Quelle de Le nozze dei piccolo borghesi, sono riflessioni quotidiane al Teatro della Maruca foto

L’opera di Brecht come saggio di fine anno del laboratorio per adulti  a cura di Carlo Gallo e Vincenzo Leto è andato in scena il 12 e il 14 giugno

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    foto a cura di Roberto Carta

    Tra tanti applausi si è chiusa giovedì sera l’ultima replica al Teatro della Maruca dello spettacolo “Le nozze dei piccolo borghesi” con la regia di Carlo Gallo e Vincenzo Leto, aiuto regia Francesco Franco; in scena: Marco Cinnirella, Mariarosaria Calabretta, Elisa Biava, Giorgio Corina, Procolo Guida, Francesco Franco, Melania Caruso, Daniela Galea, Ginetta Rotondo e Gaetano Pignolo.

    Applauso caloroso da parte di tutto il pubblico che ha molto gradito la performance.

     “Le nozze dei piccolo borghesi” di Bertolt Brecht, viene sempre descritto come un testo grottesco e farsesco, dove nella casa di questa coppia di sposi, intorno alla tavola imbandita, vengono fuori tutte le personalità dei personaggi, i rapporti familiari, le false apparenze e le condizioni sociali a cui siamo costretti a piegarci.

    Brecht ha anticipato tutto questo, perché il testo è attualissimo, nei giorni nostri ci preoccupiamo di quello che sono le convenzioni e l’apparire, e non l’essere.

    Il riadattamento di Carlo Gallo e Vincenzo Leto rispetta in toto l’originale se non per qualche piccola modifica, facendo venire fuori attorno a questo tavolo tutte le debolezze della coppia, che pur di voler stare in questa società, costruisce i loro mobili che piano piano, con il passare del tempo inesorabile, scricchiolano e si sfasciano sotto i colpi e le frecciatine di questa società usa a costruire falsi idoli che anch’essi scricchiolano e crollano come i mobili della casa, proprio perché costruiti in maniera approssimativa.

    E questa similitudine tra la vita e i mobili è molto forte e fuoriesce in maniera prepotente, così come per i rapporti degli altri invitati che cominciano e incrinarsi.

    Eccola dunque la società sporca e compromessa, dove davanti agli occhi di tutti due invitati flirtano ed un altro ci prova palesemente con la sposa in una danza molto sensuale.

    In tutto questo, è l’anziano padre della sposa che tenta ogni volta con le sue storielle di smorzare i toni o rendere simpatica la serata, e nessuno che ascolta davvero le sue storielle che non a caso hanno sempre un finale tragico.

    Altra coppia contrasto verità è quella dove la moglie vuole sempre scoprire e mettere a nudo le debolezze dei nuovi sposi, le imprecisioni degli altri, fin quando non vengono fuori le loro, dove il marito esplode e da lì, per poco, non si arriva alle mani.

    Piccole scene quotidiane di tutti i giorni che Brecht scriveva novantanove anni fa, ma che l’oggi ci dice che nulla è cambiato, anzi, dove si scopre sempre un esasperato senza fine.

    Una scelta di testo molto coraggiosa e soprattutto bene eseguita da un gruppo di amatori che sono stati veramente molto bravi, a loro agio sul palco e che hanno saputo tirar fuori tutti i lati di questo testo, comunicando non solo con le parole, ma anche con il corpo, con i silenzi, con gli imbarazzi; merito di questo va sicuramente ai loro insegnanti Carlo Gallo e Vincenzo Leto, che hanno offerto tanti spunti di riflessione, perché il teatro ti lascia sempre qualcosa che devi portare a casa e che ti deve far riflettere, e l’altra sera in tanti siamo tornati con pensieri e riflessioni.

    La società di oggi guarda ancora la pagliuzza nell’occhio degli altri senza vedere la trave nel proprio occhio, ma la paura più emblematica viene fuori in una delle frasi conclusive dello spettacolo, frase detta dallo sposo: “meno male che non ci hanno guardati dentro”.

    Questa bellissima espressione fa emergere quale sia la paura più grande, non voler mostrare veramente se stessi, ma ciò che gli altri vogliono vedere.

    W il teatro.

     

    Francesco Pupa

     

     

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