Altra dimostrazione di chi e quanto realmente si ha voglia di controllare Eni

Vincenzo Garrubba ha tentato di tamponare le falle delle figure istituzionali del territorio

Più informazioni su


    Era il 10 Ottobre ed il nostro Fabrizio Carbone si è affannato a raccogliere il disperato appello di un nostro lettore con Sta per scadere il termine ultimo per evitare trivellazioni selvagge: che sia il Santo dei forestieri a farci svegliare?” (cliccaci sopra per rileggerlo ed andare anche ad apprezzare le uniche osservazioni della Provincia di Crotone datate 28 nov 2014).

    Il dottor Vincenzo Garrubba ha fatto di più, mentre Peppino Vallone gridava ai quattro venti che è Eni a tradire Crotone, lui ha cercato di tamponare le falle di tutte le figure istituzionali del territorio inviando sue osservazioni. Leggete come ha creduto di agire, nell’assenza totale anche di una semplice rassicurazione. Ecco la sua lettera aperta che abbiamo ricevuto, assieme a tutta una serie di documentazioni a lui utili per redigere le osservazioni che è stato capace di inviare; qui di seguito pubblichiamo: lettera aperta, ed, a seguire, l’allegato delle osservazioni che così diligentemente è riuscito ad inviare il Garrubba:

    LETTERA APERTA A:

    COMUNE DI CROTONE, PROVINCIA DI CROTONE, REGIONE CALABRIA e DEPUTAZIONE CALABRESE

    Questa nota la intitolerei “se l’amore per la città si dovesse misurare in parole… “ Quando ci si innamora, generalmente, si da fondo a tutte le risorse mentali, intellettuali ed umane per esprimere i propri sentimenti e far in modo che questi arrivino e catturino la persona amata, invece quando un amore finisce bastano poche righe, avvolte un sms o una mail. Se dovessimo valutare con tale metro l’amore e l’attenzione che gli attuali amministratori e rappresentanti politici nutro per la città di Crotone, allora l’assoluto silenzio circa i termini per la presentazioni delle osservazioni per le concessioni all’esplorazione che interessano le coste della città e che scadevano il 19 Ottobre u.s., come già da me segnalate tramite web a seguito della casuale scoperta il giorno dedicato al nostro patrono, ad eccezione di qualche misero rigo nella prima fase delle procedure di concessione nel 2014 da parte del Presidente della Provincia, non può che dimostrare palesemente, ove vi fosse ancora bisogno, il divorzio della città e delle sorti dei crotonesi da “questi” signori. Ci avrei scommesso, o come diciamo noi “ci po minari cu na mazza”, ero certo che avrebbero fatto passare in sordina la scadenza dei termini per le osservazioni all’ultima fase delle concessioni, cosa che sarebbe sanzionabile sul piano della cattiva amministrazione, dopo di che ci sarà l’avvio definitivo, per cui ho deciso in autonomia per la mia città, nella quale vivo con la mia famiglia e nella quale vivono la maggior parte delle persone a cui voglio bene, di fare una ricerca e presentare io delle osservazioni come cittadino con la speranza che possano sensibilizzare qualche spirito libero, di cui allego copia, cosa fatta e protocollata all’ufficio competente Ministeriale in data 19 Ottobre. Circa il contenuto delle stesse lascio che siano gli organi di stampa commentarlo, mentre per quanto riguarda la politica, invece, spero che la città reagisca presto ed allontani questa classe inadeguata.

    Con cordialità.

    Dott. Vincenzo Garrubba

    Crotone, 20/10/2015 

     

    allegato “Osservazioni ai sensi della L. 152/2006 inerenti procedure di Valutazione di Impatto Ambientale richieste permesso di ricerca in mare di idrocarburi”

    Al Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale Via Cristoforo Colombo n. 44 – 00147 Roma Al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, architettura e l’arte contemporanee Via di San Michele n. 22 – 00153 Roma Al Ministero dello Sviluppo Economico Direzione Generale delle Risorse Minerarie Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia Via Molise n°2 00187-ROMA Alla Regione Calabria Dipartimento Presidenza Via Sensales, Palazzo Alemanni-88100 Catanzaro

