A Crotone non capita nessuno fortuitamente!

Lo Stato delle infrastrutture a Crotone raccontato da Giuseppe Facino, giovane professionista con un evidente talento per la scrittura, accompagnato dalle “visioni” di Roberto Carta.

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    Ci siamo imbattuti in questo scritto grazie a “Il Crotonese” che lo ha pubblicato qualche tempo fa: abbiamo contattato il giovane dottor Facino proponendogli di poterlo pubblicare con l’ausilio di foto di Roberto Carta, altro talento, meno giovane ma certamente più visionario, e siamo veramente orgogliosi di ciò che ne è uscito. Buona lettura e “visione” e grazie di cuore ad entrambi:

    E’ una baita manovrata dal vento, come se ne rivelano altre in questa striscia d’Italia. Ogni tanto un gabbiano conclude il volo sulla sabbia, tra una bottiglia vuota e una carta sporca. Il silenzio è interrotto da un clacson che suona all’impazzata o dai bambini in corsa verso un pallone giunto oltre il muro che separa la spiaggia dalla strada. Non c’è spazio per eventi straordinari, non si fanno mica miracoli qui.

    Qui un tempo spuntavano fabbriche tra i pruneti. Stalingrado, la chiamavano, senza i russi coi cannoni, senza soldati con le medaglie al valore sul petto. C’era ricchezza, c’erano i denari. C’era la voglia di emergere, di marcare le distanze dalla punta dello Stivale, affannata dalle espugnazioni delle ‘ndrine, tra limoni e bergamotti a cascata dal cielo sulla terra per profumare tutto il fetore del malaffare giurato e poi negato. Che lo Stato, in fondo, a parte qualche parata e un paio di bandiere spiegazzate dal vento, di affondare il gambale qui non ha mai reclamato aspirazione alcuna.

    A Crotone non capita nessuno fortuitamente. E’ l’esodo dei nostri giorni, giorni lunghi anni, anni in sommatoria e poi i decenni. Il tempo. Il tempo è in sottrazione al futuro, coperto dai tarocchi e dalle linee della mano sempre più corte. Si sta d’agosto come ambulanti proibiti: qualche via si ripopola col flusso di ritorno, transitorio fino all’estremità delle ferie. Poi telefona Milano, Roma, Bologna. Poi chiama l’Italia effettiva e le valigie si riempiono di belle speranze, smanie e, non di rado, qualche dolore. Perché a Crotone non si può restare, nonostante i Piani per il Sud, i fondi perduti e l’Europa al banchetto per saziare i potentati famelici.

    Il dolore è la linea continua che incolla il nord al sud della città, l’est all’ovest. E sono gli unici punti cardinali a ricongiungersi. L’esterno è chiuso, la porta è serrata, gli arrivi faticano. La stazione ferroviaria resta sbarrata nelle ore notturne: i treni non transitano, il personale è già stato mosso per l’Italia come pedine del Monopoli. Le liquidazioni facili di Trenitalia hanno falciato la mappa geografica. Quando c’è da economizzare, si sa, meglio legnare prima i pezzenti senz’arte né parte. Così del treno a lunga percorrenza che connetteva Hera Lacinia a Porta Garibaldi in Milano, nell’inverno del 2011 si decide di fare scorreria. Col preavviso che si dà ai terminali, Trenitalia raccoglie carte bollate e contratti e dà a tutti l’arrivederci. Adesso, da queste parti si affacciano soltanto treni a vapore che giungono a Catanzaro in tre ore, lo stesso tempo di percorrenza che si impiega da Milano a Roma con l’alta velocità. E la stazione di Crotone è una villa degli spettri: un ammucchiamento brutale di razze e colori che pisciano sulle rotaie per oliare i ferri.

