In morte di Roberto Mancuso

L'appassionato saluto di Filippo Violi a pochi giorni dalla scomparsa dell'Avvocato, più volte Consigliere Comunale ed ex Dirigente della Pubblica Amministrazione

Ciao Roberto, te ne sei andato così, all’improvviso, senza preavviso, lasciando un vuoto incolmabile dentro la mia persona, difficile da riempire con il sentimento e la ragione.

Son passati un po’ di giorni dalle fatidica sera del venerdì 7 febbraio, ho attraversato notti insonni portandomi addosso il ricordo di una persona vera, viva come pochi, vulcanica che solo la maligna sorte ha deciso di spegnere, di mettere a tacere, questa volta per sempre.

Scrivo per dilatare il tempo che per molti anni ci ha tenuti uniti, legati da un filo d’acciaio, e mentre scrivo un nodo mi si attorciglia in gola, mi impedisce di deglutire, di ingoiare enormi quantità di saliva, pastosa, ferrosa, a tratti acida, carica di rabbia e dolore.

Sono stato molto combattuto nello scrivere qualcosa in tua memoria, però conoscendoti so che in fondo t’avrebbe fatto molto piacere.

Sì!, perché in fondo la tua enorme sensibilità solo pochi riuscivano a capirla, a vederla.

Ti ho dedicato pagine intere di letteratura, come giusto riconoscimento verso un personaggio che ha rappresentato un grido ribelle su questa terra, nonostante fossi seduto su una piccola torre di comando. 

Ora che dire di più, solo che Crotone ha perso un grande uomo, un piccolo eroe resistente, libero e genuino come pochi, e di certo per me e per i tuoi affetti più cari non sarà più come prima.

Le nostre lunghe chiacchierate al telefono o di fronte al tavolino di un bar ti ricordi?, dopo la tua quiescenza. A parlare di politica nazionale, di politica regionale, locale, io da situazionista tu da semplice democristiano doc., a ricordare il nostro vissuto, a raccontare del malaffare che regna sovrano e (quasi) indisturbato su questo piccolo angolo di terra.

Discorsi, pensieri, parole, buttati lì’ quasi per caso, per dono, accompagnati sempre da un velo ironico e sarcastico, condite da sberleffi e risatine giullaresche, che finivano per trascinarci dentro un vortice, in un mondo che sentivamo appartenesse solo a noi due.

Ho avuto il privilegio di conoscere fino in fondo il tuo spirito solare e battagliero, sempre in trincea, pronto a sacrificare la propria faccia per mettere a nudo quella altrui.

E io ch’ero sempre lì a ricordartelo: “Avvocà ma chi te lo fa fare, stupida è la città che ha bisogno di un eroe”, e tu che mi dicevi: “Dottò salvate i vostri figli e scappate da qui ca u chhiù puliti i tutti tena a rugna e potrei essere io”.

Era il lontano anno 2000 quando ebbi la fortuna d’incontrarti, di conoscerti.

Per uno scherzo del destino fui assegnato al settore avvocatura dell’ente Provincia di Crotone, dove tu ricoprivi il ruolo di dirigente.

Mi mandarono lì da te per punizione, dicendomi: “ti daremo pane duro per i tuoi denti”.

Seppur alle prime armi, da poco assunto, mi muovevo come una lumaca nella maestosa giungla della pubblica amministrazione, ma non mi scomposi minimamente, nemmeno di fronte al clamore che albeggiava sul volto dei dipendenti solo a sentire nominare il tuo nome.

Salii di sopra, al terzo piano, bussai al campanello della porta e, quando mi fu aperta, non ebbi  nemmeno il tempo di presentarmi che in modo agitato e convulso m’invitasti ad entrare velocemente, affrettandomi a chiudere la porta alle mie spalle.

Non ci misi molto a capire il perché, vivevi in uno stato di perpetuo isolamento, le tue uniche armi erano le prerogative di legge per il ruolo che ricoprivi.

Lottavi ansimando con tutte le tue forze per affermare la separazione dei poteri (cosa alquanto rara), viaggiando  “in direzione ostinata e contraria”,  cercando di cambiare il senso direzionale delle eliche dei mulini a vento.

E quando per la prima volta mi trovai di fronte a te per spiegarti il motivo della mia presenza, ti chiesi subito alleanza e tu, con un che di meraviglia, prendesti il cuore e lo mettesti sul tavolo, a mia completa disposizione.

Da lì nacque una grande amicizia, un sodalizio tra noi che ci permise di condurre negli anni numerose battaglie, scontrandoci aspramente più volte con i poteri forti, con poteri istituzionali e non.

Ora ti vedo lì, disteso, rigido come un sasso, in quell’involucro di mogano massiccio pronto per essere murato, per sempre.

Ho riso, ho pianto.

Ho masticato amaro, ho sudato e mi sono agitato.

Me ne sono andato pensando che “è stato meglio lasciarti che non esserci mai incontrati.

Che la terra ti sia lieve.

Filippo Violi