    Oggetto: Osservazioni ai sensi della L. 152/2006 inerenti procedure di Valutazione di Impatto Ambientale richieste permesso di ricerca in mare di idrocarburi “d 85 F.R-.GM”; “d 86 F.R-.GM”; “d 87 F.R-.GM”. Proponente istanze ditta Global Med LLC. Con le presenti osservazioni si intende evidenziare e dimostrare come le multinazionali dell’energia e del gas stiano operando in netto contrasto e in violazione delle leggi nazionali ed internazionali esistenti a danno della popolazione tutta, della città di Crotone e del patrimonio ambientale, nello specifico causando ed aumentando notevolmente il rischio sismico dell’area, aggravando il fenomeno della subsidenza, causando un pericolo grave e prossimo per l’eco sistema e la fauna dei mari attraverso la loro attività di estrazione di gas naturale dal sottosuolo ed accingendosi ad avviare attività  di esplorazione e ricerca di idrocarburi, finalizzate all’estrazione, mediante tecniche invasive ed estremamente pericolose. PREMESSO CHE La società ENI Spa, oggi IONICA GAS Spa a seguito di decreto di trasferimento titoli di concessione del 2010 (Allegato 1), ha iniziato la sua attività estrattiva di Gas naturale dai fondali del mare antistante la città di Crotone (Allegato 2), e poi su terra ferma, già dal lontano 1975 con la piattaforma denominata LUNA A, una struttura a 8 gambe collocata ad una distanza di circa 7 Km dalla costa entro le 12 miglia delle acque territoriali alle coordinate Longitudine 17,181716 e Latitudine 39,114867, riferimento titolo minerario D.C. 1.AG.. A questa prima piattaforma, con il tempo, si sono aggiunte la LUNA B sempre riferimento titolo minerario D.C. 1.AG collocata a circa 8 Km dalla costa alle coordinate Log. 17,200183 e Lati. 39,085558, la HERA LACINIA 14 riferimento titolo minerario D.C. 4.AG collocata a circa 2 Km dalla costa alle coordinate Log. 17,165078 e Lati. 39,059378, la HERA LACINIA BEAF riferimento ancora titolo minerario D.C. 1.AG collocata a circa 5 Km dalla costa alle coordinate Log. 17,172791 e Lati. 39,062022, in più sono stati attivati, sempre nel tratto di mare antistante la città, la testa di pozzo sottomarina LUNA 40 SAF titolo minerario D.C. 1.AG situato a circa 7 Km dalla costa e la testa di pozzo sottomarina LUNA 27 titolo minerario F.C. 1.AG situato a circa 5 Km dalla costa. Come già detto la prima perforazione del sottosuolo marino crotonese alla ricerca di Gas naturale l’Eni l’ha fatta nel 1975 arrivando ad una profondità di ben 2.700 m, a questa prima perforazione, visto gli eccellenti ed incoraggianti risultati ne sono seguite ben 29 nel sottosuolo marino, in  totale 30 pozzi di cui 28 in produzione tutti che variano da una profondità di 1.749 m sino ai 2.700 m. I pozzi risultano collegati alla centrale di raccolta su terra ferma denominata Crotone che occupa una superfice di 35000 (mq). Per quanto riguarda i pozzi in produzione sulla terra ferma, e precisamente sul promontorio di Capo Colonna, l’Eni ne ha piazzati ben 9, di cui 8 in produzione ed uno attivo, anche questi con profondità che varia dai 1.749 m sino ai 2.700 m e sempre a partire dall’anno 1975, riferimento Titoli di Concessione D.C. 1.AG e D.C. 2.AG, collegati alla centrale di raccolta HERA LACINIA che occupa un aera di 25000 (mq) sul promontorio. Questo enorme dispiegamento di mezzi ed attrezzature, tutto concentrato in due ristrette aree, ha dato modo all’Eni Spa di poter estrarre dal sottosuolo crotonese in oltre 36 anni di attività più di 63.944 milioni di standard metri cubi di Gas Naturale (solo nell’anno 2014 la produzione delle concessioni sul territorio della città di Crotone è stata di 742 milioni di sm3 che rispetto alla produzione totale di nazionale di 7.285 milioni di sm3 costituisce il 10,19% mentre rispetto alla sole estrazioni offshore di 4.863 milioni di sm3 costituisce il 15,27% )(Allegato 3). A fronte del sacrificio sopportato dai territori interessati dal continuo depauperamento delle risorse del sottosuolo vengono riconosciuti agli stessi parte delle royalties, cioè il pagamento di un corrispettivo allo Stato per poter sfruttare un dato bene ai fini commerciali come remunerazione di diritti ceduti a terzi, determinate applicando aliquote al valore della produzione di Gas. In Italia il sistema di prelievo fiscale sull’attività di esplorazione e produzione di idrocarburi combina royalties, canoni d’esplorazione e produzione, tassazione specifica e imposte sul reddito della società. Nel nostro paese le royalties per le produzioni a terra sono  attualmente del 10% (a seguito dell’incremento del 3% introdotto nel 2009), mentre per produzioni a mare è del 7% per il gas e del 4% per il petrolio, e sono applicate sul valore di vendita delle quantità