6 settembre 1993: un’occasione perduta

L'analisi di Carlo Turino che ritorna sulla famosa data de "la notte dei fuochi".

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Riceviamo e Pubblichiamo:

Era il tramonto del 6 settembre 1993, in una città ancora apaticamente addormentata nelle ferie estive, i primi bagliori dei fuochi accesi dai lavoratori illuminavano il grande insediamento industriale cittadino, residuo di quello che era stato, negli anni ’70, l’unico centro industriale della Calabria, iniziava la “notte dei fuochi”. Sono trascorsi 28 anni. In quel momento la cronaca diventava storia cittadina, ma soprattutto si creavano i podromi per una grande azione di rilancio dell’economia del territorio, purtroppo si trattò solo dell’ennesima occasione perduta malamente dalla classe politica dirigente di allora, una occasione ghiotta forse irripetibile, ma che nessuno seppe concretizzare. Eppure, da quella sera, Crotone divenne per dodici giorni oggetto principale di interesse e di studio da parte dell’opinione pubblica nazionale e, in parte, internazionale. I riflettori restarono accesi sulla città e mass-media, commentatori vari, giornalisti, perfino cineasti, riuscirono a trasformare in immagini la storia passata della città e del suo territorio provinciale e la crisi attuale, ma nessuno riuscì ad immaginarne il futuro. Ai collegamenti quotidiani in diretta di tutti i telegiornali, pubblici e privati, alle prime pagine di tutti i maggiori organi di stampa nazionale, all’interessamento dell’allora Presidente della Repubblica, persino alla voce del Santo Padre nell’angelus domenicale, si seppe rispondere solo con polemiche, divisioni, scontri politici e il risultato evidente fu di dimostrare all’Italia intera che nessuno aveva una benché minima idea di una progettazione per una linea di sviluppo, anche alternativo, dell’economia cittadina. Si deve tutto ai lavoratori dell’Enichem, ma soprattutto alla loro RSU se, dopo avere subito per anni tutta una serie di accordi nazionali, mai rispettati, che prospettavano riorganizzazioni industriali camuffando invece chiusure di interi reparti o produzioni e riduzioni delle unità lavorative, troncando di netto il cordone ombelicale con il sindacato locale e nazionale e con le forze politiche, in modo totalmente autonomo, si riuscì in quei 12 giorni ad unire in una vertenza collettiva l’intero strato sociale della città, i politici di ogni schieramento, il vescovo e la curia, le comunità pastorali, gli studenti, i commercianti, e l’intera popolazione.

Tutti scesero in piazza e i due punti della “rivolta”: la fabbrica e la stazione ferroviaria, la prima occupata dai lavoratori e la seconda dalle donne, divennero le sedi ideali e passionali della città. Forse l’unico grande errore di quei lavoratori fu proprio l’autonomia, il costringere politici e sindacalisti a stare fuori dalla scena, a costringerli ad inseguire l’opinione pubblica e la visibilità, a trasformarli in semplici comparse e questo fu un debito che i politici male-accorti riscossero di li a poco. Abbiamo letto tempo fa, il commento di un politico, che funestamente tracciava la cronaca di quei giorni come “periodo negativo per lo sviluppo cittadino”, forse perché allora fu superato, anche lui come altri, dalle vicende, ma costui dimentica che a fronte di una lenta ed inesorabile desertificazione dell’area industriale, preparata nei decenni precedenti, ma portata a termine dall’ENI che ne aveva ereditato la titolarietà (quasi a risarcimento di quella miniera che era ed è lo sfruttamento del metano pari al 17% del fabbisogno nazionale), per la prima volta nella storia Crotonese, si riuscì a portare al tavolo massimo di concertazione il governo, il padronato e l’intera città (non solo una rappresentanza sindacale) e si posero le basi per predisporre un piano di sviluppo, non più legato alla semplice rivendicazione dei lavoratori dell’Enichem, ma a tutte le attività esistenti, non più quindi un semplice compartimento stagno di una vertenza momentanea di una azienda, ma l’intero comparto economico della città. E, a rileggere oggi quell’accordo, si capisce come si fosse fatto un grande passo in avanti, perché in quel documento, firmato dalle controparti, con l’avvallo e l’impegno del Governo, ma anche della Regione Calabria, della Provincia di Crotone, del Comune della città capoluogo, ecc, si parla del futuro della Pertusola, delle eventuali alternative industriali predisposte in alternativa all’Enichem, si parla, per la prima volta, della famosa centrale elettrica a turbogas, , ma soprattutto si prevede l’intervento pubblico per evitare l’isolamento geografico del territorio, con particolare riferimento al porto di Crotone, alla 106 e all’aeroporto (allora chiuso), alle infrastrutture necessarie ed infine si ottenne una cosa sensazionale di cui pochi capirono l’importanza e che fu vanificata dall’egoismo politico e dall’ingordigia economica.

Per la prima volta (e forse unica) nella nostra storia si decideva che un finanziamento pubblico ed in parte privato, la sovvenzione globale, non cadesse a pioggia sul territorio gestito dall’alto, ma venisse affidato alle idee ed ai progetti dei rappresentanti del territorio, di chi a Crotone ci viveva e ci operava, in un consorzio all’interno del quale la presenza locale era parte determinante. Quindi ai Crotonesi i soldi per avviare il loro futuro e ad essi la responsabilità di progettarlo. Il risultato fu disastroso, denunziato sulla stampa, dopo pochi mesi proprio dai rappresentanti dei lavoratori che avevano raggiunto quei risultati e che poi erano stati messi da parte, sul consorzio si litigò politicamente per la presidenza, si ruppe l’asse politico DC-PDS che reggeva l’amministrazione comunale di allora, si crearono nuove aggregazioni politiche e i fondi, che avrebbero dovuto segnare la ripresa economica ed il reinserimento in essa dei lavoratori espulsi dalle fabbriche in crisi, furono dispersi in mille rivoli diversificati, dai finanziamenti alle pasticcerie ed alle pizzerie fino al contributo a qualche attività commerciale, artigianale o di servizio di poco conto, senza creazione di nuovi posti di lavoro, senza neanche un solo operaio ex-Enichem interessato, verso un futuro come al solito oscuro, tanto è vero che ad oggi, 15 anni dopo, di quella sovvenzione globale, nulla è rimasto, in termini di opportunità di lavoro, sul territorio. Altro che linee guida per lo sviluppo futuro, la classe politica di allora perse quell’occasione storica e si predispose ad inaridire tutto quello che sorse dai fuochi dell’Enichem, né tutte quelle che sono seguite, comprese le ultime due, hanno saputo rilanciare, ma si sono adeguata ad un clima di inaspriti litigi interni, dimenticandosi del contratto d’area, dei suoi fondi sperperati senza alcuna realizzazione, e di tutti quelli strumenti che Crotone ottenne solo grazie alla lotta dei lavoratori dell’Enichem.

Carlo Turino

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