Il Premio Casadonte cordone ombelicale della Maruca alla realtà

Edizione ispirata e respirata dai volontAttori proprio come Laura avrebbe voluto

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    Cos’è il premio Laura Casadonte promosso dal Teatro della Maruca?

    Entri in una aula magna di una scuola caldissima in un giugno già chiuso per studenti ed insegnanti, di certo il palco, seppur meritoriamente donato alla causa, non è il massimo per una serie di esibizioni teatrali. Dopo qualche istante penetri, attraverso garbo, competenza, mai disgiunte da amore e cortesia, dentro la magìa di quegli istanti di buio che ti separano da un rapporto intimo ed ancestrale.

    Si perchè il Teatro della Maruca a Crotone ha ricostruito uno dei resistenti e residuali punti di riferimento di fiducia che non è affatto un azzardo paragonare a quelle esagerate rassicurazioni che le nostre mamme ci porgevano quando accarezzavano il loro grembo, in quell’unico mondo che conoscevamo, al principio.

    Non vorresti proprio uscire più in quella epoca, infatti, proprio come quando devi approcciare, senza più amniotici vortici e sicuri cordoni nutrizionali. Proprio uguale è quando c’è la brigata Gallo a presentare, ovunque, ora un cantastorie, ora dei burattini (con o senza fili) ora Bollari e le sue improbabili pescate, ti nutri e sei leggero: libero di gioire, ammalinconirti o buttare il pensiero a quanto di più caro hai sempre avuto; addirittura scoprire cosa, veramente, è più caro e non volerlo più mollare!

    Laura Casadonte fu una delle prime a rimanere folgorata da tutte queste capacità di Carlo ed Angelo Gallo e di tutti gli amici della Maruca di fare famiglia e nidi anche sui cornicioni più impervi.

    Ora assieme agli altri fantastici volontATTORI accompagna, nel suo stesso nome, questa bella edizione alla scoperta di nuovi linguaggi e produzioni alla ricerca di farsi conoscere e, per il fortunato vincitore, di far parte del prossimo cartellone della stagione 2017/2018 del Teatro della Maruca.

    Non un dettaglio l’attenzione ed il sostegno di una giuria di altissima qualità: la giuria tecnica era composta da MARIO BIANCHI (HISTRYO, KLP, EOLO), MICHELE DI DONATO (IL PICKWICK), FRANCESCA PIERRI (TEATRO E CRITICA), poi gli operatori teatrali calabresi ANNAMARIA DE LUCA (TEATRO DEL CARRO) e LINDO NUDO (TEATRO ROSSOSIMONA).

    Così come tutti gli spettatori, anche noi siamo stati chiamati a dare un gradimento: nel lasciarvi alle sinossi ufficiali dei tre lavori, vi diciamo che c’è stato chi ci ha fatto ammalinconire di fronte al disagio ed alla solitudine meridionale, chi ci ha fatto sorridere di fronte alla disperata ricerca dell’identità e chi ci ha fatto esultare per aver riscoperto che “recito ergo sum” può essere pure una opportunità.

    Lunga vita alla Maruca a Crotone, per la Calabria ed i sud del mondo!

    Procolo Guida

    clicca qua per la bellissima fotogallery a cura di Simone Carozzo

    ECCO LE TRE PROPOSTE FINALISTE:

    TITOLO: MAMMA SON TANTO FELICE PERCHE’

    Di e con ANGELICA BIFANO

    Angelica Bifano originaria di Sapri è un’attrice diplomata alla Civica Accademia D’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine, ha lavorato inoltre con registi e pedagoghi di livello internazionale nel campo della recitazione, del canto e della danza.

    In scena una sola attrice interpreta tutti i personaggi della vicenda: Delfina, la madre, la nipote di otto anni Alice e altri personaggi secondari.

    Ci troviamo in una casa del Sud Italia, in Cilento e il dialetto dei personaggi è proprio quello di questa terra.

    La signora è una donna alla buona, cresciuta nell’aperta campagna allevando gli animali. La poltrona, oggetto dal significato ambivalente di trono e di prigione, da cui a stento riesce a muoversi dopo la sua invalidità e da cui partono gli ordini per Delfina, è la postazione da cui comanda.