prodotte. Il calcolo delle royalties dovute è effettuato in controvalore, calcolato sul prezzo dell’olio e del gas definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas per mezzo dell’indice QE (quota energetica costo materia prima gas) espresso in euro/GJ e calcolato per ciascun trimestre dell’anno di riferimento. Le royalties per le produzioni di idrocarburi in terraferma sono ripartite per il 55% alle Regioni, il 30% allo Stato e il 15% ai Comuni. Tuttavia per le Regioni a statuto ordinario comprese nell’Obiettivo 1 (le regioni del Sud Italia tra cui la Basilicata, principale produttore italiano di petrolio) anche la quota del 30% dello Stato è assegnata direttamente alle Regioni. Per le estrazioni offshore la suddivisione è per il 45% allo Stato e per il 55% alla Regione adiacente per le produzioni ottenute entro la fascia delle 12 miglia (mare territoriale), mentre oltre tale limite le royalties sono interamente dello Stato. Il totale del gettito delle royalties nel 2014 è stato pari a circa 401 milioni di euro dei quali circa la metà sono andati a beneficio delle Regioni (182,4 milioni di euro), allo Stato (circa 70 milioni di euro), ai Comuni (circa 29 milioni di euro) ed al Fondo di riduzione del prezzo dei carburanti (85 milioni di euro), ed all’Aliquota Ambiente e Sicurezza (circa 34 milioni di euro). Come sopra illustrato, le somme raccolte dallo Stato dovrebbero essere distribuite tra le Regioni e i Comuni interessati dalle attività di estrazione degli idrocarburi seguendo specifiche direttive comprese nel decreto legislativo n. 625/1996, nelle leggi n. 140/1999, n. 99/2009 (Allegato 4). Nello specifico il gettito delle Royalties che spetterebbero alla città di Crotone, unica interessata dall’attività di estrazione in Calabria, ad Dott. Commercialista Vincenzo Garrubba – Crotone es. per l’anno 2014 sono state quantificate in 7.638.171,35 di Euro, ma in realtà tale cifra non verrà mai corrisposta al comune di Crotone, così come è avvenuto per quelle degli anni precedenti perché la politica, dimenticando tra l’altro che le Royalties andrebbero impiegati anche per scopi ben precisi e determinati quali l’ambiente, la tutela del territorio e del mare, il monitoraggio e il contrasto dell’inquinamento marino, attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare (vedi anche art. 45 Legge 23/07/20099 n. 99, art.35 co. 2 D. Legge 22/06/83 e Protocollo d’intesa tra Il ministero dello Sviluppo economico e la Regione Calabria Allegato 4.1), usurpandone le finalità, con grave pregiudizio e danno della comunità crotonese, ha usato le stesse nel tempo come mezzo di scambio politico elettorale distribuendole senza alcun criterio a pioggia in tutta la provincia crotonese (Allegato5). Purtroppo quel che pende sul capo dei cortonesi è tuttavia ben più grave della sottrazione illegittima delle risorse economiche a cui ha titolo, infatti la città e l’area risultano essere epicentro di una importante attività sismica che si manifesta con regolarità nella zona. Così come rilevato dal Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia nella lista dei terremoti dal 01-04-2005 al Luglio 2015 se ne sono registrati ben 202 di varia intensità nell’area crotonese, tutti avvenuti comunque all’interno dello stesso perimetro, cioè latitudine 39 longitudine 17, di cui quasi 150 di magnitudo superiori a 2 e ben tre di particolare importanza, esattamente il 01-08-2007 alle ore 00:07:54 di magnitudo 4.2 con epicentro latitudine 39.00 longitudine 17.18, il 20-11-2008 alle ore 14:09:20 di magnitudo 4.0 con epicentro latitudine 39.17 longitudine 17.13, il 05-04- 2014 alle ore 10:24:45 di magnitudo 4.7 con epicentro latitudine 38.79 longitudine 17.26 (Allegato 6). Come rimarcato dai ricercatori dell’INGV TERREMOTI l’evento sismico nel Mar Ionio, a largo di Crotone, “è avvenuto ad una profondità di circa 60 km ed è stato avvertito in tutta l’Italia meridionale come risulta dalla mappa dei risentimenti ricavati dai questionari macrosismici compilati da più di 1000 persone… A causa dell’elevata profondità di questo evento si potrebbe pensare a un meccanismo di deformazione interna alla placca ionica che in quel settore inizia a inflettersi sotto la Calabria per poi sprofondare nel Tirreno”. Come spiegato dagli stessi, l’antico Oceano delle Tetide (il Mar Ionio) si inflette sotto la Calabria e sprofonda sotto il Tirreno dando luogo a un’attività sismica particolarmente profonda. A tal riguardo si veda anche l’articolo allegato <> di Ignazio Guerra dell’Università della Calabria, Dipartimento di Fisica; Paolo Harabaglia dell’Università della Basilicata, Dipartimento di Strutture, Geotecnica e Geologia; Antonio Moretti dell’Università