Processi nuovi nascono da sogni

Lo scorso 5-6 febbraio, nel salone “Sant’Agostino” della parrocchia “S. Rita” in Crotone, si è svolto il secondo incontro di formazione, organizzato dalla Pastorale Giovanile Diocesano e dal Centro Diocesano Vocazioni

Lo scorso 5-6 febbraio, nel salone “Sant’Agostino” della parrocchia “S. Rita” in Crotone, si è svolto il secondo incontro di formazione, organizzato dalla Pastorale Giovanile Diocesano e dal Centro Diocesano Vocazioni, e curato da Fabrizio Carletti membro del centro studi Emmaus. Anche noi come gruppo Propedeutico Regionale Calabro abbiamo partecipato a questi incontri di formazione di cui il primo, sabato pomeriggio, rivolto ai giovani animatori, mentre il secondo, la domenica, ai responsabili dei gruppi giovanili e alle catechiste e ai catechisti dell’anno della cresima.

 Sebbene all’inizio spaesati, il caloroso benvenuto che abbiamo ricevuto ci ha fatto sentire pienamente accolti e ben innestati in un’eccellente esperienza sia dal punto di vista umano-relazionale e sia formativo-educativo. Abbiamo conosciuto, evangelicamente parlando, le “Pietre vive” della diocesi crotonese: ragazzi ed adulti pienamente, gratuitamente e liberamente impegnati, ciascuno nelle proprie parrocchie, per comunicare il messaggio evangelico. Gli incontri si sono focalizzati su alcuni aspetti principali tra i quali: diversità di linguaggi, forme di catechesi desuete e nuove, compito e ruolo del catechista oggi, realtà odierne, cambiamenti in atto e discernimento nelle dinamiche parrocchiali. La domanda di fondo che ha animato i due incontri e che ha definito il focus della formazione è stata: “Cos’è opportuno oggi?“. Tale quesito ha contribuito ad una riflessione personale che poi è stata condivisa comunitariamente. Fabrizio, a tal proposito, ha voluto specificare che “I processi nascono da un sogno non da un bisogno”. Dunque la domanda, sebbene volutamente provocatoria, ha dato vita a dei dibattiti costruttivi, ricchi di esperienze e profondamente concreti. Da questo è sorta un’altra domanda: “Nella trasmissione della fede, bisogna educare o iniziare?” Sebbene ad un’analisi superficiale sembra che educazione e iniziazione siano la stessa cosa, andando in profondità ci si accorge dell’esatto contrario. “Educare” infatti vuol dire “portare fuori” per iniziare e promuovere la relazione con il mondo, e di conseguenza, con la realtà, mentre iniziare significa portare dentro il mistero di Cristo. Per poter compiere l’iniziazione cristiana al giorno d’oggi si rende necessario passare da un “Modello sistematico” di insegnamento a un “Modello kerigmatico”. Qual è la differenza fra i due? Il primo, per l’appunto, si pone come strumento per una conoscenza sistematica, a tappe, a volte fine a se stessa. Il secondo invece propone un annuncio nuovo, narrativo, conoscitivo-esperienziale, che continua durante tutto il percorso di vita. A tal proposito la catechesi passerebbe da un atto di pura competenza, ad uno di espressione naturale del proprio battesimo. È stato però sottolineato, che per battezzato non si possa minimamente intendere qualsiasi persona che abbia “semplicemente” ricevuto il Sacramento, ma è auspicabile, anzi doveroso, che siano figure impegnate e assidue alla vita sacramentale; insomma credenti attivi nella vita di fede, capaci di formare relazioni umane salde, e pronte a mettersi in gioco seriamente sia umanamente che spiritualmente.
Arrivati a questo punto, è lecito chiedersi: “Cosa è veramente opportuno oggi? “. Sicuramente ritornare a forme più semplici di catechesi utilizzando un “Modello kerigmatico” che sappia narrare una vita vissuta nella fede più che esprimere concetti o contenuti. Fabrizio, infatti, ha evidenziato come i cambiamenti siano di fatto normali; la Chiesa deve trovare strade nuove da percorrere per una nuova evangelizzazione e iniziazione cristiana. Ovviamente la paura del cambiamento e di sbagliare è sempre dietro l’angolo ma non bisogna lasciarsi intimorire. Piuttosto essere dinamici, aperti ai cambiamenti che di fatto stanno avvenendo evitando di lasciarsi rallentare il cuore da agende, strutture, calendari, aspettative. Certamente bisogna partire dal poco, proponendo qualche iniziativa semplicemente ad experimentum per poi eventualmente confermarla o cambiarla. Secondo Fabrizio, ad esempio, sarebbe auspicabile che nella Chiesa esistessero dei veri e propri “riti di passaggio” attraverso i quali il giovane possa fare un’esperienza simbolica di prova, che andrebbe a delineare i nuovi confini relativi alla propria età e maturità personale: per esempio, si potrebbero creare dei piccoli gruppi di cinque – sei ragazzi che meditino direttamente e personalmente la parola di Dio in un luogo anche completamente estraneo gli ambienti parrocchiali. Ciò favorirebbe una presa di coscienza, anche nei più giovani, di come la Parola di Dio tocchi in prima persona la loro vita e le loro esperienze personali.
L’incontro si è poi arricchito con la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Angelo Panzetta, vescovo di Crotone, il quale ha ricordato che è importante essere grati a Dio per il grande dono dei giovani, degli educatori e dei catechisti. Dal momento che il 6 febbraio la Chiesa celebra la giornata della vita, il vescovo ha ribadito più volte che bisogna essere custodi della vita altrui, ognuno in base al proprio status (l’educatore del giovane, il genitore del figlio e il figlio del genitore). L’incontro si è poi concluso nel pomeriggio con una riflessione prima personale, poi condivisa in gruppi da cinque persone e infine riportata a tutti dal relatore di ogni gruppo.  La riflessione verteva sui “Germogli” e sulle “Rotture” presenti nella nostra esperienza parrocchiale. È emerso che molto spesso le nostre parrocchie sono eccessivamente frammentate con il rischio effettivo che persone di diversi gruppi, all’interno della stessa Parrocchia, non si conoscano quasi per niente. Inoltre sebbene da una parte ci possa essere l’entusiasmo giusto, dall’altra il non vedere i frutti del nostro operare porta inevitabilmente con sé un senso di inadeguatezza e di fallimento. Tuttavia la speranza che vivifica l’animo cristiano, la ricerca di relazioni vere, il ritrovarsi insieme alla presenza di Dio, il sapere di essere o poter diventare un punto di riferimento per gli altri, attraverso una più stretta e sincera conoscenza personale, ci sprona a non abbandonare la strada già iniziata semmai correggendone il tiro dove possibile.