    Attraverso il monologo si cerca di ricreare il respiro delle dinamiche familiari, quelle piccole tempeste che lasciano sempre una traccia, un silenzio che porta l’eco di ciò che è appena successo. Un silenzio, dunque, che non è mai vuoto.

    L’arrivo di tutti, l’unione della famiglia è il momento di maggior confusione e di frenesia per Delfina. Finito il pranzo tutti vanno via, lasciando spazio di nuovo alla madre e alla figlia, ad un eterno silenzio.

     

    TITOLO: GOD SAVE EROSTRATO

    COMPAGNIA: BIBO TEATRO

    REGIA: Miriam Costamagna

    BIBO TEATRO nasce nel 2010 per volontà di Paola Binetti ed Eliana Borgonovo, che decidono di unire le loro competenze artistiche e didattiche, dopo una lunga attività condotta singolarmente nelle scuole e nei teatri.

    La prima idea del lavoro nacque a partire dal massacro della Columbine High School del 1999 e delle motivazioni che hanno portato due ragazzi appena diciottenni a compiere una tale carneficina. Abbiamo iniziato quindi a porci delle domande sul bisogno dell’Uomo di essere ricordato per sfuggire alla paura della morte e dell’oblio, e un nome sconosciuto ci ha dato una risposta: Erostrato. Un ragazzo che consegna le pizze e sogna di andare in televisione; due studenti americani che fanno una strage a scuola; un contadino che distrugge il tempio di Efeso. Cosa hanno in comune? Non vogliono essere dimenticati. Ma come si fa a diventare immortali al giorno d’oggi? Ricky ne ha un’idea, ed è disposto a tutto pur di realizzarla. Ma scoprirà a sue spese che non è così facile essere ricordati: emergere dalla massa non basta, ci vuole qualcosa di più. Sarà Erostrato, un contadino greco dalle forti ambizioni, a fargli da guida in un viaggio di formazione all’incontrario, per arrivare a capire che “distruggere è il nuovo creare”. Erostrato è senza tempo e si trova ovunque, in televisione, tra le pagine di Jean-Paul Sartre e sui Social Media. Ma in una società in cui la fama è appannaggio di tutti, quanto dura l’immortalità? “God save Erostrato” è un’indagine sull’identità e la paura dell’oblio. È la nostra personale risposta alla domanda “si può vivere per sempre?”

     

    TITOLO: I AM LETO (cosa resta dell’Amleto)

    COMPAGNIE: Estudio & Le Lapin Jaune 

    Di Enrico Manzo

    REGIA: Luisa Corcione

    Le compagnie si incontrano in occasione di un progetto di scambio interculturale nell’ambito di residenze artistiche in Italia e in Francia, e maturano il bisogno di mettere insieme le proprie risorse ed i rispettivi metodi di ricerca, per indagare sul tema della condizione umana del e nel nostro tempo. Gli interrogativi emersi nella fase d’ideazione del progetto hanno immediatamente rievocato il simbolo per antonomasia del dubbio: l’Amleto di Shakespeare. Nel ripercorrere lo studio del dramma shakespeariano, con il proposito di rintracciare i tasselli che s’incastrano nella scena dell’uomo contemporaneo, ci si è resi conto che l’elemento essenziale che manca per la rappresentazione dell’opera e quindi per l’indagine sulla condizione umana è proprio Amleto, alias il dubbio.

    Chi è o chi sarebbero Amleto, Claudio, Ofelia? Dietro chi si nascondono gli assassini, i traditori, gli amanti, e i succubi di un tempo? Un vicino, un collega, un amico. Ci siamo posti questa domanda e abbiamo interrogato la gente: “ Di Amleto sono rimasti i cadaveri e la solitudine. È rimasto il lutto, l’inquietudine e un mucchio di parole per riempire il vuoto tra le idee e l’azione.

    Ogni uomo vive momenti di stallo, momenti in cui si chiede se agire o meno, o

    quanto, lo stesso agire possa servire. Ecco perché “l AM LETO – Cosa resta di Amleto” racconta la storia di una compagnia di attori, girovaghi, che da venticinque anni tentano di mettere in scena l’Amleto, pur trovandosi di fronte all’assenza di Amleto stesso, andato via. Gli attori vivono ogni giorno, come quello precedente, in un’infinita e statica routine, quasi come un bisogno di restare aggrappati alla loro stessa immobilità, che in fin dei conti dà sicurezza.

     

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