Protestantesimo e capitalismo

"Il protestantesimo era l’ideale per il capitalismo del XVI secolo"

Più informazioni su

Riceviamo e Pubblichiamo:

Gli squilibri sociali e l’attuale aumento delle disuguaglianze nel mondo ha radici lontane nel capitalismo. Questo rappresenta anche l’eredità politica e sociale del lungo e travagliato cammino della Riforma protestante. Soprattutto il capitalismo contemporaneo. E’ fortemente influenzato dal protestantesimo americano, in tutte le sue molteplici varianti. Compresi i numerosi movimenti e le sette, non direttamente ispirati dalla rigorosa e sobria Riforma di Lutero. Nella cultura americana è del tutto normale bussare alle porte altrui per proporre una fede con analoghe modalità di “vendita” con cui si può offrire aspirapolvere e pentole.  Il protestantesimo era l’ideale per il capitalismo del XVI secolo. Ha tolto all’uomo il senso “oggettivo” del peccato, e ha fatto della divinità assoluta del mondo cattolico (con i suoi dogmi, tradizioni, concili, gerarchie, papato) una proiezione soggettiva del singolo credente: l’individuo ha un rapporto diretto con la divinità senza la mediazione del prete.

All’inizio il protestantesimo ha potuto affermare a buon diritto il valore della coscienza soggettiva del peccato di fronte al formalismo di una religione, quella cattolica che presumeva di togliere ogni peccato attraverso l’espiazione della colpa con la pena o la penitenza o addirittura con la compravendita delle indulgenze. Ma subito dopo la Riforma sembra cadere nell’arbitrio, poiché nega valore normativo a qualunque mediazione umana, ha fatto del singolo credente il giudice di se stesso. Con la conseguenza drammatica che per impedire proteste e rivoluzioni sociali si è stati costretti ad usare fortissime repressioni. La fede di questo credente dovrebbe – in teoria – essere “angosciata” fino al giorno della sua morte, perché egli non sa con certezza se verrà salvato. Servono poco le azioni e la fede perché senza la grazia divina la fede è impotente. L’uomo è dunque predestinato in realtà alla salvezza o alla condanna. Se non ha fede di sicuro è condannato se ce l’ha può solo sperare di essere salvato.

Il protestantesimo ha prima ha privatizzato la fede, abolendo il valore giustificativo delle opere perché si possono compiere buone opere con la coscienza cattiva solo per dimostrare agli altri la propria bontà; poi ha permesso l’agire individuale più antireligioso perché nessuno può sindacare le intenzioni della coscienza. La religione non è più un ostacolo alla prassi borghese di vita. In questo senso il protestantesimo soprattutto americano, rappresenta un progresso verso la laicizzazione dei costumi, ma solo in questo senso poiché nella scelta dell’individualismo esso non può superare i limiti della religione. Il sistema borghese si è affermato socialmente grazie al protestantesimo. Marx nel Capitale dice che il protestantesimo è stata la religione che meglio si è adeguata all’agire borghese. Nelle società (borghesi) protestanti, la coscienza laica (quella che separa le opere dalla fede) ha permesso di affidare allo Stato poteri incomparabilmente maggiori rispetto a quelli della Chiesa. In Italia il protestantesimo non si è sviluppato come in Germania, Inghilterra, Svizzera, Paesi Scandinavi, Stati Uniti… perché la borghesia nel XVI secolo, divisa in tanti principati e signorie cercò un compromesso con la chiesa cattolica. Da noi la borghesia era ricca. Divisa e sostanzialmente agnostica. I suoi interessi erano meno radicali che del resto d’Europa. Ecco perché la nostra borghesia è stata protestante nella prassi e cattolica nell’ideologia, seppur senza convinzione. Per questo motivo allo Stato borghese si è sempre contrapposta in Italia la chiesa cattolica.

Rolando Belvedere
Presidente sezione calabrese Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno

Più informazioni su