Paolo Fiore romanza nei labirinti della conoscenza foto

Nicola Vacca porta a Crotone “Solo sabbia tranne il nome. Apax legomena” raccontatoci da Domenico Frontera

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    foto di Simone Carozzo

    Venerdì pomeriggio scorso, nell’ambito del Festival dell’Aurora, è partito il “Caffè letterario”. Alla Lega Navale la prima, di una serie di incontri e presentazioni in collaborazione con il Circolo dei lettori di Crotone, ha visto Nicola Vacca presentare Paolo Fiore ed il suo ultimo romanzo “Solo sabbia tranne il nome”.

    L’incontro con l’autore, moderato da Domenico Frontera, ha permesso al saggista, critico e poeta Vacca di avvicinare a questa opera particolare ed appassionata anche i crotonesi, dopo che già dalle sue rubriche e scritti aveva già mostrato quanto l’avesse apprezzata.

    “Solo sabbia tranne il nome. Apax legomena” (Manni 2017), di Paolo Fiore.

    Paolo Fiore è nato nel 1965, vive a Fondi. Medico e scrittore, ha pubblicato libri di poesia e narrativa. Con Manni, nel 2012, il romanzo “Fu chiaro appena oltre lo Zenit”.

    “Solo sabbia tranne il nome. Apax legomena” è un romanzo filosofico che si misura con il crollo delle “grandi narrazioni del novecento” e con un nichilismo che, perduto il senso originario di stimolo critico, di “martello che saggia la solidità di una cultura” per abbatterla o metterla in discussione, ha ceduto il posto a nuovi e frammentari dogmatismi; “logorroica afasia della storia”, della letteratura e quindi dell’uomo.

    Marco, il giovane studente di letteratura, protagonista del romanzo, viaggerà fino a Berna pur di poter “guardare ed essere visto” dagli occhi dell’ “Angelus Novus”, un dipinto di Paul Klee che tanto influenzò il pensiero di Walter Benjamin.

    Una tempesta spira “dal paradiso perduto”, una tempesta che si impiglia fra le ali dell’Angelo e gli impedisce di fermarsi: davanti a sé le “ceneri” della storia, alle sue spalle l’inesorabile corsa verso il futuro.

    Marco avverte tutto il simbolismo e quindi tutta la concretezza della domanda di quel quadro, anzi di quella icona: l’Angelo della storia vola sulle macerie delle ideologie, dei conflitti bellici e dei conflitti interiori di una società sempre più liquida ed orfana di una identità culturale, mentre il progresso del consumismo che ha ucciso la Scienza è solo l’inganno di un futuro.

    Non resta che il paradiso perduto, l’Apax Legomena, la “parola unica”, indefinita e mai definibile che rimane “sacralmente silenziosa”, aperta a tutte le contraddizioni. Una parola creatrice che, svincolata dalla “ciclicità del tempo” della produzione materialistica, sfugge all’eterno ritorno dell’uguale e si fa storia.

    Questa parola non può essere quella di Prometeo, della tecnica mercificata che consegna ogni giorno, agli uomini, cieche certezze e cieche speranze ma, citando Cioran, questa parola deve essere “Oblio”: “l’oblio è la condizione fondamentale per vivere, per resettare la mente e rendere possibile un altro traffico di informazioni”; nuovi paradigmi sempre pronti a essere rimessi in questione. Nel suo percorso di studente, nel labirinto della conoscenza, Marco scopre nel dogma la “profanazione del pensiero” e nel dubbio, nell’asistematicità, il “sacro” che libera dalla sabbia il nome delle cose.

    Domenico Frontera

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