Oramai preda di una continua invasione di cavallette, corrotte, voraci, senza scrupoli e senza limiti

E' la convinzione di Villirillo dell'Associazione Marco Polo nel guardare alle candidature per le prossime amministrative

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    Riceviamo e pubblichiamo:

    “Nove candidati alla carica di sindaco e venticinque liste per eleggere la nuova amministrazione comunale, che, salvo ballottaggio, dovrebbe essere eletta il prossimo 5 di giugno. Gli aspiranti consiglieri sono centinaia e centinaia, ovvero circa 800, fra cui soggetti noti, meno noti ed alcuni quasi sconosciuti. In sintesi, un arrembaggio di aspiranti politici che altro non farà, secondo il nostro giudizio, che far disperdere centinaia di voti utili. Purtroppo, manca il senso del proprio limite. Qualunque sprovveduto si sente importante anche se è un inutile riempitivo.

    Utile invece per coloro che, in malafede, ne hanno carpito la candidatura con varie promesse. Non si sente, però, parlare di progetti o di programmi per questa martoriata ma bellissima Crotone. Non molto diversa è la situazione nelle altre grandi o piccole città. Ridicolo e vergognoso. Una caricatura della democrazia. È l’ennesima conferma che il filtro della raccolta delle firme per la presentazione delle liste non funziona. Le firme, come si è visto, vengono raccolte con una certa disinvoltura ma aggiungiamo, anche, che i nostri concittadini firmano con molta superficialità, talvolta forse senza neppure ben sapere che cosa stiano facendo. Comunque, alla constatazione dei fatti, nulla è cambiato, eccetto la ”musica” ma i musicanti sono sempre gli stessi e con i padri che escono per far entrare i figli, in ossequio al nepotismo.

    L’unica novità certa è la strumentalizzazione della candidatura di una donna alla carica di sindaco. A parte il rispetto che si deve alle donne in genere, ma veramente qualcuno può credere o addirittura pretenderebbe di fare credere che, a Crotone, sia finalmente giunta la tanto attesa “Fata Morgana”, in grado di estirpare la ventennale cancrena che ha infettato, con la sua pestilenza, ossia con la degenerazione della condotta ed il venir meno delle responsabilità nell’uomo pubblico, tutti i partiti politici in maniera irreparabile. “Ma mi faccia il piacere”, avrebbe detto il famoso principe De Curtis, in arte Totò. La nostra Crotone avrebbe tanto bisogno di un ricambio totale della classe politica, con l’immissione di soggetti nuovi, portatori di idee e progetti realizzabili, a medio e lungo termine, per farla uscire dalla morsa del tunnel della morte certa.

    I presupposti ci sono tutti: presenza di beni culturali e bellezze ambientali, prodotti tipici dell’enogastronomia, clima favorevole per l’allungamento della stagione estiva, ad esempio. Ma bisogna affrontare e risolvere problematiche che si trascinano da anni: carenza di infrastrutture, inquinamento ambientale e ritardo nella bonifica dell’ex sito industriale, disoccupazione giovanile esponenziale, sistema sanitario che versa in uno stato comatoso, emarginazione degli extracomunitari. In altre realtà, la politica dell’accoglienza e dell’integrazione sociale ha fatto sì che anche l’immigrato raggiungesse traguardi importanti: il Presidente degli Stati Uniti è di origine Africana, il sindaco di New York è di origine Italiana, il sindaco di Londra è addirittura di origine musulmana. Questo dovrebbe fare riflettere seriamente coloro che, nel terzo millennio, ancora non riescono a rigettare l’idea ottusa della discriminazione razziale. Bisognerebbe prendere l’esempio dall’ebreo Alberto Eistein che, a chi gli chiedeva quale fosse la sua cittadinanza, era solito rispondere “sono cittadino del mondo”.

    Questi, negli anni quaranta del secolo scorso fece di meglio: quando entrò negli Stati Uniti, a chi gli chiedeva di che razza fosse, rispose semplicemente: “razza umana”. Oggi, più di ieri, siamo convinti che, per far risorgere Crotone, basta semplicemente un buon padre di famiglia, dotato di sani principi, animato da una ferrea volontà di perseguire, solo ed esclusivamente, il bene comune. Purtroppo, i problemi politici interni sono determinati quasi totalmente da fattori esterni. Partiamo da questa considerazione: la democrazia non funziona più perché la società è stata distrutta proprio dai diktat economici internazionali. La costruzione della cittadinanza democratica non funziona se non si fornisce ai cittadini quella stabilità esistenziale che il rapporto tra economia e politica oggi non è capace di offrire. Sul tema della sicurezza, invece, si lascia enorme spazio alle destre populiste che ne ricavano le loro fortune elettorali. Invece, la sicurezza si situa al cuore della moderna forma-Stato: è un diritto, non un privilegio, il frutto della giustizia e dell’inclusione. E, quindi, se ne deve fare carico anche la sinistra che deve trovare la forza di ricostruire le forme della politica attraverso il confronto, la partecipazione, l’organizzazione, ossia attraverso i partiti, il sindacato, il mondo del non profit e lo Stato, evitando di cadere nelle trappole del postmodernismo a tutti i costi.

