Pandemia: cosa stiamo facendo per le persone fragili e con disabilità?

Preocpio analizza la situazione: "chiedo che a tutti i livelli si faccia gioco di squadra e si faccia sintesi a partire dal livello politico, sociale e sanitario".

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Riceviamo e Pubblichiamo:

In questi giorni in cui, agevolati da una minore aggressività della pandemia in corso, godiamo di una maggiore libertà di movimenti e di spostamenti e anche e soprattutto di pensiero, mi sono chiesto come sarà stata e come sarà la vita delle persone con disabilità, di chi già viveva in condizioni di svantaggio e fragilità prima del Covid19 . Che vita hanno condotto e che vita condurranno nei mesi e negli anni a venire, specialmente quelli che tra di loro, sfortunatamente, hanno perso i loro cari, i loro punti di riferimento. E una domanda che rivolgo non solo a me stesso ma a quanti hanno ruoli e responsabilità nella pubblica amministrazione nella consapevolezza che in quest’anno di pandemia le persone con disabilità sono state tra le più discriminate sia sul piano sociale (a causa delle limitazioni ai servizi e ai contatti sociali), sia su quello sanitario (soprattutto a causa della loro permanenza in strutture e istituti, nei quali si sono sviluppati anche focolai). La pandemia non ha fatto altro che amplificare la discriminazione sistemica e la mancanza di pari opportunità che le persone con disabilità subiscono nella loro ordinaria quotidianità. Ed allora la domanda, la prima, che cosa stiamo facendo per le persone con disabilità? Per quelli che non hanno più i genitori che li accudiscono? O che cosa stiamo facendo per quegli anziani che, straziati dalla vita e dal dolore, hanno dovuto lasciare i figli disabili in strutture, il più delle volte, inadeguate e inadatte? O ancora che stiamo facendo per quei ragazzi e quelle ragazze con problemi psichici che sono stati “costretti” ad allontanarsi dalle proprie case in quanto le famiglie non hanno più la forza fisica e , forse, anche economica per supportarli? Queste sono le domande che mi sto rivolgendo e che rivolgo all’intera comunità crotonese. Le prossime sfide delle città del futuro, e il futuro delle politiche sociali e dell’ integrazione, partono da queste interrogativi e dalla risposte che daremo e saremo in grado di dare. Partendo nel caso specifico da una legge dello stato, la legge n.112 del 22.06.2006. Legge da migliorare ed implementare. Da riscrivere totalmente, specialmente nel capitolo delle risorse, a questo riguardo ci viene in soccorso il Recovery Fund che stanzia 7,9 miliardi per l’assistenza di prossimità e la telemedicina. Si tratta di cifre importanti, ancorché verranno spese nell’arco di un quinquennio. Ma deluderanno se, oltre a immettere più risorse, non si accompagneranno ad un progetto di cambiamento che superi i limiti di molti servizi, quelli domiciliari e quelli residenziali in particolare. In ogni caso resta l’interrogativo fondamentale e principale, che ne sarà di queste persone dopo di noi?

Ecco perché chiedo che a tutti i livelli si faccia gioco di squadra e si faccia sintesi a partire dal livello politico, sociale e sanitario. E per questo mi rivolgo all’ amministrazione della mia città, capofila del distretto socio sanitario , affinché si dia applicazione alla legge n.112 , e si prepari un programma serio nel piano d’ambito del distretto , e si metta subito in opera la progettazione di una struttura pubblica, tra quelle di proprietà o da costruire, gestita dal pubblico che abbia un unico scopo quello di dare la speranza di una vita migliore ai disabili del nostro territorio e che , soprattutto, permetta alle loro famiglie , ai genitori di questi ragazzi e di queste ragazze di arrivare al termine delle loro vite in relativa serenità sapendo che ci sarà un dopo i loro, appunto, un dopo di noi. Il compito di una comunità è di occuparsi di tutti , in special modo dei bisognosi e degli ultimi. Non è un compito facile ma è l’unico che potrebbe fare la differenza per dare dignità e speranza alle persone fragili e svantaggiate.

La condivisione, la fraternità, la gratuità e la sostenibilità sono i pilastri su cui fondare un’economia , e una comunità , diversa. È un sogno che richiede audacia, infatti sono gli audaci a cambiare il mondo e a renderlo migliore.
Discorso del Santo Padre Francesco ai giovani del progetto Policoro della conferenza episcopale italiana del 05.06.2021

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