Presidio cittadino per la pace e contro la guerra in Ucraina

Il Servizio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro, ha aderito alla manifestazione cittadina di Martedì 1 Marzo

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Il Servizio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro, ha aderito alla manifestazione cittadina di Martedì 1 Marzo in difesa della pace e contro la Guerra in Ucraina ed invita tutte le realtà ecclesiali dell’Arcidiocesi a prendervi parte condividendo lo spirito del documento sottoscritto da tutti gli organizzatori. L’azione militare iniziata la notte scorsa dalla Russia in Ucraina riporta in Europa lo spettro della guerra ed annichilisce i valori di pace e libertà sui quali è stata costruita l’Unione Europea. La follia della guerra, che avrà un impatto devastante per le popolazioni civili inermi, rappresenta il fallimento tanto della diplomazia internazionale quanto delle Istituzione europee che hanno preferito cadere nella trappola degli interessi bellici ed economici degli Stati parte della NATO piuttosto che impegnarsi per perseguire l’obiettivo di difendere i diritti fondamentali delle persone.
La condanna per quello che può trasformarsi nel più devastante conflitto degli ultimi 70 anni deve essere pronunciata nei confronti di tutti gli attori in campo, perché è il frutto della militarizzazione dell’Ucraina ad opera di numerosi Paesi Nato, oltre che della scellerata tattica politica russa, incurante dei diritti dei popoli e degli individui, che da vent’anni gioca un ruolo macabro nella travagliata storia del popolo ucraino.
Chi soffia venti di guerra non è più o meno colpevole di chi ha ignorato ed ignora il proprio popolo ed i suoi bisogni o di chi ha svuotato di significato le organizzazioni internazionali – prima tra tutte l’ONU – nate per garantire la pace e la civile convivenza tra i popoli, sotto l’egida del diritto internazionale. Nel contesto della situazione in Ucraina, che è un ginepraio di conflitti civili, la scelta della comunità internazionale di abdicare alle norme ed alla democrazia per esercitare il diritto della forza ci mette davanti al rischio di scatenare un conflitto nucleare che potrebbe assumere proporzioni mondiali e cancellare intere generazioni.
Se gli Stati paventano il richiamo ad un diritto di intervento Nato fondato sull’art. 5 del Trattato del Nord Atlantico – che prevede che un attacco armato contro uno Stato membro sia considerato quale attacco diretto contro tutte le parti, impegnando ognuna ad assistere la parte o le parti attaccate, facendo ricorso, se necessario, all’impiego della forza armata – la società civile ha il dovere di pretendere il rispetto degli obblighi internazionali discendenti dalla Carta delle Nazioni Unite – che impone all’art. 2 la tutela dell’integrità degli stati quanto il divieto di ricorrere alla forza o alla minaccia – e dagli Accordi di Minsk II del 2015, in un processo diplomatico che rimetta al centro delle relazioni internazionali l’ONU ed il diritto e non più la NATO e la violenza.  Nell’incoscienza degli Stati che sacrificano vite umane sull’altare del potere politico ed economico tutti gli individui hanno il dovere di esercitare il proprio ruolo di parte della comunità internazionale per pretendere

  1. la cessazione del conflitto e da ambo le parti,
  2. la smilitarizzazione dell’area,
  3. il rispetto delle norme internazionali a tutela della pace e della vita umana,
  4. il ripudio della guerra e l’uso della forza nella risoluzione delle controversie internazionali,
  5. corridoi umanitari immediati per i civili in pericolo.

La costruzione della pace non può prescindere dal disarmo e dal rispetto delle norme internazionali, restituendo un ruolo centrale all’ONU ed alle istituzioni internazionali la cui opera è legata al rispetto ed alla affermazione delle norme dell’ordinamento internazionale.  Sono questi i temi su cui pretendiamo un impegno concreto da parte delle Istituzioni italiane ed europee. Sono queste le ragioni per cui scendere in piazza a manifestare, per costruire la pace internazionale, per rivendicare politiche di pace.

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