Crotone da città industriale a città della cultura e delle attività culturali

Lentini: "Una città che oggi appare ripiegata su stessa. Rassegnata. E disperata".

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Per oltre mezzo secolo Crotone è stata una “factory town”. Una delle poche città industriali del Sud Italia, l’unica in Calabria.
Una città che, dopo essere diventata nel tempo sede di un importante distretto industriale imperniato su un sistema produttivo incentrato sulla metallurgia, sulla chimica e sull’agroalimentare , a cavallo degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso ha conosciuto un momento di grave crisi, coincidente con l’avvio dei processi di globalizzazione, con il cambiamento radicale dei modi di competere da parte delle aziende e con le scelte delle imprese industriali di delocalizzazione produttiva. E Crotone, prima di altre città italiane, ha assistito prima a un profondo ridimensionamento e poi ad una totale e inaspettata, almeno nei termini in cui è avvenuta, dismissione del proprio apparato produttivo. E quel processo industriale impetuoso e straordinario che aveva portato la città ad essere una delle più grandi realtà urbane della Calabria e del Mezzogiorno ha lasciato sul campo macerie. Macerie che hanno minato e continuano a minare alle fondamenta la città. Una città che oggi appare ripiegata su stessa. Rassegnata. E disperata. Sempre più isolata. E sempre più periferica. Una città che conta sempre meno residenti e che per i giovani, e non solo per loro, molto più che nel passato,  non è più la terra del ritorno ma solo della partenza. In compenso è divenuta una città che conta sempre più “ospiti”. Uomini e donne provenienti da tutte la parti del mondo che, invece di essere una risorsa potenziale, sono relegati ad un ruolo di marginalità e di sofferenza. E con una parte considerevole del suo tessuto urbano composto da aree industriali dismesse e nocive.
Viene da chiedersi cos’è successo o ,meglio ancora, cosa non è successo per determinare una situazione di totale abbandono e contemporaneamente di grandissima rassegnazione?
E’ successo che a partire dagli anni ’90, e forse ancor prima, la città si è colpevolmente abbandonata ad atteggiamenti nostalgici per un passato che non sarebbe più ritornato, invece di reinventarsi lavorando, con consapevolezza, su due direttrici fondamentali:

  • non smarrire le proprie radici industriali, che erano la forza storica della città, ma riqualificarle con un livello di specializzazione tecnologica più alto, così da poter competere a livello globale.
  • arricchire le proprie radici con nuove vocazioni. La città si sarebbe dovuto rendere conto che la sua vocazione industriale non sarebbe stata sufficiente da sola a garantire la prosperità come in passato e che era quindi necessario allargare lo spettro delle proprie eccellenze. E avrebbe dovuto farlo nella direzione di tutto ciò che è economia della conoscenza: ricerca e start up (in collegamento al suo background industriale), sistema formativo . E cultura.

La cultura era stato un elemento attorno al quale si era costruita l’identità della città e investire in cultura avrebbe dovuto essere, e dovrebbe essere strategico, perché in epoca di globalizzazione la competizione non è più solo fra imprese, ma anche e soprattutto fra territori. I territori attrattivi e genuinamente accoglienti hanno un più alto tasso di sviluppo e un più alto tasso di opportunità. Investire in conoscenza, ricerca, formazione e cultura rende un territorio ricco, e un territorio ricco è interessante e appetibile non solo per chi ci vive ma anche per chi ci investe e per chi vorrebbe trascorrervi le ferie. La cultura avrebbe dovuto e deve essere per Crotone un elemento costitutivo di un modello di sviluppo territoriale, non un elemento aggiuntivo. Non stiamo parlando di immaginare un modello di sviluppo e poi spruzzare sopra un pò di cultura, ma di rendere la cultura il perno attorno al quale si costruisce l’identità della città.
In questo quadro così delineato la linea strategica da porsi è promuovere Crotone come città di cultura. E, conseguentemente, come città di sport. Di commercio. E di turismo. Una città di turismo alla fine di tutto questo percorso e processo, non prima, altrimenti si rischia di disperdere anche quel minimo di lavoro che si sta portando avanti.
E allora, da oggi in poi, che fare? Per prima cosa si deve partire dalle istituzioni culturali e dal patrimonio culturale esistente e progressivamente investire nelle industrie culturali; e poiché la cultura è identità bisogna partire dalla valorizzazione di competenze, di eccellenze e tradizioni che in parte già sono presenti in città.
Il primo passo deve riguardare l’investimento sul patrimonio culturale : valorizzazione del museo e del parco archeologico di Capo Colonna , valorizzazione del museo nazionale archeologico , valorizzazione del castello Carlo V e del museo civico , riscoperta dell’antica Kroton e creazione di parchi archeologici urbani diffusi , restauro di monumenti , di palazzi nobiliari e di chiese,  riqualificazione di piazze e di viuzze del centro storico,  realizzazione del sistema delle istituzioni culturali cittadine (teatro , biblioteca comunale e biblioteche di quartiere , archivio storico , conservatorio musicale , auditorium, accademia di belle arti , pinacoteca ed emeroteca , convitto nazionale ).  Con il passare degli anni, e duole dirlo, purtroppo, l’offerta culturale cittadina non solo non si è arricchita ma è andata depauperandosi E Crotone oggi non è una città in grado di gestire progetti ed eventi culturali nazionali e internazionali, così come istituzioni specializzate.