dell’Aquila, Dipartimento di Scienze Ambientali in cui i ricercatori, dopo aver dichiarato senza mezzi termini che “In questa nota si intende esporre le motivazioni per cui la Calabria è una regione esposta ad un livello di rischio sismico molto alto, fornendo il quadro generale in cui vanno inseriti gli studi relativi ai singoli terremoti o sequenze sismiche”, chiariscono che la “ zona esterna ionica, formata da crosta oceanica, si flette e va in subduzione secondo un piano di Benioff molto inclinato che si estende in profondità fino al largo delle coste tirreniche. Alcuni frammenti di questa vecchia area oceanica risalente a circa 80-100 milioni di anni fa, per molti autori rappresentano un vero e proprio relitto dell’antico oceano delle Tetide.” (Allegato 7). Ebbene, come se non fosse  sufficiente quanto detto a mettere in allarme la comunità locale, il 22 Agosto 2013 su una rivista tecnica internazionale, la <> American Geophysical Union numero volume 40, edita negli Stati Uniti d’America nelle pagine da 4220 a 4224 viene pubblicato un articolo contenete le evidenze di una scoperta che definirla allarmante sarebbe un eufemismo, con il titolo “DISCOVERY OF A GLINDING SALT-DETACHED, CALABRIA, IONIAN SEA, ITALY”, Autori: Liliana Minelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma (INGV), Andrea Billi dell’Istituto di geologia ambientale e geoingneria (IGAG) facente parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Claudio Faccenna del Dipartimento di scienze dell’Università degli Studi di Roma Tre, Anna Gervasi del Dipartimento di Fisica Università della Calabria-Cosenza e ricercatrice INGV, Ignazio Guerra del Dipartimento di Fisica Università della Calabria-Cosenza, Barbara Orecchio del Dipartimento di Fisica Università della Calabria-Cosenza e Dipartimento di scienze e della terra dell’’Università degli Studi di Messina e Giulio Speranza del Dipartimento di scienze dell’Università degli Studi di Roma Tre (Allegato 8). In tale articolo i ricercatori dopo un periodo di studio effettuato sull’area largo il Mare antistante la città di Crotone hanno tirato la somma dell’enorme mole di dati ricavati dalle indagini e forniti dagli strumenti di misurazione collocati sui fondali (in particolare 8 nuove stazioni GPS), e la sorprendente quanto terribile scoperta è stata che si è rilevato un corpo franoso di dimensioni molto grandi che ha origine a terra nella penisola e si estende verso il mare coinvolgendo una superficie di circa 1000 kmq (Allegato 8). Grazie ai dati i ricercatori quindi hanno evidenziato una notevole anomalia dell’area crotonese, “anomalus GPS velocity”, rispetto al resto della regione; infatti,  mentre la Calabria si muove in maniera abbastanza omogenea verso NordNord-Est al ritmo di 5mm/anno, Crotone supera gli 8 mm/anno e tende più spiccatamente verso Est. Lo scivolamento, attribuibile a cause prettamente locali, sia nella parte onshore sia in quella offshore, avviene sopra un piano di scorrimento formato da antichissime formazioni saline alla profondità di “1-2 Km” che depositate alcuni milioni di anni fa si sono trasformate in un bacino evaporitico. Il profilo sismico rivela che la mega frana di Crotone è una complessa struttura caratterizzata da differenti spinte. La velocità dei GPS locali potrebbero riflettere solo una il movimento di solo una porzione della mega frana. Inoltre non è chiaro se il movimento si stato continuo o la conseguenza di impulsi. Probabilmente la causa dello scivolamento franoso, spiega la scienziata Liliana Minelli dell’INGV, “è anche da ricercarsi nel sollevamento della Calabria a causa della convergenza della miniplacca Ionica, che fa parte di quella Africana, verso la parte sud-orientale della nostra penisola…”. Nell’articolo i ricercatori chiosano: “la scoperta della mega frana, al di là della sua importanza scientifica, apre un nuovo capitolo sul fronte del rischio geologico cui è soggetta la penisola. Fenomeni come questo, infatti, anche se vanno avanti da millenni possono subire improvvise accelerazioni in occasione di fenomeni sismici a seguito dei quali potrebbero verificarsi frane sottomarine e, di conseguenza, maremoti.” Infine, si suggerisce di indagare se l’attuale movimento ha avuto ripercussioni sugli impianti urbani e si invita ad effettuare indagini sulle eventuali lesioni presenti negli edifici della zona. Rispetto a questa puntuale indagine, tuttavia, viene naturale farsi alcune domande, prima di tutto come mai ricercatori così accreditati abbiano deciso di fare un tale tipo di indagine proprio nei fondali marini antistanti la  città di Crotone?; cosa centrano le società petrolifere che sfruttano da anni il sottosuolo marino e quelle che vorrebbero iniziare nuove