Bollari e le memorie dallo Jonio come ali di libertà anche in cella! foto

Carlo Gallo "regala" emozioni anche nella Casa Circondariale di Crotone.

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    foto a cura di Roberto Carta

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    Quanto e come le attività culturali aiutino e “SI AIUTINO” all’interno delle carceri è noto da decenni.

    Già all’inizio degli anni Ottanta  del secolo scorso, il teatro in carcere inizia ad assumere significati, metodologie e obiettivi nuovi che si precisano e si consolidano nel tempo. Non ci sarebbe bisogno, infatti, di rammentare le prime esperienze all’interno  del The San Quentin Drama Workshop,  fondato proprio nel penitenziario californiano dall’ergastolano Rick Cluchey.

    Né dovrebbe essere necessario sottolineare come si sia già arrivati a configurare il Teatro in carcere come ad una pratica formativa non tradizionale che, addirittura, aiuta la riscoperta delle capacità e delle sensibilità personali, ma anche una modalità di espressione positiva di emozioni negative o angoscianti.

    In Italia fa testimonianza, laboratorio, formazione e scienza Armando Punzo che ha trovato addirittura  la sua dimensione umana e professionale proprio in un carcere, quello di Volterra, dove da trent’anni ha fondato e dirige la “Compagnia della Fortezza”, formata da detenuti-attori: una vera e propria Istituzione Didattica e Culturale. Ed è in quest’ottica che i suoi (ed anche altri numerosi laboratori e attività in ambito teatrale) costituiscono un patrimonio di base da valorizzare e dal quale partire per costruire percorsi che abbiano una dimensione artistica ma anche formativa, orientata a una spendibilità esterna in grado di coniugare le competenze artistiche con quelle tecnico/professionali, al fine di rendere il carcere non solo un istituto di pena ma anche un istituto di cultura, cioè un luogo dove le contraddizioni e le energie in esso presenti vengano valorizzate e trasformate in senso costruttivo e propositivo e non solo in senso “contenitivo”.

    Come non citare e rammentare, “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani del 2012 (Orso d’Oro al Festival del Cinema di Berlino): in quella occasione è il pubblico di tutto il mondo a scoprire la realtà italiana del teatro in carcere e, su quell’onda, si moltiplica così la spinta a socchiudere le porte delle carceri all’arte, al teatro, al cinema, agli eventi culturali aperti alla società.

    Martedì scorso, su iniziativa del Garante comunale dei diritti delle persone detenute, l’Avvocato Federico Ferraro, e della Direttrice della Casa Circondariale di Crotone Emilia Boccagna e dei suoi operatori sociali è arrivato il Teatro della Maruca in carcere.

    Nello specifico Carlo Gallo autore ed attore di un monologo teatrale che ha fatto il giro d’Italia sbarcando anche all’estero, ha pensato di offrire proprio Bollari Memorie dallo Jonio agli ospiti della Casa Circondariale.

    Frutto di un grande atto di generosità, che seppur portava con se il difetto del carattere della sporadicità e dunque non capace di “sfruttare” gli effetti delle esperienze sopra descritte, l’incontro e la messa in scena hanno “costruito” un grande momento di complicità ed emozione fra gli ospiti e l’artista crotonese che, assieme al fratello Angelo, sta dando tanto lustro quante grandissime opportunità attraverso il piccolo grande miracolo del Teatro Off realizzato.

    Abbiamo accompagnato Carlo Gallo, assieme a Roberto Carta che è autore delle magnifiche foto di questo articolo, in questa esperienza che mozza il fiato ad ogni tipo di emozione come solo il sorgere del sole sa fare quando il mattino è già arrivato con tutta la luce della consapevolezza della giornata uguale a quella del giorno prima.

    Carlo Gallo si è preparato ed allenato, prima della replica, con una attenzione e tensione che si è moltiplicata all’incedere dei detenuti in sala: si è seduto fra loro ed ha conosciuto storie di scrittura e canto; volti e bocche voraci di silenzi. Siamo certi che ha dovuto e voluto mettere in campo, in quegli istanti preliminari alla messa in scena, tutta la sua capacità di ascolto che deve essere sempre “scansionata” dalle emotività.

    Carlo Gallo è salito sul palcoscenico della sala usata per proiezioni e laboratori musicali scavalcando, con rispetto e gratitudine, le prime file di autorità (c’erano, fra gli altri, Prefetto, Questore e Comandanti dei Carabinieri, della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza).

    Le ha scavalcate subito al grido di rema rema!

    Carlo Gallo ha scavalcato se stesso e tutti i suoi personaggi che raccontano la pesca per passione e per fame; Carlo Gallo ha scavalcato il suo stesso studio e recupero delle memorie di una Crotone e di una Calabria che non ci sono più, per atterrare nella memoria dei detenuti per fame e per giustezza.

    Si è creato, nell’oltre ora dello spettacolo, un sentimento unico: quello del linguaggio che rispetta entrambe le vie, quella del parlante quanto quella delle orecchie, del naso e degli occhi. Carlo Gallo ci aveva abituato a tutto ciò; ma non ha dato nulla di scontato per tutto ciò. Carlo Gallo ha dunque teso mani e braccia ancora più in là. Ed abbiamo visto mani tese sul palcoscenico della Casa Circondariale che si sono unite a quelle plaudenti più volte. C’è stato rispetto reciproco. Ecco l’aspetto della cronaca più secca che sentiamo l’obbligo di riportare.

    Carlo Gallo ha teso mani, braccia e spiegazioni anche al termine, anche a quelle prime file scavalcate come e solo al fine di scavalcare se stesso. E c’è stato altro e diverso rispetto, nuovamente reciproco.

    Si perché al di là della oramai arcinota ed arciriconosciuta bravura e professionalità di Carlo Gallo (più fuori che dentro le mura di Crotone a dire il vero, almeno dal punto di vista istituzionale), ciò che abbiamo vissuto, ha dovuto subire, inesorabilmente, tutti gli effetti di quella sporadicità ed estemporaneità che ha partorito questa stessa “magnifica” giornata.

    Il vero peccato è che non ci rendiamo conto, che le vere ali della libertà tarpate, sono quelle di una società che non programma e non progetta con ciò che ha a disposizione; le vere celle e galere che costruiamo attorno a noi stessi, liberi pensatori a trucco vero e di sceneggiata quotidiana, sono quelle dell’ignoranza dell’opportunità e dell’opportuno; e dell’infinita ignoranza nei confronti dell’unica arma indispensabile: la cultura!

    Procolo GUIDA

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