Rigenerazione e riabilitazione urbana: serve partecipazione attiva e diretta dei cittadini

Lentini : "Una rivoluzione copernicana, in cui il centro e la periferia s'integrano e si mischiano con uno sguardo rivolto ai luoghi"

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Riceviamo e Pubblichiamo:

Leggendo e curiosando sui social mi accorgo, mi sto accorgendo, che il tema della qualità e della bellezza urbana, da argomento di pochi eletti e, nel passato, affrontato prevalentemente al chiuso di quattro mura, è diventato, sta diventando, di dominio pubblico. Un bel passo in avanti. In cui si alternano molte, tante, proposte.  Alcune di buon livello e di un certo interesse, altre meno credibili, come quelle che, per esempio, legano il decoro e la bellezza solo all’ordine e alla pulizia, con relative richiesta di sanzioni e punizioni, auspicando, i più esagitati, financo punizioni corporali contro i trasgressori. Posizioni che trovo nostalgiche e ridicole, in cui a prevalere è il senso comune piuttosto che il buon senso. In ogni caso, ribadisco, un segno di crescita e di consapevolezza civica nuova, un vento di cambiamento che aleggia nella nostra città e nel nostro territorio, nonostante nell’aria soffi un sentimento di populismo e di demagogia, duro a morire, e nonostante il perpetuarsi di grossolani errori e di disastrosi fallimenti. E in questa discussione a più voci e, per alcuni aspetti, intrigante m’inserisco, cercando di dare il mio contributo. Inizialmente con alcune brevissime annotazioni di carattere storico relative alla nostra città a cui farò seguire alcune riflessioni specifiche e puntuali sulla rigenerazione e riabilitazione urbana.
La storia della città di Crotone è una storia antica che, a differenza anche di altre città calabresi e meridionali, ha conosciuto secoli di marginalità e di isolamento, anche e non solo, a causa della pericolosità e malsanità del suo territorio. Durante il Novecento, per ragioni economiche e produttive, Crotone ha vissuto una fase di ammodernamento che contribuì a far acquisire alla città il ruolo di centro nevralgico del Marchesato crotonese. Il degrado successivo, quello degli anni a noi più vicini, è figlio non solo della perdita del ruolo d capitale produttiva quanto alla mancanza di una visione di una città moderna che si modella sulla vivibilità e sull’ospitalità non solo sulla edificabilità e sulla volumetria. Davanti a noi, forse irrimediabilmente, si stagliano i resti di una città destrutturata e priva di un assetto urbano definito. Oscillante tra una vecchia impronta agraria ed una successiva di tipo industriale, che non ha mai conosciuto la gradualità nella crescita che ha ispirato, e ispira, le città moderne. Abbiamo “bruciato suolo” senza curare l’anima e il cuore di una città che ci chiedeva, e continua a chiederci, amore e passione, le uniche armi in grado di lenire le sue ferite. Per questa nostra sordità e cecità, continuata nel tempo, per riparare ai colpi micidiali subiti nel tempo, Crotone ha bisogno di ripartire da zero, senza soluzioni timide o, peggio, timorose.