attività di sfruttamento nella stessa area?; come mai i ricercatori non hanno fatto alcun cenno sulla massiccia attività di estrazione di Gas metano dal sottosuolo della città di Crotone in un area che si sovrappone a quella della enorme frana sottomarina scoperta?; conseguentemente, quali effetti potrebbe aver prodotto e cosa potrebbe causare il perseverare dell’attività estrattiva proprio alle profondità 1-2 Km in cui è situato il piano – strato salino evaporitico su cui sta scivolando la frana di 1000 kmq?; in che misura incide l’attività estrattiva sulla viscosità dello strato salino e quindi sullo scollamento del territorio?; quali gli effetti e le conseguenze della immissione dell’acqua nei pozzi per l’estrazione del gas? Quali i rischi e quali le attività necessarie di monitoraggio da mettere in campo? Per chi sta facendo queste osservazioni una giustificazione potrebbe forse trovarsi nello stretto legame che lega molte volte queste ricerche con le potenziali ricadute in termini di nuovi sfruttamenti di risorse energetiche; infatti non è raro il caso in cui le risorse stesse per effettuare un tale tipo di indagine vengano elargite dalle multinazionali del petrolio e del gas che sono sempre in cerca di nuove fonti da sfruttare, a tal riguardo si veda anche nello specifico quanto dichiarato dagli scienziati circa questa specifica ricerca nell’allegato (Allegato 9) . Da quanto detto sino ad ora emerge chiaramente un quadro generale del sottosuolo del territorio e delle coste della citta di Crotone di estrema fragilità, per cui logica vuole che andrebbero prese immediate precauzioni ed adottate complesse politiche di messa in sicurezza dell’area e contestualmente inibita qualsiasi attività antropica che possa, anche solo lontanamente, determinare una precipitazione dell’instabile e precario  equilibrio del sottosuolo. Particolarmente approfondito e fondato su solidi basi scientifiche risulta lo studio della così detta “Commissione ICHESE”, istituita su incarico del Governatore della regione Emilia Romagna, Vasco Errani, per studiare l’incidenza delle attività umane sui così detti terremoti indotti nei quali uno sforzo esterno sufficientemente grande è in grado di produrre un evento sismico in una area che non era necessariamente sottoposta a un campo di sforzi geologici tali da poter generare terremoti in un futuro ragionevolmente prossimo, e sui terremoti innescati per i quali una piccola perturbazione generata dall’attività umana è sufficiente a spostare il sistema da uno stato quasi-critico ad uno instabile, per cui l’evento sismico che sarebbe avvenuto probabilmente in tempi successivi e non precisabili, viene anticipato. La famosa commissione tecnica scientifica ICHESE nasce all’indomani degli eventi sismici di Magnitudo superiori a 5 che colpirono l’Emilia Romagna nel Maggio 2012 è fu composta da un pool di ricercatori e studiosi tra cui il Pof. Peter Styles professore di Geophysics alla Keel University Staffordshire in Inghilterra, il Prof. Paolo Gasparini professore di Geophysics presso l’Università di Napoli Federico II, Prof. Paolo Scandone professore di Structural Geology presso l’Università di Pisa, Prof. Stanislaw Lasocki professore di Earth Sciences Istituto of Geophysics e Polish academy of Sciences Varsavia-Polonia, Franco Terlizzese del Ministero dello sviluppo Economico direttore per le risorse Energetiche e Minerali, Ernst Huenges capo del Section Reservoir Technilogies at GeoForschungsZentrum Potsdam –Germania. La commissione ha cercato di stabilire l’eventuale nesso esistente tra le operazioni di iniezione/estrazione e l’attività sismica nell’area dell’Emilia Romagna partendo da quello che ha definito come “stato delle conoscenze” e cioè che, l’estrazione e/o iniezione legate allo sfruttamento di campi petroliferi possono produrre una sismicità indotta o innescata; la maggior parte dei casi documentati in cui una attività sismica è stata associata a operazioni di sfruttamento di idrocarburi è relativa a processi estrattivi da serbatoio molto grandi o a iniezione di acqua in situazioni in cui la pressione del fluido non è bilanciata; il numero di casi documentati di sismicità di magnitudo medi-alta associabile a iniezione di acqua nello stesso serbatoio da cui ha avuto luogo l’estrazione di idrocarburi è una piccola percentuale del numero totale; la sismicità indotta e, ancora più, quella innescata da operazioni di estrazione ed iniezione sono fenomeni complessi e variabili da caso a caso, e la correlazione con i parametri di processo è ben lontana dall’essere compresa appieno; la magnitudo dei terremoti innescati dipende più dalle dimensioni della faglia e dalla resistenza della roccia che dalle caratteristiche