Psicologi, medici, psichiatri, magistrati, avvocati, assistenti sociali ed operatori a confronto (anche) sul DL Pillon foto

Seminario a cura della Scuola Romana di Psicoterapia

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    servizio a cura dell’avv. Fabrizio Meo

    Si è tenuto ieri, presso il Tribunale di Crotone, il seminario sulla “Genitorialità condivisa nelle famiglie in separazione. Aspetti psico-relazionali e giuridici”, un tentativo, meritorio crediamo noi,  della Scuola Romana di Psicoterapia familiare di far confrontare Psicologi, medici, psichiatri, magistrati, avvocati, Assistenti sociali ed operatori interessati sul tema. Un’opportunità colta in massima parte dagli operatori dei servizi sociali operanti sul territorio massicciamente presenti.

    Il punto di vista dell’avvocatura è stato espresso dagli interventi istituzionali del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati Giuseppe Gallo e dall’avv. Teresa Galea Presidente Ondif  e, soprattutto, dall’applaudita relazione dell’avvocato Rossana Greco, Presidente della Camera minorile di Catanzaro ma ancor più, come lei stessa ha inteso sottolineare, avvocato impegnata in prima linea in contenziosi che tali non dovrebbero essere: quelli tra ex coniugi e, quel che è peggio, tra genitori d’incolpevoli figli. Un ruolo di avvocato, quello tratteggiato dall’avv. Greco, che, in una materia come questa, non può essere rivolto a conseguire una “vittoria”, che sarebbe certamente di Pirro, quanto, piuttosto, a pervenire alla comprensione del problema e ricercarne le soluzioni. L’obiettivo della vittoria a tutti i costi, in questi casi, può essere proprio solo di un pessimo avvocato. Tra i tanti riferimenti a precedenti giurisprudenziali significativi, una puntualizzazione, tra le tante fatte dall’avv. Greco, vale la pena di evidenziare: non si contano i provvedimenti dei tribunali che possono considerarsi come giusti ed oltremodo opportuni, ma certamente inutili se rimasti ineseguibili; e di simili provvedimenti l’avv. Greco ha voluto malinconicamente precisare di avere il cassetto pieno.

    Faremmo un torto all’autorevolezza dei relatori se volessimo riportare solo sommariamente gli interventi tra gli altri del Prof. Carmine Saccu cattedratico insigne, professore associato di Neuropsichiatria infantile presso gli studi La Sapienza di Roma, della dott.ssa Luana Alessio e della dott.ssa Francesca Megna entrambe psicoterapeute della Scuola Romana di psicoterapia familiare di Crotone che hanno tracciato le conclusioni dell’incontro; preferiamo in questa sede fare solo un generale riferimento alla veramente sterminata, interessante e preoccupante casistica cui hanno fatto riferimento nei loro applauditi interventi, il dott. Paolo Sesti, Psichiatra e neuropsichiatra infantile presso l’ASP di Crotone e dalla dott.ssa Mariarachele Mirabelli, Assistente sociale presso il consultorio di Crotone.

    Ebbene ci è sembrato che la casistica dettata dall’esperienza professionale ultraventennale di tali due professionisti la cui dedizione e competenza non richiede maggiori precisazioni, denunzi una frequente quanto preoccupante incidenza di casi in cui, a separazione avvenuta, il genitore collocatario, cioè a dire il genitore al quale il minore fissa la propria residenza e presso cui il minore trascorre la maggior parte del tempo, (in ben oltre il 90% delle separazioni, la madre), esercita la propria influenza sul minore allo scopo di svilire, denigrare quando non addirittura calunniare l’altro genitore.

    Una opportunità (quasi regola) evidentemente consentita o quantomeno non adeguatamente repressa dalla legislazione vigente, piuttosto che da una giurisprudenza in grado di produrre provvedimenti certamente giusti in astratto, ma che poi, per come plasticamente descritto dall’Avv. Rosaria Greco, troppo di frequente “rimangano in un cassetto”.

    Ebbene, ciononostante, dalle parole degli illustri relatori che pure hanno onestamente denunziato la propria stessa impotenza di fronte ad una giustizia che “cerca soltanto dei colpevoli” per come brillantemente descritto dal dott. Paolo Sesti, e purtroppo non si preoccupi delle conseguenze spesso drammaticamente irrimediabili di procedure giudiziarie che lasciano alle proprie spalle spesso macerie; ciononostante si diceva, non sono arrivate soluzioni, proposte o sollecitazioni di modifica, insomma, nulla che assomigli alla “cura” del male.

    Abbiamo cercato di capirne di più in una breve conversazione con la dott.ssa Mirabelli.

    • Buonasera dottoressa, la sua prospettazione ci è sembrata asimmetrica quanto alle conclusioni, lei fa un quadro se non desolante, certamente preoccupante in ordine a quelle che sono le possibilità con i mezzi proposti oggi dall’ordinamento di incidere sul disagio delle condizioni dei figli della famiglie separate, al punto tale che lei stessa ha voluto denunziare la sua impotenza di operatrice in molti casi, dopodicchè però lei boccia drasticamente il progetto di riforma cosiddetto DL Pillon:
    • Dott.ssa Mirabelli: non ho detto che tale disegno di legge sia del tutto inadeguato ma che vi sono dei punti che mi fanno pensare, la bigenitorialità a tutti i costi per come viene pensata è impensabile, in quanto vi sono dei casi in cui è preferibile che il bambino venga affidato ad un solo genitore, per le ragioni esposte dal dott. Paolo Sesti nella sua relazione, se questo presuppone garanzia di stabilità.
    • Lei quindi considera l’attuale quadro normativo come il migliore possibile o andrebbe in quale misura riformato.
    • Dott.ssa Mirabelli: c’è sempre da riformare, nelle separazioni va tenuto in considerazione tantissimo il parere dei figli per questo ho inteso fare riferimento alla “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori”, di cui ho potuto illustrare per mancanza di tempo solo alcuni punti ma che coglie veramente gli aspetti fondamentali.
    • Ma alla luce del potere di condizionamento che può essere esercitato da un genitore (quello collocatario nella maggior frequenza dei casi), a discapito dell’altro che è stato evidenziato in molti dei casi analizzati nel corso del Convegno, ed in considerazione del fatto che l’ascolto del minore è oggi frequentemente attuato anche nel caso di minori di anni 14 e persino per bambini ancora più piccoli, lei giudica che un tale ascolto sia sempre positivo e mai fuorviante.
    • Dott.ssa Mirabelli: l’ascolto del minore da parte del giudice è pericoloso, tant’è che il giudice seppur competente se ravvisa la necessità chiede l’intervento dei servizi o di un CTU che ascolta il minore in maniera avulsa quanto più possibile da condizionamenti.
    • Addirittura pericoloso, ci può fare qualche esempio che certo le deriva dalla sua vasta esperienza:
    • Dott.ssa Mirabelli: ricordo il caso di una bambina che alla specifica domanda rivoltagli dal magistrato riferiva al giudice che il padre picchiava la madre, salvo poi scoprire all’esito dell’approfondimento dell’esame che un tale ricordo era stato indotto dal racconto della madre e cioè a dire che mai il bambino avesse effettivamente assistito o vissuto una simile circostanza che pure però aveva riferito in prima battuta al giudice, se non si fosse andato fino in fondo, tramite l’intervento di un professionista, sarebbe rimasto acquisito il dato fornito dalla risposta alla domanda posta dal giudice al minore .
    • Grazie dottoressa.

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