    Approdare sin qui, fuggire da qui. Sì, ma come? Se le strade sono sepolcreti, necropoli all’aria aperta. Fabio Capalbo, 28 anni da Calopezzati; Simona Malena, 45 anni da Crotone; Deborah Ranieri, 21 anni da Stilo. Non è il casting per L’Isola dei Famosi. Perché questi morti, famosi non diventeranno mai. Il destino per certe carni è ingrossare il pallottoliere della disgrazia. Dal 1996 a oggi, la Strada Statale 106 ha sradicato più di 500 frutti della Calabria e, in gran parte, del crotonese. Madri vanno e madri vengono, toccano il guardrail dov’è mancato il figlio, piangono, porgono una rosa, anatematizzano il catrame. Non c’è giudice che ascolti né politico che s’interroghi se poi è giusto morire così, in movimento. Lo Stato osserva e prioritizza i morti. Diciotto chilometri di strada, tra Sibari e Roseto Capo Spulico, vanno ammodernati. Sul resto del percorso basta viaggiare con un rosario in mano e la corazza addosso.

    La consolazione è appesa al cielo. Mica tanto. E’ quasi sempre azzurro, con tagli in diagonale. Irregolare. Come irregolari sono gli aeroplani che squarciano le nuvole, previa proroga del tribunale. Un incavo di aeroporto c’è, meno sgargiante del prossimo centro di accoglienza per richiedenti asilo. Meno abbiente, che se solo i manager-prelati della Misericordia avessero passione per i velivoli, oggi il Sant’Anna sarebbe Linate e i metal-detector non sfilerebbero le croci dal collo. Questione di fede. Di fede nel business, magari. Gli azzurri d’Irlanda ci hanno creduto, ci hanno provato. Voli da e per Crotone, collegamenti affidabili con Roma, Pisa e Milano. Tutto a prezzi stracciati. Tutto molto bello. Lo scalo aeroportuale Sant’Anna registra quasi 300 mila passeggeri nel 2015, con una crescita incredibile del 44% rispetto all’anno prima, piazzandosi al ventinovesimo posto tra gli scali italiani, tra i pochi a chiudere l’anno con un trend positivo. Interviene la politica, col Ministro Del Rio, lo stesso che da sindaco di Reggio Emilia non disdegnava la compagnia una-tantum di certi cutresi. Secondo l’Onorevole Mauro Pili, il governo “allestisce un sistema mafioso per favorire Alitalia”, aumentando le tasse aeroportuali e spingendo Ryanair a tagliare dalle rotte celesti Crotone (Pescara e Alghero). In realtà, in agosto Del Rio ci ripensa pure, invitando le parti in causa a un tavolo tecnico per cercare una soluzione che accontenti tutti. Al tavolo, però, non si presenta nessun trasfertista dalla Regione Calabria. La tattica appare chiara: insabbiare Crotone definitivamente per favorire la nascita dello scalo di Sibari, tanto caro al Presidente Oliverio. Caro e necessario, perché chi non vorrebbe quattro aeroporti in una regione con due milioni di residenti e turismo pressoché nullo? Paga Crotone, staccata da un’Italia sparita del tutto.

    E modi per muoversi non ve ne stanno più, attendendo il teletrasporto e lo spostamento rapido dei corpi nello spazio. E i diritti vengono rapinati a mano armata. Giovani partono e non tornano, se non ingegnando itinerari irragionevoli in prossimità delle feste comandate. Non godono le prime rughe della madre e del padre e sarebbero diritti, come diritto della madre e del padre è stato contare i primi passi del fu infante. Non godono delle amicizie e dei vecchi amori, dei soliti posti e di quei ritrovi singolari in cui battono i selvaggi della strada. Si perdono giorni, ma li rivendicano da lontano sul calendario.

    Crotone è l’isola che non c’è o, forse, quella che non dovrebbe esserci. Irraggiungibile, trapassata, sparita. Fino al risveglio, che sia domani o fra cent’anni. Credo quia absurdum.”

    Giuseppe Facino

     

    foto di Roberto Carta

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