delle iniezioni; ricerche recenti sulla diffusione dello sforzo suggeriscono che la faglia attiva potrebbe trovarsi anche a qualche decina di kilometri di distanza e a qualche kilometro di profondità dal punto di iniezione o estrazione, e che l’attivazione possa avvenire anche diversi anni dopo l’inizio dell’attività; la maggiore profondità focale di alcuni terremoti rispetto all’attività di estrazione è stata interpretata come evidenza diretta del fatto che l’estrazione o l’iniezione di grandi volumi di fluidi può indurre deformazioni e sismicità a scala crostale; etc. La commissione a termine dei lavori, nel febbraio 2014, esprime il seguente parere: “non può essere escluso che le azioni combinate di estrazione ed iniezione di fluidi in una regione tettonicamente attiva possano aver contribuito, aggiungendo un piccolissimo carico, all’attivazione di un  sistema di faglie che aveva già accumulato un sensibile carico tettonico e che stava per raggiungere le condizioni necessarie a produrre un terremoto”, “l’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possono aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia”, concludendo le “ nuove attività di esplorazione per idrocarburi o fluidi geotermici devono essere precedute da uno studio teorico preliminare e di acquisizione dei dati su terreno basati su dettagliati rilievi 3D geofisici e geologici… Le attività di sfruttamento di idrocarburi e dell’energia geotermica, sia in atto che di nuova programmazione, devono essere accompagnate da reti di monitoraggio ad alta tecnologia finalizzata a seguire l’evoluzione nel tempo dei tre aspetti fondamentali: l’attività microsismica, le deformazioni del suolo e la pressione poro… La pressione dei fluidi nei serbatoi e nei pori delle rocce deve essere misurata al fondo dei pozzi e nelle rocce circostanti con frequenza giornaliera” (Allegato 10). Alla luce di quanto affermato dalla commissione ICHESE, quindi, l’attività di estrazione ed immissione di fluidi nel sottosuolo è una attività alquanto delicata, potenzialmente dannosa ed in grado di innescare attività sismica. A questo punto viene spontaneo chiedersi quali sono le conseguenze di ben 36 anni di estrazione e di immissione nel sottosuolo Crotonese? Estrarre Gas naturale ed immettere acqua cosa comporta? Avrà l’Eni usato tutte le precauzioni, a questo punto direi prescrizioni, del caso affinché l’attività possa essere la meno dannosa possibile? Quando è iniziata la storia estrattiva del sottosuolo Crotonese che tipo d tecnologie sono state impiegate? Quali conseguenze può avere immettere acqua in quello stesso  strato salino evaporitico che sta causando lo scivolamento e la frana di oltre 1000 Kmq di territorio crotonese? Questa attività estrattiva più che trentennale potrebbe essere individuata come concausa dello frana? Quali i danni attuali del sottosuolo e quali sollecitazioni potrebbe aver subito la faglia profonda localizzata nell’area visto che le ricerche sulla diffusione dello sforzo suggeriscono che la faglia attiva (è questo il nostro caso come già detto) potrebbe trovarsi anche a qualche decina di kilometri di distanza e a qualche kilometro di profondità dal punto di iniezione o estrazione, e che l’attivazione possa avvenire anche diversi anni dopo l’inizio dell’attività? Circa i rischi che la citta di Crotone corre con riguardo all’attività estrattiva dell’Eni, già nel giugno 2011 il prof. Leonardo Seeber, sismologo al LamontDoherty Earth Observatory della Columbia University, in una intervista rilasciata ad un quotidiano nazionale (Il Corriere della Sera), ha fatto riferimento, tra l’altro, al fenomeno della subsidenza nella città di Crotone, che sta lentamente abbassandosi rispetto al resto della Calabria, infatti lo scienziato afferma: «Abbiamo una misura geodetica che dice chiaramente che Crotone sta andando giù rispetto al resto della Calabria e quindi è possibile, nonostante ci possano essere altre cause, che questo sia dovuto allo sfruttamento del petrolio. Non sono contrario tout court, ma il rischio va valutato con attenzione». Il prof. Seeber ha anche aggiunto che in merito al fenomeno tipico della subduzione calabra: «La Calabria è una terra ricca e bellissima proprio perché è una regione giovane tettonicamente, che si sta muovendo, fertile e ricca d’acqua. Ma bisogna essere cauti nella gestione di questo patrimonio. Per esempio, è noto che i terremoti si possono “stimolare”. Uno dei casi più tipici è quando si pompano liquidi ad alta pressione giù nella crosta per estrarre il petrolio. Il petrolio è importante,  anch’io ho la macchina in garage. Ma bisogna stare attenti a stuzzicare così la faglia, è necessario calcolare i rischi mentre chi fa estrazione