Calunniati Pitagora e tutti gli esseri viventi dotati di ragione

Francesco De Marco ci aiuta a comprendere come Pitagora ci traghettò oltre la civiltà della vergogna

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    Divampata la polemica, come al solito solo su Facebook, riguardo l’improbabile statua dedicata a Pitagora posta da questa amministrazione, chiediamo a Francesco De Marco, archeologo e studioso di Pitagora, cosa è mancato e manca per aprire le porte del mondo su Crotone (giusto per citare il Maestro Gaspare da Brescia nell’articolo “premonitore” di Fabrizio Carbone di più di un anno fa (clicca qui per rileggerlo).

    Seppur Pitagora è conosciuto, e soprattutto studiato, in tutto il mondo, persino in quella parte di mondo NONOCCIDENTALE nei confronti del quale ci sentiamo così superiori, a Crotone quanto realmente sappiamo e possiamo parlare di lui? Questo obbrobio di statua/vespasiano è frutto o motore di decadenza? Ma chi era Pitagora? Qual é la sua importanza oggi? Che valore diamo al suo pensiero? Perché non ci domandiamo, vedendo il disastro di oggi specie nel nostro territorio, chi ha contribuito e contribuisce ancora a sotterrare il suo ruolo nell’occidente moderno?

    Queste alcune delle domande che abbiamo posto a chi ha pure scritto un libro intero sul (forse mai) nostro personaggio più noto e studiato in tutto il mondo. De Marco, da par suo, da queste domande e dalla sua personale indignazione, è riuscito a tirar fuori un immaginario colloquio con i lettori di CrotoneInforma che, preludendo anche ad una stabile collaborazione con questa testata, già ci appassiona oltre a riempirci di orgoglio!

     

    di Francesco De Marco

    Del Pitagora calunniato

    Ovvero il budino di Pitagora

     

     

     

    Caro lettore di CrotoneInforma, sarò schietto.

    Quando venerdì pomeriggio ho assistito a parte del montaggio della “installazione” posta sulla piazzola di uno dei trivi di piazza Pitagora, ho avuto un vero e proprio sussulto.

    Devo fare penitenza! Ahimè, confesso!!

    Non ho saputo trattenermi, non ho potuto esimermi, dall’imbrattare la mia pagina Facebook postando a caldo, con tanto di foto, le mie personalissime considerazioni su quella che l’Ufficio Stampa del Comune di Crotone ha orgogliosamente annunciato Urbe et Orbi come il “Saldo di un debito lungo qualche millennio“.

    La strana struttura a forma di budino, esploso in una proiezione ghiaccia ed essenziale di ferro e marmo, è così incomprensibile ai più, che il medesimo, orgogliosissimo, Ufficio Stampa non sa se considerarla una “statua” o un “simbolo“…

    In tale bagarre, trattandosi di opera che, sempre a dire dell’orgoglioso Ufficio, “fonde in sé due aspetti del pensiero pitagorico, classico e moderno al tempo stesso“, per la sua contemporaneità, esemplare prodotto della più alta architettura crotonese fatta di rotonde, cementificazioni, vichi ciechi e strade-piscina, in linea con il vigente hipster style, come è giusto e d’uopo che sia, ha avuto il mio battesimo nella sua denominazione anglofona: “bearded man reading book seated toilet” ovvero per chi non mastica l’albionico idioma il “cagone barbuto che legge un libro“.

    Per rispetto ai miei docenti universitari eviterò di dilungarmi in inutili analisi sul manufatto in questione, mi sembra eccessivo scomodare Raffaello e Alte Simbologie per un copia/incolla, sormontato da una delle 371 dimostrazioni classificate dell’omonimo, tradizionalmente detto, “Teorema di Pitagora” che di Pitagora, carte alle mani non è mai stato.

    Tavoletta d’argilla (Yale Babilonian Collection 7289), ritrovata in Mesopotamia e risalente al periodo paleobabilonese (1800 – 1600 a. C.), attestante la conoscenza almeno 1000 anni prima di Pitagora dell’omonimo teorema

    Visto l’esito finale, per il “budino del cagone barbuto“, è assolutamente inutile cercare di comprendere a quale reale conoscenza si sia attinto per la sua creazione, o a quale “canone” estetico, se mai ve ne fosse uno, e peggio ancora, a quale strategia comunicativa ci si è affidati.