In questo senso si devono scandire le fasi di sviluppo del processo di trasformazione strategica con alcuni eventi internazionali che fungano da motore di sviluppo e promozione internazionale: penso al Festival dell’Aurora, penso al Premio Pitagora, penso al Distretto  culturale urbano, penso al Maggio Crotonese , penso al Premio letterario Crotone , penso alle regate veliche, penso alla pallavolo , penso al nuoto e alla pallanuoto e penso al calcio che deve , doveva , forse, essere  un evento paradigmatico da questo punto di vista perché potrebbe, poteva,  essere la prima grande occasione per una massiccia campagna di visibilità e di attrazione internazionale per la città. Questo sistema culturale così congegnato deve poi essere inserito in una rete di cooperazione internazionale stabile che crei una sinergia forte e coesa nell’area euro mediterranea, la riva sud d’Europa. Un primo risultato potrebbe essere che in questo modo, e solo in questo modo, Crotone potrebbe aspirare a diventare città turistica, in quanto l’offerta culturale potrebbe chiamare turismo, che a sua volta potrebbe giustificare ulteriori investimenti in cultura, in un continuo miglioramento della qualità.
Ne é pensabile di avere risultati se non concepissimo l’investimento in cultura come un asse strategico di sviluppo e se non considerassimo la cultura come parte integrante della vita della città, per i cittadini in primis. In questo, il legame con il tessuto produttivo deve essere fondamentale. Un primo asse di lavoro su cui puntare in maniera prioritaria potrebbe essere la cultura del cibo, che dovrebbe essere un’altra eccellenza della città e del territorio. Un altro asse di lavoro su cui puntare potrebbe essere l’individuazione e l’allocazione degli spazi inutilizzati e/o sottoutilizzati che devono diventare motore fondamentale della trasformazione urbana. Le aree industriali dismesse che all’inizio sembravano e continuano a sembrare il segno visibile e doloroso di un declino inarrestabile devono diventare una risorsa straordinaria, che devono essere riutilizzate per ripensare la città. E quegli spazi devono permettere una trasformazione urbana che non deve essere solo una trasformazione , e un’occasione , di carattere immobiliare, ma l’occasione di allocazione di nuove attività e di specializzazione territoriale. Questo processo così lungo e articolato, incentrato nella trasformazione urbana come segno e motore del cambiamento, deve modificare la cultura della città. Il modo di vedersi e di relazionarsi dei cittadini. Per oltre 50 anni, essendo stata una città industriale, solida, manifatturiera, in cui quello che contava era l’efficienza dei processi di produzione, in cui ricchezza e lavoro erano dati, la stabilità e la staticità erano un valore. Oggi Crotone deve essere una città in cui si deve affermare l’idea che il cambiamento è il motore della storia, che l’innovazione è il futuro.
Il primo segreto del successo della trasformazione di Crotone deve essere l’assoluta continuità di visione che porta costanza di investimento, perché non si cambia una città in cinque anni o dieci anni.  Ogni piano strategico, è bene ribadirlo, va costruito sui risultati raggiunti e non attesi e/o sperati. E su quei risultati va allargato lo spettro di attività in termini di orizzonte territoriale, varietà di direzioni di intervento, varietà di pubblici coinvolti.  In ambito culturale si deve inizialmente lavorare sulle istituzioni e sulle industrie culturali. Successivamente va posta l’attenzione al sostegno dell’imprenditorialità culturale e sociale Per arrivare infine alla promozione della cultura come fattore di trasformazione urbana e territoriale. Ma per fare tutto questo dovremmo attuare una rivoluzione di cultura. E rendere più efficace ed efficiente il coordinamento fra istituzioni Di qui l’idea di costituire una Fondazione per la Cultura. Una Fondazione che deve gestire il fundraising per 5 eventi internazionali in città, che complessivamente dovrebbero attrarre 250.000 presenze e che dovrebbe avere un volume di attività di oltre un milione di euro, di cui più di oltre il 50 % provenienti da una ventina di aziende regionali nazionali ed europee. E questo porta al secondo segreto del successo: un governo della cultura genuinamente partecipato. Crotone deve diventare centro di sperimentazione di modelli innovativi di governo della cultura e di collaborazione pubblico/privato. Governo della cultura in cui il comune deve fungere da regista della politica culturale della città. Regista non isolato e non autoreferenziale ma affiancato da un gruppo di lavoro composto dal presidente , o delegato, della regione Calabria , dal presidente , o delegato, della provincia di Crotone , dal presidente , o delegato, della camera di commercio, dal presidente , o delegato, degli industriali, dai presidenti o dai portavoce delle principali istituzioni culturali , dai presidenti degli ordini professionali , dagli imprenditori del settore turistico ed agroalimentare per condividere idee e progetti.
Un modello innovativo di governo della cultura in cui la disciplina della sostenibilità economico finanziaria deve stimolare la necessità di guardare con occhi nuovi le risorse presenti nel territorio e cercare nuovi modelli e forme di gestione collaborative e più partecipate.
Altre soluzioni io non ne intravedo ma questo, probabilmente, è un mio limite e di questo, come della lunghezza della mia nota, chiedo venia a chi mi legge.
Giovanni Lentini

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