ha la tendenza a ignorare, o a nascondere, il problema. Ed è pericoloso» (Allegato 11). CONSTATATO CHE Nell’ambito degli obiettivi e delle linee della politica energetica nazionale, nonché dei criteri generali per la sua attuazione a livello territoriale, elaborati dallo Stato, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, il Governo Italiano (rif. Legge 23 agosto 2004, n. 239 Riordino del settore energetico; Legge 23 Luglio 2009, n. 99 Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia; Decreto Ministeriale 25 marzo 2015 Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164; Decreto Direttoriale 15 luglio 2015 Procedure operative di attuazione del Decreto Ministeriale 25 marzo 2015 e modalità di svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi e dei relativi controlli) ha inteso dare seguito alle istanze di esplorazione e ricerca di idrocarburi in mare presentate in data 17 dicembre 2013, e precisamente identificate con i protocolli d 85 F.R-.GM / d 86 F.R-.GM / d 87 F.R- .GM, dalla GLOBAL MED LLC, che ha richiesto il permesso di ricerca in mare di idrocarburi nell’area antistante le coste della citta di Crotone nella così detta zona F le cui coordinate coincido tutte con la Longitudine 17 e Latitudine 38-39 con 42 vertici nello specifico (Allegato 12) .  A quanto detto ci sarebbe, inoltre, da aggiungere che è attualmente in corso l’istruttoria di una istanza di permesso di ricerca in mare d.59 F.R. – N.P presentata dalla NORTHERN PETROLEUM LTD , sensi dell’art. 35 D.L. 83/2012, il 16/10/2012e pubblicata nel BUIG LVII-1, comprendente una superfice di 652 Kmq con ben 20 vertici e situata esattamente tra le concessioni in essere della Ionica Gas e quelle richieste dalla Global Med (Allegato 13). VISTO CHE L’attività di esplorazione e successiva estrazione di idrocarburi che si intende avviare massicciamente nell’area a ridosso delle attuali concessioni, interessa ben 2.250 kmq con 42 vertici, quella della Global Med, e 652 Kmq con 20 vertici, quella della NORTHERN PETROLEUM LTD, ed andrebbe ad incidere il sottosuolo già in precario stato di equilibrio interessando le stesse profondità, come mostra anche lo studio di impatto ambientale presentato dalla Global Med LLC (rif. colonna stratigrafica dell’area in cui le c.d. Rocce Madri con potenzialità Minerarie indicano nello strato salino ed a ridosso) (Allegato 14), in cui insiste lo stato salino evaporitico che sta causando la frana del territorio crotonese; allora un sentimento di terrore sostituisce la preoccupazione per il rischio elevatissimo che si vorrebbe far correre alla popolazione, una sorta di roulette russa collettiva in cui chi però scommette lo fa sulla vita degli altri. Ad aggravare il quadro generale la notizia di pochi giorni fa pubblicata sulla stampa nazionale della scoperta della sismologa Silvia Ceramicola, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, del più  grande Canyon sottomarino del Mediterraneo di fronte le coste di Cirò Marina che si trovano a poche miglia marine dall’area di estrazione del metano Crotonese (Allegato 15). La scienziata dichiara essere un caso unico al mondo scoperto da poco, il settore marino si sta abbassando, mentre quello emerso si sta sollevando… sospettiamo che i canyon si stiano sviluppando rapidamente. Dopa aver fatto presente che tra i territori più a rischio c’è la Calabria continua precisando che i canyon mangiano i fondali progredendo con un ritmo anche di un metro al giorno verso la costa, “sono eventi catastrofici”, sottolinea la scienziata, simili a terremoti e tsunami, sono difficili se non impossibili da prevedere. Alte sono le probabilità di un disastro ambientale, così come evidenziato dai vari studi (Allegato 15) sull’impatto di un tale enorme e sproporzionato dispiegamento di attrezzature, mezzi e tecniche (AIR-GUN) con un grave, circostanziato ed imminente pericolo per l’ambiente, per l’incolumità dei cittadini di Crotone, per la salute, per la libertà e per il patrimonio. RILEVATO CHE L’attività di estrazione, situata a ridosso della riserva marina istituita con D.M. del 27 dicembre 1991 e successivo D.M. del 19 febbraio 2002 e ricoprente una superfice di 14.721 ettari che si sviluppano su un territorio di ben 42 km di costa tra i comuni di Crotone ed Isola Capo Rizzuto, sta pregiudicano inoltre l’ambiente marino circostante portando anche conseguenze negative alla flora ed alla fauna, la stessa preservazione dei fondali e la tutela delle coste sono a rischio, così come la morfologia sottomarina, caratterizzata dal proseguimento in mare dalle strutture di terra ferma, viene minacciata dalla subsidenza. Come dichiarato dalla Global Med, nelle integrazioni allo studio di impatto