    Quando proclamiamo che la società è liquida, che tutto è indistinto ed occasionale, vince il neoliberismo. Per questo, la sinistra deve trovare energie intellettuali per costruire idee e forme di potere che siano in grado di contrastare il potere economico. È triste essere testimoni di un Paese che accetta di non votare: l’ultimo referendum sulle trivelle è stato, purtroppo, un esempio lampante. Per chi cerca con perseveranza di cambiarlo, è come remare contro corrente. 

    Non discutiamo, oggi ed in questo breve commento, del merito del voto espresso. Aver votato SI’ oppure NO non è il punto cruciale del nostro ragionamento. Il problema è l’astensione, il non voto. Questa stupida idea che non andare a votare sia una sorta di diritto ed abbia un suo senso politico e democratico, nel caso del suddetto referendum alimentata addirittura da esponenti del Governo, non dovrebbe mai più prevalere! Dobbiamo, ancora una volta, prendere atto del graduale scivolamento degli Italiani verso l’indifferenza volontaria e menefreghista, da una parte, ed indotta da un certa classe politica, dall’altra. Era importante recarsi alle urne e compiere un dovere che anima il diritto di essere liberi e partecipare alle scelte di vita del Paese. I doveri animano i diritti. I diritti acquisiti da lotte e da tanto sangue non sono necessariamente dovuti. E non sono per sempre, a meno che non vengano coltivati quotidianamente dall’azione e dalla partecipazione dei cittadini alla vita democratica del Paese. Il non andare a votare pone un problema politico che va affrontato poiché rischiamo che tante belle idee come libertà, partecipazione e giustizia sociale rimangano ad ingiallire nel passato dei nostri avi. Non essendo andati a votare, si è dato un altro duro colpo alla democrazia partecipata, all’esserci in quanto cittadini. Con l’astensione gli Italiani hanno contribuito, ancora una volta, allo svuotamento democratico della Repubblica e delle sue funzioni, consolidando l’arroganza dei pochi. Di questo passo andrà sempre peggio. Quindi, dobbiamo abituarci all’arroganza dei pochi. Pertanto, c’è la necessità di dare vita ad un nuovo progetto che, a partire dalla centralità e dalla vitalità del pensiero socialista e liberale, abbracci le diverse tendenze che, nella crisi italiana, ricercano un approdo diverso dalle soluzioni demagoghe che vengono offerte da poteri politici stanchi e vistosamente in crisi dopo vent’anni inconcludenti. Per concludere, intendiamo ricordare che, nel Paese, esiste un diabolico piano, ossia ridurre l’Italia, quel che resta di se stessa, a vacca da mungere, e gli Italiani a passivi consumatori di merci e valori altrui. Un grave limite della nostra classe dirigente è non aver visto che la democrazia non è un orpello o peggio un ostacolo ma anzi la sostanza stessa dello sviluppo di un Paese, l’arena in cui si confrontano e si creano le soluzioni migliori. Senza democrazia non c’è sviluppo.

    Non c’è neanche indipendenza. Ed è precisamente questo l’obiettivo finale. Persino la scuola pubblica è sotto attacco, nonostante il suo limitato potere di costruzione di spirito critico libero. Perché la democrazia senza formazione al libero pensiero è un 4 guscio vuoto. Ridurla a democrazia televisiva è stato il primo passo. Il passo successivo sarà rendere i cittadini da protagonisti costituzionali a spettatori passivi. Ma se essi sono spettatori, a cosa servono le istituzioni e le stesse elezioni? A nulla. Simulacri da abbattere e sostituire con un leaderismo televisivo, dietro cui sopravvivono le cerchie partitocratiche e clientelari di sempre.

    E, se vengono meno democrazia, istituzioni, ruoli, elezioni, la stessa indipendenza nazionale, cosa resta? Il solito “magna magna”. Ora illimitato, senza freni, senza limiti. La volgarità fatta sistema. La triste realtà è che ormai non c’è né centrodestra né centrosinistra ma solo “centrotavola”. In Calabria, ci si era illusi che stesse nascendo, intorno al governatore Oliverio, una sorta di alternativa più solida e capace di fare crescere la stessa istituzione regionale ed il territorio ma, alla luce dei fatti, ancora tarda a decollare. Quindi, sventrata la democrazia, svuotato il sistema industriale, svenduta la sovranità, il Paese è senza prospettive, preda di una continua invasione di cavallette, corrotte, voraci, senza scrupoli e senza limiti, che mangiano e sanno solo mangiare fino alla carne viva della nazione, alla sua stessa identità, alla sua stessa capacità di avere un futuro. Fatta a pezzi la classe dirigente, è rimasta la classe digerente.”

    Il Presidente Rosario Villirillo

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