Nella gestione dei rifiuti la termovalorizzazione non è antitetica al riciclo

Alessio Critelli: "Il territorio crotonese potrebbe e dovrebbe proporsi quale hub infrastrutturale"

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    riceviamo e pubblichiamo:

    Egregio Direttore, gli ultimi mesi e, soprattutto, le ultime settimane, dal versante Europeo e poi nazionale, hanno riacceso i riflettori su temi le cui implicazioni geopolitiche hanno effetti e ripercussioni anche sul piano locale.
    Tutte questioni che non sembrano interessare la rappresentanza politica e istituzionale e tutto ciò che ne è a corredo. Temi che, per diversi motivi, pur riguardando direttamente il territorio Crotonese vengono vissuti fatalisticamente, privi di visione e in conflitto permanente. Le riflessioni che condividerò con Lei e, spero, con i suoi lettori, in questa e nelle prossime occasioni, hanno lo scopo di fornire un contributo di merito al dibattito, e in contraddittorio con chi si trincera su  posizione ideologiche e pregiudizievoli che mal di conciliano con la fase complessa ma altrettanto gravida di opportunità. Nell’ordine, vorrò riflettere su: gestione dei rifiuti e termovalorizzazione; approvvigionamento idrico e siccità; GNL e produzione energetica. In merito agli impianti di termovalorizzazione, oggetto di questa mia prima riflessione, chiarisco subito la mia posizione favorevole alla suddetta tecnologia.
    La termovalorizzazione infatti, al contrario di quanto sostengono i detrattori della stessa, non deve essere inquadrata quale soluzione di gestione dei rifiuti antitetica al più nobile riciclo, né tantomeno la soluzione, come sostengono gran parte dei favorevoli, per sgombrare le strade cittadine invase dal pattume. Al contrario, la termovalorizzazione si inserisce, nel quadro di una economia circolare dei rifiuti e in accordo con la tassonomia europea, quale tencologia complementare ed essenziale per realizzare una gestione circolare e sostenibile del ciclo dei rifiuti. L’obiettivo delle politiche comunitarie in tema dei rifiuti infatti, pongono come obiettivo imprescindibile per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione la graduale riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti, stabilendo, al 2035, una percentuale di conferimento non superiore al 10% dei rifiuti totali prodotti. L’Italia, ad oggi, conferisce oltre il 22% dei rifiuti in discarica. Al sud questa percentuale arriva al 31%, causata da una ingiustificaa carenza impiantistica e una percentuale di raccolta differenziata inferiore rispetto al resto del Paese. Numeri che hanno un gravissimo impatto sia in termini di costi sulle famiglie che di sostenibilità ambientale, dovute ai pericoli di inquinamento delle falde sulle quale sorgono le discariche, sull’aria circostante e all’emissione di climalteranti dei rifiuti biodegradabili soggetti a naturale decomposizione in assenza di ossigeno con emissione di gas ad elevato tenore di metano. Che ci piaccia o no, non tutti i rifiuti prodotti dalle attività umane sono riciclabili. Una percentuale significativa, quella dei rifiuti non riciclabili e, quindi, non trattabili, che si compone di tre contributi: rifiuti non riciclabili per limiti tecnologici o pericolosità del rifiuto stesso; rifiuti non opportunamente differenziati dai cittadini; scarti degli impianti di trattamento per il riciclo del differenziato. Alla luce di quanto sopra, la termovalorizzazione quindi assume il ruolo di tecnologia complementare ed essenziale per arrivare, finalmente, alla chiusura definitiva delle discariche.
    I termovalorizzatori di ultima generazione, oltre ad emettere il 90-95% in meno di gas inquinanti rispetto ad una discarica, permettono di produrre energia elettrica ed energia termica senza ulteriore consumo di combustibile, riducendo ulteriormente, nel bilancio complessivo di decarbonizzazione, l’emissione di inquinanti e climalteranti.
    In Italia, nel 2020, i termovalorizzatori presenti sul territorio, hanno trattato oltre 2,3 milioni di rifiuti, sottraendoli dal ciclo delle discariche, con una produzione di circa 4,5 milioni di MWh di energia elettrica e 2,3 milioni di MWh di energia termica, una quantità in grado di soddisfare il fabbisogno di 2,8 milioni di famiglie. Inoltre, una parte dei materiali di scarto della termovalorizzazione sono ulteriormente riciclabili e dai quali possono essere ottenuti materiali per l’edilizia, riducendo ulteriormente il volume dei rifiuti. In conclusione, una economia circolare può essere realizzata solo attraverso una perfetta complementarietà tra diverse soluzioni impiantistiche.
    Infrastrutturare il territorio in tal senso risulta essenziale per una corretta politica di gestione dei rifiuti, oltre che una straordinaria occasione si sviluppo economico ed occupazionale. Il territorio crotonese dovrebbe proporsi quale hub per la realizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti differenziati al fine di ottenere nuova materia prima vergine pronta per essere riutilizzata. Parimenti, occorre realizzare impianti di digestione anaerobica per la produzione, dal rifiuto organico, di biogas e biometano, sottraendo questi materiali dal conferimento in discarica. Infine, laddove i limiti tecnologici non permettono il riciclo e la collaborazione dei cittadini  è carente, occorre dotarsi di un impianto di termovalorizzazione di ultima generazione per porre fine, una volta per tutte, alla dannosa pratica del conferimento in discarica. Qualora si nutrissero dubbi in tal senso, sarebbe utile e di buon senso guardare ad altre e più emancipate esperienze come nel caso del nord Europa quali Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia che, oltre ad aver quasi annullato il conferimento in discarica, acquistano dal mercato estero rifiuti per soddisfare i fabbisogni energetici dei propri cittadini. (Alessio Critelli)

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