Sculco: “La zona rossa in Calabria è colpo mortale alla nostra economia”

"È un Dpcm che decide di tutelare le aree produttive del settentrione a danno degli apparati economici e delle attività produttive del meridione"

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Riceviamo e Pubblichiamo:

La situazione sanitaria ma anche economica e sociale sta peggiorando non solo a causa della pandemia ma anche di scelte governative confuse e inadeguate al territorio. L’ultimo Dpcm che istituisce un regime di chiusure differenziate a seconda della fascia di rischio contagio Coronavirus alla quale appartiene ogni Regione, e divide l’Italia in tre aree (rossa, arancione, verde), è l’esempio lampante di quanto questo Governo sia lontano e distante dal Sud, dalla Calabria ed in modo particolare dalla nostra realtà territoriale.
La scelta di inserire o meno la nostra regione tra le aree rosse, dove è previsto il divieto di mobilità e la chiusura dei negozi, bar e ristoranti, di tutte quelle attività, cioè, definite non essenziali, è basata su 21 criteri tra cui l’indice Rt, il numero di casi sintomatici, i ricoveri, l’occupazione di posti letto sulla base dell’effettiva disponibilità.
Ed è proprio su questo ultimo criterio che la Calabria potrebbe diventare zona rossa, cioè su quel criterio che dipende dalla gestione della Sanità che, ricordo, nella nostra Regione è commissariata da, ormai, tempo immemorabile.

Per essere più chiari, la Calabria diventa zona rossa per scelta del Governo e a causa del Governo che, in tutti questi anni non ha saputo gestire la Sanità in questa regione. Il Governo non solo non ha risolto i problemi della sanità calabrese ma ne ha aggravato anche la gestione finanziaria ampliandone il debito. Divenire zona rossa significherebbe, per la Calabria, un colpo mortale alla nostra già fragile economia. È chiaro che scegliere di tutelare in modo particolare il settore industriale significa non tutelare la specificità della nostra regione ma di quelle del nord.
È un Dpcm che decide di tutelare le aree produttive del settentrione a danno degli apparati economici e delle attività produttive del meridione. Commercianti, imprenditori agricoli, ristoratori ed esercenti hanno fatto sforzi enormi per rispettare tutte le norme anticovid imposte dal governo. I nostri imprenditori si sono impegnati e hanno fatto investimenti seri e consistenti per la sanificazione e la sicurezza dei loro luoghi di lavoro e dei loro dipendenti. Si può dire con assoluta tranquillità che noi abbiamo fatto il nostro dovere, mi chiedo quando il Governo farà il proprio.

Ancora una volta si sta perpetuando una tesi che ci tortura da decenni: lo Stato, l’attività di Governo si manifesta solo e soltanto attraverso azioni di controllo e di repressione, così com’è stato in questi mesi soprattutto verso gli operatori del settore ristoro, e non si concretizza mai in azioni e in forti politiche di sostegno alla nostra economia. Se dobbiamo differenziare le chiusure, non vanno differenziate soltanto in base “ai colori” ma anche in base alle peculiarità di ogni singola Regione, soltanto così si tutela non solo la salute ma anche la tenuta economica e sociale di una nazione.

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