ambientale al paragrafo 12.12 (Allegato 16), “le attività per cui si chiede il permesso alla ricerca ed estrazione si collocano dunque in un contesto favorevole non solo dal punto di vista geologico ma anche logistico; infatti, la vicinanza delle principali infrastrutture già presenti ed attive nelle aree limitrofe renderebbero molto più agevoli le operazioni di commercializzazione delle risorse, all’interno di un ampio mercato di impianti e raffinerie, che unito ad un ottimo sistema di trasporti, consentono di rendere la produzione concorrenziale con altri operatori dell’area Mediterranea. Si porta l’attenzione, quindi, sulla propensione dell’area per una eventuale successiva fase di produzione, in quanto la Global Med si instaurerebbe in un contesto già avviato con centrali funzionanti, pertanto si parlerebbe solamente di allacciamento e non di costruzioni di nuovi impianti.”. Da quanto dichiarato, in buona sostanza, i cittadini devono attendersi una enorme rete sottomarina di tubi, allacci e condutture su un area di migliaia e migliaia di kmq, considerando l’area delle attuali concessioni, quella delle tre aree della Global Med oltre le 12 miglia marine e la richieste della Northern Petroleum LTD. EVIDENZIATO CHE In realtà il racconto della Global non è credibile oltre ad essere inquietante. Quanto affermato è la chiara rappresentazione del fatto che la Global Med non conosce assolutamente la zona, né tantomeno si è preoccupata di  effettuare studi approfonditi calando un parere preconfezionato dalle solite società che forniscono tali tipi di servizio; infatti non sa che in loco non esistono raffinerie, tantomeno un ampio mercato, non sa che non c’è un ottimo sistema di trasporti, parla di principali infrastrutture già presenti ed attive nelle aree limitrofe senza citarne alcuna, ed inoltre non sa che le principali vie di comunicazioni sono rappresentate da strette e rischiose strade statali. Cosa dire poi della grande mistificazione della realtà nel voler far credere di poter utilizzare la rete di Ionica Gas (lo Stato, proprietario di Ionica Gas, partecipa questi devastanti piani per il territorio?), costruita, studiata e realizzata per il gas naturale, al fine di trasportare invece petrolio, e cosa poi della pretesa di voler occupare i fondali marini ben oltre le concessioni richieste avanzando l’ipotesi di una enorme rete di allacci sottomarini che partirebbero dalle circa 3,78 miglia marine (cioè i 7 km dalla costa delle attuali piattaforme) fino ad arrivare ad oltre le 12 miglia (cioè 22 km dalla costa). Il racconto risulta inverosimile e assolutamente superficiale, e nella sciagurata ipotesi gli venisse concesso di realizzare un tale balordo progetto, oltre a tutti i gravissimi rischi già detti per il territorio, si creerebbe una immensa area marina occupata ed impraticabile per giunta a ridosso della riserva marina protetta di cui non si rinvengono casi simili probabilmente in tutto il mondo. A questo scenario ci sarebbe da aggiungere che le gigantesche piattaforme ora presenti stanno causano una menomazione grave anche al paesaggio costiero e marino, compromettendo così la vocazione turistica della costa ricadente nella riserva marina e nel parco Archeologico di Capo Colonna, mentre l’erosione provocata dall’abbassamento del suolo e delle coste  minaccia un patrimonio archeologico di inestimabile valore situato sul promontorio di Capo Colonna (i resti millenari del tempio di Hera Lacinia) . CONSTATATO CHE Il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) (Allegato 18) all’art. 35 dettando Disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi individua, tra l’altro, anche le aree inerenti al divieto alle attività di ricerca facendole coincidere con le zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette (il comma 1 recita <>); L’art. 35 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 dispone un divieto generale a tutela dell’ambiente e della pubblica incolumità, per cui la condotta vietata e la fattispecie ivi descritta non assume valore e contorni diversi se i “titoli abilitativi sono stati già rilasciati” all’entrata in vigore della legge o meno. TUTTO CIO’ PREMESSO si chiede di voler sospendere in via cautelativa le procedure di autorizzazione alla ricerca di idrocarburi ai sensi del d.lgs. 152/2006, come in oggetto, e conseguentemente esprimere parere negativo alle istanze per incompatibilità ambientale, incompletezza delle informazioni, travisamento dei fatti, irragionevolezza, difetto di logicità, principio di proporzionalità tra scopo e sacrifici degli altri interessi.

    Con osservanza. Crotone, 16/10/2015

     

    Dott. Commercialista Vincenzo Garrubba – Crotone 

    Più informazioni su