, istigava alcuni inquilini del Centro Sprar di Crotone a partecipare all’organizzazione Isis e a perpetrare atti violenti con finalità terroristiche. Non solo, l’uomo teneva un atteggiamento violento e minaccioso nei confronti degli altri ospiti dello Sprar che mantenevano una condotta di vita non rispettosa dei precetti religiosi musulmani più integralisti, instaurando un’atmosfera di timore nei suoi confronti. Un ospite del centro era stato minacciato da Hussein con un coltello alla gola perché “aveva manifestato disprezzo verso l’Isis”.

    Secondo quanto riferito nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il capo della Dda Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, il questore di Crotone Claudio Sanfilippo e il dirigente della Digos pitagorica Francesco Meduri, il 22 marzo scorso l’iracheno ha compiuto un viaggio a Roma per testare il livello di allarme che poteva creare. In una conversazione intercettata il 29enne raccontava al suo interlocutore che, mentre passeggiava tra le vie della capitale, con la barba lunga e con una busta in plastica, aveva determinato allarme, tanto che la polizia lo avrebbe controllato più volte. Quello, diceva, era il suo obiettivo: creare allarme e tensione in questo particolare periodo di ripetuti attacchi terroristici anche individuali.

    Sul suo smartphone  sono stati ritrovati non solo numerosi video riconducibili all’ideologo Mullah Krekar, considerato uno dei principali ideatori dello Stato Islamico in Kurdistan, ma anche fotografie della Questura di Crotone e di alcuni funzionari di polizia: un “pericoloso dossieraggio” lo ha definito il questore Sanfilippo, che ha sottolineato “l’enorme lavoro di intelligence che quotidianamente svolge la sezione antiterrorismo di Crotone”.  

    Un’attività preoccupante, che ha convinto “per una questione di coscienza” gli inquirenti a concludere il monitoraggio e ad arrestare l’uomo. Il procuratore Gratteri, l’aggiunto Bombardieri e il sostituto procuratore Paolo Petrolo hanno emesso velocemente una richiesta di custodia cautelare nei confronti del 29enne, che è stata accolta in tempi rapidissimi anche dal gip Assunta Maiore.

    “La sua radicalizzazione era diventata sempre più pericolosa. Abbiamo preferito bloccarlo – ha spiegato il procuratore Gratteri – piuttosto che rischiare di andare avanti per bloccare l’intera rete. Siamo dovuti intervenire perché abbiamo ritenuto concreto il rischio di una fuga. Temevamo, come è già successo, che il soggetto lasciasse la Calabria per compiere un attacco terroristico”. L’uomo “andava e veniva in Europa”, ha spiegato Gratteri. Dalle indagini è emerso che Hamir aveva chiesto asilo politico già nel 2008 in Norvegia, nel 2009 in Finlandia e nel 2010 in Germania.

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