    Ad aggravare maggiormente l’avvenimento è il pensiero che il tutto sia stato messo su con i proventi dei contribuenti e, pare, fino a prova contraria, senza alcun bando ad evidenza pubblica o, se preferisci, pubblico avviso di manifestazione di interesse, ai quali in tanti, ne sono certo, avrebbero partecipato con progetti già in fase di realizzazione, non da ultimo quello del M° Gaspare da Brescia e del progetto artistico partecipato denominato Pythagòras Lab, a cui tu e tanti avete accennato e, al quale, in tanti hanno aderito, ciascuno secondo la propria sensibilità, peculiarità e competenza.

    Per queste considerazioni finali lascio l’ultima parola, semmai ve ne sarà, agli organi istituzionali preposti.

    Detto questo, faccio mia l’unica, savia domanda che il sempre orgogliosissimo Ufficio Stampa ha posto in bocca “al visitatore arrivato a Crotone“, domanda oggi più che mai attuale, “dove è Pitagora“?

    Pertanto una considerazione immediata l’ho fatta: ancora una volta si conferma che vivere e operare a Crotone pare essere una “fatica di Sisifo“.

    Ma tant’è, ognuno di noi lavora secondo i dettami della propria coscienza, anche e soprattutto in una città che è per antonomasia l’archetipo del “mondo alla rovescia”.

     

    Ciò premesso, risponderò volentieri alle tue domande, anche e soprattutto perché questa città ha veramente un grande debito nei confronti del “chiomato di Samo” ed è quello del sua assoluta misconoscenza ed il suo più bieco utilizzo ad ogni spronbattuto, non certamente per insegnamenti, specie di buon governo, che qui da noi non hanno mai realmente attecchito.

    Così, sfatando tanti luoghi comuni e false conoscenze, e sull’aria dal Barbiere di Siviglia di Rossini, leitmotiv di questa nostra discussione, inizierò da subito.

    La calunnia è un venticello / un’auretta assai gentile

    che insensibile sottile / leggermente dolcemente / incomincia a sussurrar.

     

    Che Pitagora, come qualcuno ha scritto, sia stato un personaggio reale o un nome su cui si concentrarono antiche sapienze, non sarà oggetto della nostra conversazione, a questo, se vorrai e se vorrà chi ci legge, potremo dedicare in futuro un ampio stralcio dal capitolo Del divino Pitagora, tra mito e storia, del mio libro Il Prestigio del Pitagorismo a Roma, a cui per questo e altro rimando.

    Basti sapere che è realmente esistito un uomo chiamato Pythagòras (Pitagora), che è nato ed ha operato nello stesso spazio storico in cui nacquero e operarono altri uomini che hanno cambiato il pensiero e l’agire del genere umano: ShÄkyamuni (Gautama Budda), Ch’iu, Chung-ni, K’ung – Kung fu-tzù (Confucio) e Laozi (Lao Tze).

    Secondo la misura del tempo in occidente, quel periodo storico è il VI secolo prima della nascita di Cristo (intervallo di tempo che va dall’anno 600 all’anno 501 prima della nascita di Cristo).

    Pitagora approssimativamente nacque intorno al 575 a.C. nell’isola di Samo, vicino le coste dell’Anatolia (odierna Turchia), e sempre approssimativamente morì intorno al 495 a.C., forse a Metaponto.

    Come avrai notato tutto è approssimativo, tutto è in forse.

    In verità, per quanto possa essere paradossale, il problema principale del Pitagora storico è relativo alla totale mancanza di scritti ad opera dello stesso Pitagora e solo di alcuni cenni di qualche suo contemporaneo.

    Tutto va ricostruito con occhio attento, senza pregiudizi e venerazioni di sorta.

    Piano piano terra terra, / sotto voce, sibilando / va scorrendo, va ronzando;

    nelle orecchie della gente / s’introduce destramente,

    e le teste ed i cervelli / fa stordire e fa gonfiar.

    Infatti, per quanto molti, pare, non lo sappiano o facciano finta di non saperlo, Pitagora non ha mai scritto niente. Non ha scritto i versi aurei, non ha scritto le tabelline e come dicevo poc’anzi non ha scritto l’omonimo teorema.

    Pitagora, uomo di cultura aurale, trasmetteva la propria conoscenza «da bocca ad orecchio», da maestro a discepolo, da padre a figlio spirituale.

    C’è di più e credimi, di questo sono sinceramente dispiaciuto, dovrò dare questa brutta notizia ai molti.

    Soffro per i più, ma una volta per tutte voglio chiarire, a tutti coloro che vorrebbero continuare a raccontare Pitagora nel suo stereotipo di matematico, chi per assoluta ignoranza, chi per personalissimo interesse o per ignoranza e spesso, quasi sempre, per accidia culturale, che qualificarlo tale è come parlare di Omero unicamente per la sua cecità e dimenticare che fu l’autore dei famosi, omonimi, antichi poemi.

