Addio a Marcello Marotta: il testamento lasciato agli amici di sempre

Alla sua famiglia, ai figli ed ai nipoti soprattutto, rimanga il segno del vuoto che sta lasciando ai suoi amici più cari


Chi ha avuto la possibilità di conoscere Marcello Marotta, geologo ed insegnante di Matematica, ha immediatamente capito di trovarsi di fronte alla genuinità. Rifiutava compromessi soprattutto nei rapporti umani, nella costante ricerca di risposte collettive: era più forte di lui e di questa maledetta ed intricata società di oggi. Stava male da troppo tempo, è andato via “intossicato da sogni vani di democrazia”. Alla sua famiglia, ai figli ed ai nipoti soprattutto, rimanga il segno del vuoto che sta lasciando ai suoi amici più cari che vogliono ricordarlo con uno dei pezzi più ispirati di Francesco Guccini, quel Testamento di un pagliaccio che Vostro padre e Vostro zio ha mostrato loro con l’esempio di una vita sempre attiva nel rifiuto del compromesso alla bugia!

 

Il Testamento di Un pagliaccio di Francesco Guccini

Cari amici ascoltatelo un momento

sta per morire e cosi’ l’ha finita

la pagliacciata che chiamava vita:

sta per morire, e ha fatto testamento.

 

Cristalli di pensiero, ali di vento

ululeranno cupi questa sera

salmodieranno monaci in preghiera

perche’ si in pace lui muore contento.

 

Di cosa muore? muore intossicato

da sogni vani di democrazia,

rifiuta i compromessi alla bugia.

Muor contento? no, da disperato.

Ma cosa importa, è giunto fino in fondo

alla sua saga triste e divertente

a una vita ridicola e insipiente;

lui muore, infine, e noi restiamo al mondo.

 

Vi vuole tutti, amici, al funerale

con gli abiti migliori come a festa;

sarà civile, ma ci vuole in testa

sei politici servi e un cardinale.

Vaniloqui ed incenso siano attorno

promesse non risolte, altri rumori,

non risparmiate amici peccatori

qualche laica bestemmia per contorno.

Poi ci vorrebbe qua, mi consenta,

uno stilista mago del sublime,

un vip con la troietta di regime,

e chi si svende per denari trenta;

un onesto mafioso riciclato,

un duro, puro e cuore di nostalgico,

travestito da quasi democratico

e che si sente padrone dello Stato.

 

E per chiusura del mesto corteo

noi tutti fingeremo un’orazione

ricordando quel povero coglione

cantando in gregoriano “marameo”.

 

Poi morto, sia sepolto, e con le mani

si sparga attentamente sul defunto

quello che l’ha ridotto, qua a questo punto

le utopie, i sogni, i desideri vani.

Risate di disprezzo, tutti i pianti,

momenti di dolore, gioia, d’ira,

accatastati, sia fatta una pira

e si appiccichi il fuoco a tutti quanti.

 

Chiudete allora i cancelli e le porte

che sgorgano un fumo tossico e letale,

che ad ogni ingenuo, come lui, fa male;

come per lui, puo’ condurre alla morte.

A noi non restera’ che andare via,

e sciogliendoci da quel mortale abbraccio

ricorderemo forse quel pagliaccio

e la sua lotta ingenua e cosi’ sia.