Jalò: un’onda di scrittori contemporanei travolge e coinvolge i crotonesi

La rassegna letteraria, spin-off del Festival dell'Aurora, propaga in città il profumo della cultura

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    Che senso ha produrre romanzi dinanzi a una realtà disarmante, verrebbe da chiedersi pensando ai conflitti politici e sociali in corso. Ma tra quesiti e incertezze un dato è certo: la scrittura è una palestra in cui allenare la vita e imparare a scappare dalla parte giusta, condividendo la via di fuga coi propri lettori. Convinta di questa teoria, venerdì 23 e sabato 24 settembre, nell’ambito del Festival dell’Aurora, l’ “armata” Jalò è giunta a Crotone.

    Jalò, mare in greco. Quel mare dell’antica capitale della Magna Grecia in cui sono naufragati storia, sogni, beltà. Nel quale, purtroppo, sono scivolate via troppe vite umane. Così, sette giovani scrittori con ben note doti letterarie, condotti dal capitano Francesco Maino coadiuvato dall’editor di Einaudi, Angela Rastelli, hanno issato dai fondali del Mar Jonio  il prezioso baule in cui è racchiusa la storica eredità culturale.

    Il sipario della rassegna letteraria, spin-off del festival che sta promuovendo arte e cultura in città, è stato aperto nel Museo Civico dagli scrittori più giovani: Pier Franco Bradimarte con L’Amalassunta, vincitore del Premio Calvino 2014, Raffaele Riba con il suo Un giorno per disfare, ed Emmanuela Carbé con il Mio salmone domestico.

    La meraviglia travestita da luna, un enorme Pluto di peluche che si sfila la testa pelosa e si dà fuoco, un grillo parlante travestito da salmone: tre storie differenti contraddistinte dalla stessa creatività che, come affermato da Brandimarte, provoca “un corto circuito che permette di afferrare attraverso parole e pensieri un mondo di aria che fugge”. Non poteva che trovarsi d’accordo Emmanuela Carbè, vincitrice del Premio Campiello giovani 2002, avvicinatasi alla lettura di nascosto, mentre la madre ogni sera le spegneva la luce per favorire il sonno. E invece in lei scaturiva la passione per quel lavoro di alto artigianato. “Redigendo un buon plot si stende la tela su cui dipingere intrecciando nel miglior modo possibile il coraggio di raccontare una storia con il proprio punto di vista” ha spiegato Raffaele Riba, tra l’altro redattore presso la Scuola Holden, per poi soffermarsi con gli altri, guidati da Maino, direttore artistico di Jalò nonché vincitore del Premio Calvino 2013 con Cartongesso, sull’importanza del linguaggio che crea intimità, favorendo l’identificazione con le proprie origini.

    Proprio attraverso il potere della letteratura, con lo sguardo volto verso quelle acque cristalline bramose di risplendere, tra le mura imponenti della fortezza aragonese di Carlo V, il pubblico crotonese si è potuto così ricongiungere con le proprie origini e comprovare il valore catartico del sapere.  Per poi essere piacevolmente bombardato, nella seconda giornata di Jalò – Lettere nel mare del contemporaneo,  dalle opere  di quattro scrittori della casa editrice Einaudi.

    La lotta interiore dei Renzo e Lucia degli anni di piombo, protagonisti di Gli anni al contrario di Nadia Terranova, sui quali ricade l’urto degli eventi storici, si è incontrata con l’esistenza tormentata di un ergastolano, protagonista di Cattivi di Maurizio Torchio, che dal pozzo buio di una cella d’isolamento racconta la non vita del carcere costituita da spazi senza tempo, ove mutano i ricordi, il rapporto con il passato e il futuro.

    “In mezzo al vuoto più matto si attua la ricerca del tempo perduto” ha raccontato Torchio sottolineando quanto il carcere “non restituisce al mondo”.  E invece, dall’altra parte, uno dei protagonisti del romanzo della Terranova si sente quasi in colpa per non essere riuscito a farsi rinchiudere in quel carcere che “dà il patentino di rivoluzionario”.

    Un confronto letterario, dunque, scandito dal metronomo dell’anima con tempi e spazi che si dilatano e restringono improvvisamente: la piccola realtà di provincia in cui rimbomba l’eco della storia si è alternata alla cella isolata in cui scorre inesorabilmente il tempo. Un dentro annichilente e un fuori insoddisfacente: due  romanzi che si sviluppano in contesti diversi ma provocano la stessa irreparabile infelicità.

    Quello stesso sentimento che caratterizza Le aggravanti sentimentali di Antonio Pascale, protagonista del secondo match di boxe letteraria all’interno del Castello Carlo V.  L’autore si è soffermato sul tempo e sul caos che nella rispettiva complessità intrecciano e raccolgono sentimenti e nevrosi travolgendo i suoi personaggi. Dall’altra parte del ring Ester Viola con il suo L’amore è eterno finché non risponde che, seppur narrando di una donna tradita, ha mostrato l’altra faccia della medaglia: la felicità per un gesto che quotidianamente permette alla protagonista del suo romanzo di non angosciarsi per la fine di un amore ai tempi dei social.

    Entrambi attuano un’analisi dell’evoluzione umana con la scientificità di un avvocato divorzista che assiste a separazioni a colpi di like e whatsapp, e uno scienziato delle emozioni che ara il campo dell’evoluzione umana.

    Pascale e Viola hanno abbattuto così, con un’introspezione ironica, un’idea troppo mitizzata dell’amore e della felicità. “Viviamo troppo protesi verso l’apice e non riusciamo mai a sentirci contenti” ha concluso Ester Viola. Comprovando, con tutta l’armata letteraria di Jalò, come due giornate in compagnia di scrittori possano appagare l’animo e la mente. O quantomeno come l’onda spumosa della cultura contemporanea che si è infranta sull’antica Kroton possa inebriarci col profumo della saggezza.

    Gabriella Cantafio

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