    Definire e qualificare Pitagora quale “matematico” equivale a scambiare l’accidente per la sostanza.

     

    Dalla bocca fuori uscendo / lo schiamazzo va crescendo:

    prende forza a poco a poco, / scorre già di loco in loco,

    sembra il tuono, la tempesta / che nel sen della foresta,

    va fischiando, brontolando, / e ti fa d’orror gelar.

     

    Mi spiegherò meglio nel corso del tempo molto si è scritto, e molto si continua a scrivere su di lui, e quel profilo originario, storico di Pitagora, è scomparso nell’ombra, in un sistema culturale invischiato che ha determinato una insanabile crisi di identità Pitagora/Pitagorismo, Orfismo/Pitagorismo e Pitagorismo/Platonismo, si è creato una sorta di Pitagorismo eterno, in cui il nuovo volto multiforme di Pitagora ha occupato definitivamente la scena.

    Così Pitagora, da uomo complesso del suo tempo, in cui ogni sua attività è organica al suo pensiero, tanto da non potere essere distinta dallo stesso, si è tramutato, per volontà dei posteri, a filosofo, da legislatore e uomo politico al Pitagora leader religioso e taumaturgo fino a matematico e scienziato.

    Nella tarda antichità, alla fine di un lungo percorso storico-letterario, Pitagora diverrà il paradigma assoluto dell’Uomo Divino.

    Nell’immaginario collettivo contemporaneo la figura del venerato maestro sarà legata alla matematica e alle scienze, tale da aggiungere, alla già trasfigurata immagine di Pitagora, anche quella di un novello Newton greco.

    In parallelo, Pitagora sarà legato indissolubilmente alle associazioni esoteriche, che fin dai loro statuti corporativi, gli assegneranno il ruolo storico fondamentale come maestro di geometria, ad iniziare dal manoscritto Leland (XVI secolo), dove Pitagora diventerà per assonanza Peter Glower, alla prima edizione moderna delle Costituzioni (1723), dove risulterà essere discepolo di Talete di Mileto, autore della 47a proposizione del I libro di Euclide e maestro di sapienza iniziatica acquisita nei viaggi in Egitto e Babilonia, viaggi che per il babuvista Maréchal si estenderanno fino all’India.

     

    Alla fin trabocca, e scoppia, / si propaga si raddoppia / e produce un’esplosione

    come un colpo di cannone, / un tremuoto, un temporale,

    un tumulto generale / che fa l’aria rimbombar.

     

    Di contro, il Pitagora delle origini, il fantasma Pitagora, il vero Pitagora, di cui il resto sono accidenti e contorni, è un uomo assolutamente rivoluzionario, capace di squarciare il velo della morte, rendere consapevole l’individuo della propria anima, fornita di quel sentimento escatologico, in cui si intrecciano la perenne e dolorosa coscienza della propria natura di divinità decaduta e l’ansia di realizzare le proprie aspirazioni celesti.

    Pitagora, attraverso quel sapere religioso che viene denominato come trasmigrazione delle anime, dona all’uomo arcaico greco la possibilità di realizzare il desiderio agognato dall’Achille Omerico: affrancarsi dalla morte, rinascere sulla terra e, attraverso il ciclo della metempsychosis, accedere all’immortalità, divenire pari agli dei: «chi, in Grecia, dice immortale, dice dio: esse sono idee equivalenti» .

    Pitagora è, dunque, il “caronte” che, dalla cosiddetta civiltà della vergogna  (Shame Culture), in cui l’uomo omerico, Men of honour (Uomo d’onore), agisce solo in funzione delle aspettative dei suoi pari, traghetta l’occidente nella cosiddetta civiltà della colpa (Guilt Culture), in cui l’uomo della pòlis, gradualmente e irreversibilmente si svincola dai vincoli tribali, partecipa alla vita comune, avendo come paradigma esistenziale una condotta che nel lavoro, nella famiglia e nei rapporti con i propri pari deve essere retta, assumendo su di sé le responsabilità del proprio agire, divenendo Men of conscience (Uomo di coscienza).

    Questo è il vero motivo per cui gli antichi lo conosceranno quale fondatore di «[…] un dato modo di vita , [tanto che i pitagorici ancora oggi] appaiono in certo senso ben distinti tra gli altri» (Platone, Repubblica X, 600b).

    Un essere speciale, a metà strada fra il divino e l’umano: «degli esseri viventi dotati di ragione uno è dio, l’altro è l’uomo e il terzo ha natura di Pitagora» (Giamblico, Vita pitagorica,VI 31).

    E il meschino calunniato / avvilito, calpestato

    sotto il pubblico flagello / per gran sorte va a crepar.

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