Il lavoro preferito dalle istituzioni crotonesi? Chiacchiere!

E' ormai noto come le "chiacchiere" siano il dolce tipico del nostro caro primo cittadino. Ma a Carnevale è ammesso e concesso, se vogliamo. In fondo il primo cittadino è abituato, non solo in questo periodo, ad indossare maschere.

E’ ormai noto come le “chiacchiere” siano il dolce tipico del nostro caro primo cittadino. Ma a Carnevale è ammesso e concesso, se vogliamo. In fondo il primo cittadino è abituato, non solo in questo periodo, ad indossare maschere. Lo ha fatto in campagna elettorale, lo fa tutt’ora che indossa la fascia tricolore. In una città martoriata da mancanza di lavoro, da una sanità malandata e da giovani snobbati dall’intera giunta, l’occupazione principale dell’illustre sindaco è quella di battere e controbattere a suon di comunicati a chiunque non la pensi a suo modo, ribadendo sempre quel concetto di “cambiamento in atto”, peccato però che lo veda solo lui e i suoi pochi accoliti. Se per cambiamento intendeva far affondare definitivamente la città, beh allora forse l’impresa gli è riuscita. Infatti, mentre si perde tempo a scrivere comunicati, la città sprofonda sempre più nel baratro. Un vecchio detto diceva: Se l’asino riceve troppa attenzione finisce per credersi un leone. Un consiglio, mi consento di darlo anche agli illustri consiglieri che preferiscono abbassare lo sguardo e tacere, piuttosto che farsi portavoce dei cittadini che li hanno eletti. In fondo, se non si vive la città, se non si ha il dono dell’ascolto e l’umiltà di aprirsi agli altri difficilmente lo si può comprendere. Mentre la giunta è intenta ad asservire il signore di turno (forse a questo asseriva l’illustre consigliera?) assumendo gente di altre graduatorie; i crotonesi sono costretti a fare le valigie e andare via. Proprio qualche giorno fa, la struggente lettera di un padre al figlio ha messo in evidenza questa triste piaga. Figli di questa terra che per affermarsi nella vita e preservare la propria dignità sono costretti ad andare via. Ieri, l’ennesima ferita, quella inferta ai dipendenti dell’Abramo. Uomini e donne, padri e madri già minati dal taglio stipendi e che ora rischiano di perdere il proprio lavoro. Sarà capace con un singolo incontro, senza neanche aver dato la delega al lavoro, il nostro sindaco a salvare il salvabile? A restituire dignità a questi lavoratori o assisteremo nuovamente ad un ennesimo tragico epilogo? Il cambiamento lo si attua con i fatti, veri e concreti, non con i proclami tanto cari al primo cittadino e all’assessore di turno, ricordo all’assessore Bossi che più di quaranta giorni sono trascorsi e dell’apertura della piscina olimpionica ancora nessuna traccia. Un passo alla volta è il motto tanto caro a questa amministrazione abile a far passare l’ordinario per straordinario e di fare tante chiacchiere pur di distogliere l’attenzione dai problemi seri, perché asservire poteri forti è forse più conveniente che rispondere alle richieste di aiuto dei cittadini. In fondo, un detto dice: Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. A buon intenditor poche parole.