A Crotone il Coronavirus sarebbe flagellante. Molto più che altrove.

Fabio Tomaino (UIL): "La provincia di Crotone appare una delle zone più vulnerabili, in quanto scarsamente fornita in termini di infrastrutture materiali e immateriali"

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E’ di oggi la notizia del primo caso di Coronavirus certificato nella provincia di Crotone.

Ed oggi più di ieri si rende necessario cambiare le nostre abitudini, abbandonare ogni forma di egoismo e diventare, tutti assieme, cittadini responsabili.

Un’attenzione particolare va riservata a quei lavoratori che ogni giorno si recano in luoghi di lavoro dove la contaminazione presenta rischi fin troppo evidenti.

Come all’Abramo Customer Care, per esempio, dove migliaia di persone compiono il proprio dovere, ogni giorno, in un contesto igienico-sanitario critico, anche se più volte denunciato.

Ad oggi, infatti, non vengono assicurate condizioni essenziali di igienicitá.

E dove si registra una colpevole e reiterata assenza di presidi sanitari; di sanificazione giornaliera delle postazioni; della disponibilità di saponi e gel disinfettanti nonché il mancato rispetto delle distanze minime di sicurezza.

Condizioni che, in buona sostanza, finiscono per agevolare la diffusione di una qualsiasi infezione.

Ed oggi quell’infezione si chiama COVID19.

Un esempio di irresponsabilità che rischia di compromettere la salute dei dipendenti e l’indebitamento di una condizione economica e produttiva già gravemente messa a dura prova da una crisi perennemente in agguato.

Ma è tutto il nostro territorio che, dal punto di vista sanitario, non può permettersi una crescita esponenziale del contagio, perché, intanto, significherebbe privare le poche strutture sanitarie di posti letto probabilmente destinate a pazienti con gravi patologie e poi perché appesantirebbe un tessuto sociale ed economico già compromesso da una crisi cronica.

E’ indispensabile un investimento straordinario e immediato da parte del Governo in favore della nostra sanità pubblica, che sblocchi le assunzioni e avvii un’azione economica importante che restituisca dignità a tutti quei calabresi che, frequentemente, affrontano viaggi della speranza per curarsi, producendo, tra l’altro, una migrazione sanitaria di oltre 300 milioni all’anno.

Ma, nostro malgrado, quelli che dovrebbero essere i riferimenti politico-istituzionali della nostra realtà sono fin troppo distratti, o particolarmente impegnati in campagne elettorali sotto traccia, per accorgersi che la Calabria viene definita dal Ministero della Salute “regione a rischio per la gestione dell’epidemia”.

E se la regione non è dotata di strutture specifiche, dedicate alla cura e al contrasto del contagio, la provincia di Crotone appare una delle zone più vulnerabili, in quanto scarsamente fornita in termini di infrastrutture materiali e immateriali.

Sarebbe pertanto opportuno costituire un’unità di crisi, sotto la guida del Prefetto e irrobustita dalla presenza delle parti sociali e produttive, per monitorare con estrema attenzione anche le possibili ricadute economiche, occupazionali e sociali, che provocherebbe un’eccessiva esposizione all’epidemia.

Bisognerebbe, altresì, attivare tutte le misure di prevenzione a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, intraprendendo, con il supporto degli organi di vigilanza e delle forze dell’ordine, azioni di sensibilizzazione e controllo, verso tutte le imprese, pubbliche e private, al fine di evitare condizioni di grave rischio per i lavoratori e per le stesse aziende.

Dimostriamo, questa volta più che mai, di essere capaci di proteggere la nostra comunità, i lavoratori, le famiglie, gli amici e i conoscenti, tenendo il più possibile a bada il rischio di un contagio troppo generalizzato.

Dimostriamo di essere, perché lo siamo, una società matura e solidale.

 

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