Presentazione del libro di Danilo Chirico “Storia dell’Antindrangheta”

Appuntamento al Museo di Pitagora, Crotone Lunedì 30 agosto alle ore 19,00.

Questa sera alle ore 19,00 presso il Museo di Pitagora, verrà presentato il libro “Storia dell’Antindrangheta” (Rubbettino editore) di Danilo Chirico . L’autore dialogherà con il giornalista di Libera contro le mafie, Bruno Palermo.
“Chirico è un giornalista si può dire ormai di lungo corso, che però mantiene la faccia e l’entusiasmo dell’adolescente. è uno dei maggiori studiosi del fenomeno mafioso, soprattutto è esperto dell’altra faccia della mafia, quella più importante: la lotta alla mafia. Uno che studia i fenomeni e tutto quello che c’è intorno, di sociale potremmo dire. La storia dell’antindrangheta, c è un libro serio: colma un vuoto; dà concretezza e visibilità a qualcosa che molti credono non esista in Calabria. Perché nell’irredimibile territorio calabrese c’è la mafia, ma non si riconosce l’esistenza dell’antimafia; .  la Calabria antindrangheta che invece esiste e resiste. E’ fatta di uomini e donne, di movimenti e associazioni, di uomini della Chiesa e di antindrangheta sociale che opera nel concreto.
La storia del movimento antindrangheta nel libro di Chirico comincia con le dure battaglie per il lavoro, a volte macchiate del sangue di innocenti: ribellioni contadine, lotte per un giusto salario, denunce dei capibastone da parte di singoli, di movimenti e di forze politiche; prima che tutto si annacquasse in Calabria, formando quella melassa tossica che non consente più di distinguere tra una forza politica e l’altra. Nella storia raccontata da Danilo Chirico c’è Libera, con don Ciotti, ci sono gli studenti che manifestano a Rosarno, i sindaci in prima linea, il movimento “adesso ammazzateci tutti”, nato dopo l’assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno, c’è “Reggio non tace”, ci sono preti come don Pino De Masi, magistrati che non fanno solo processi e inchieste ma salvano bambini dalle famiglie mafiose. Ci sono gli assassinii del mugnaio Rocco Gatto, di Valarioti, di Lo Sardo; prima ancora c’è nell’immediato dopo guerra la brutale uccisione di Giuditta Levato, una martire che voleva solo lavorare nei campi, com’era suo diritto. Il libro si chiude con gli “appunti per un’antimafia popolare”: che significa partire da una buona sanità, dall’educazione, cioè la scuola; dall’immaginazione che significa spazio alla cultura. Ma per cambiare tutto ci vorrebbe lo Stato, e lo Stato non c’è, o almeno c’è quello che ha delegato tutto a magistrati, forze dell’ordine e commissari, questi ultimi deleteri, dannosi, pericolosi, quanto e come la pandemia.”(da un articolo di D. Nunnari).