Tralasciando la storia della nostra città, meritevole delle attenzioni di studiosi all’altezza e senza paraocchi nostalgici di un tempo passato che mai più ritornerà, per le enormi contraddizioni che, in maniera conflittuale, in essa convivono, mi accingo a svolgere alcune riflessioni su una mia visione che riguarda i temi della rigenerazione e riabilitazione urbana. Partendo con il dire che nel momento in cui si decide d’intervenire in un contesto urbano degradato e umiliato e si decide di rigenerarlo e riabilitarlo, bisogna fissare alcuni punti fermi. Iniziando con l’operare una distinzione netta tra il centro cittadino, il centro storico e le periferie. Distinzione non sempre ovvia. E non sempre tenuta nella giusta considerazione. E che, invece, va tenuta presente non tanto per una questione legata all’importanza del luoghi che differenziano il centro e le periferie che, il più delle volte, in molte città, a Crotone in particolare, non esiste. Essendo Crotone un’unica e grande periferia che parte dal centro storico e arriva nelle periferie poste sia a nord e sia a sud dell’abitato. La distinzione di cui io parlo è legata solo alla memoria che in quei luoghi, il più delle volte non luoghi, dimora e che, in quei luoghi, si nutre. Mi spiego meglio. Gli interventi di rigenerazione e riabilitazione urbana nei luoghi del centro cittadino e del centro storico hanno una relazione stretta, strettissima, con la memoria individuale. E con la memoria collettiva. Se, per restare nella nostra città, si decidesse di realizzare un intervento di rigenerazione e riabilitazione urbana in Piazza Duomo, si dovrà sapere che quell’intervento avrà un peso e un incidenza che toccherà la memoria personale di ognuno di noi. E toccherà la memoria collettiva della nostra comunità intesa non come mero aggregato delle tante memorie individuali corrispondenti al numero dei crotonesi residenti ma come inveramento. Di una memoria collettiva quindi che non distrugge, non divora, non fagocita le memorie individuali ma le ingloba, le supera e le trascende. Per questi motivi quando s’interviene nei luoghi della memoria individuale, della memoria collettiva, gli accorgimenti devono essere molteplici e non lasciati al caso, peggio al pressapochismo e alla superficialità.  O ancor peggio rifacendosi ad uno stile stereotipato in cui, in nome di un globalismo imperante che mortifica e non tiene conto del localismo, tutto è uguale a se stesso e in cui, per esempio, il centro storico di una città del meridione italiano diventa simile al centro storico di una qualsiasi città europea. Ed allora, entrando nello specifico del centro storico di Crotone , che è il motivo scatenante e provocante  del mio intervento, qualsiasi intervento di rigenerazione e riabilitazione urbana deve partire dalla conoscenza dei luoghi e dalla conoscenza degli uomini e delle donne, autoctoni o meno, che in quei luoghi abitano e vivono . E dalla successiva constatazione dello stato di consistenza e conservazione di quei luoghi. Partendo da qui, dallo stato dei luoghi, va ideato, pensato, scritto e realizzato un progetto di rigenerazione e riabilitazione urbana. Un progetto che, a mio parere, non può che partire dall’eliminazione degli elementi inutili e superflui che nel tempo hanno stravolto, immiserendola, la memoria di quei luoghi. Eliminando, con l’aiuto e il consiglio di esperti urbanisti, le superfetazioni e gli eccessivi fronzoli e orpelli nati sotto la spinta di impellenti esigenze abitative e, in alcuni casi, di bisogno di sicurezza indotto artatamente dalla propaganda populista e sovranista a causa della presenza di uomini e donne venuti da lontano e considerati “altri” da “noi”. Eliminando, per entrare nello specifico, anche quelle operazioni di “street art” che mal si conciliano con la sobria maestosità e la severa imponenza del nostro centro storico. Riabilitando, quindi, lo stato dei luoghi in cui vivono le persone in carne ed ossa. Ripristinando i caratteri e le peculiarità dei rioni. Rivalutando il percorso delle piazze. Dei palazzi nobiliari. Delle chiese. E dei luoghi della cultura. Favorendo iniziative pensate e create su misura per le arti e gli antichi mestieri tipici di quei luoghi.

In definitiva un progetto di rigenerazione e riabilitazione urbana, complesso, integrato e realizzabile gradualmente, che, partendo dalla parte più antica, si estende e coinvolge tutto il resto della città. Con la partecipazione attiva e diretta dei cittadini. Di tutti i cittadini. Dei comitati di quartiere. Delle associazioni culturali. E di volontariato. Una rivoluzione copernicana, in cui il centro e la periferia s’integrano e si mischiano con uno sguardo rivolto ai luoghi, ancorché divenuti nel tempo non luoghi, in una continua e costante ricerca di armonia e di bellezza. Smarrite ma non perse. Almeno sino a quando saranno vivi in noi la cultura, la tenacia, l’anima e la voglia di stare insieme.

Giovanni Lentini

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