Le rubriche di Crotone Informa - Geo Sfere

Antropocene crotonese

Per la 51^ Giornata Mondiale del Pianeta Terra, vi proponiamo una riflessione, geo-sofica a firma del geologo Antonio Giulio Cosentino, in previsione del documentario "Krotolocene".

Per la 51^ Giornata Mondiale del Pianeta Terra, vi proponiamo una riflessione, geo-sofica a firma del geologo Anotnio Giulio Cosentino:

“Dovunque, l’Olimpo non è che la superficie della terra”
(H.D. Thoreau – Dove ho vissuto e perché)

 È una prospettiva educativa che getta le basi di una cultura di convivenza con la Terra nel momento storico in cui la comunità scientifica si trova a decretare la “qualità” dell’Homo Sapiens introducendo un’epoca dedicata all’uomo recente – “Antropocene” – ed una dedicata a quello del futuro – “Novacene”. L’uomo co-evolutosi con l’ambiente, lo ha reso “paesaggio” al quale doversi riadattare di volta in volta. Ha “sterminato” tutti quanti facendosi “varco” sui confini locali. Ha dato fuoco alle foreste, ha tagliato il legname per l’agricoltura, ha navigato per commerciare, ha avviato le industrie, ha spinto fino alle sue estreme conseguenze la ricerca nella chimica-nucleare, ha generato guerre per l’accaparramento di risorse. Un continuo migrare che ha contaminato il territorio, mescolandone i contorni, s-fumando il centro dalle periferie dell’abitare e del vivere quotidiano.


(Prevedere l’imprevedibile)

Dalle città non si è più tornati indietro

La percezione odierna del nostro abitare è frammentata, insensibile ed incoerente, segnata da fratture che demarcano l’ambiguità dell’essere umano e la conseguente vulnerabilità del suo tessuto sociale. Ne sono un chiaro riflesso gli atteggiamenti violenti, improntati all’individualismo, all’opportunismo ed alla strumentalità (“cattivo antropocene”). Abbiamo ridotto la nostra sensibilità nei riguardi delle cose del mondo adottando degli habitus che vanno dalla disattenzione all’indifferenza, dalla fobia al “rifiuto” del mondo. Evidenze rintracciabili, soprattutto nei grandi centri urbani, in affermazioni e atteggiamenti tipici della “modernità-fluida” e della a-polidia, che “proclamano” prometeicamente l’adesione all’atopia (non appartenenza ad un luogo).

E così il “vicino” non significa più conosciuto, sicuro, familiare.

Continuiamo a “S-fregiare” la Terra che, già di suo, ha difficoltà a rimanere fedele a sé ‘stessa: cambia il proprio asse, la propria aria, il proprio colore, il proprio suono. Mai come adesso, in questo tempo pandemico, riusciamo a coglierne il pallore, la povertà e l’asservimento all’uomo. In piena “trappola evolutiva” l’Arca Terrestre, quella del “buon antropocene”, tenta di convivere con la futuristica arca spaziale impegnata nella ricerca di nuovi mondi da “terraformare”. Lo spazio e l’acqua su questa Terra sono finiti, urgono “pianeti abitabili”. Il detrito spaziale da esplorare non manca di sicuro. Al momento però è di questa Terra che dobbiamo occuparci con un certo riguardo ed una ritrovata “Coscienza Collettiva”, quella che spetta all’Homo Eligens capace di stringere in prima persona ed in-co-scienza, un “patto di territorialità”:

“Io posso compiere, da solo, i due terzi della riforma del mondo”
(H.D. Thoreau – Le tentazioni del Paradiso)

Il territorio locale deve abitato come una piattaforma di comunicazione (reale-virtuale), immersa nell’universo cosmo-politico europeo, orientato all’incremento della Capacità di ciascun soggetto, a bordo dell’astronave Terra, attraverso la diffusione di buone pratiche di cooperazione; fare in coscienza quel che è saggio fare, come prevedere, pianificare, recuperare e gestire l’incertezza e la vulnerabilità (la natura è sempre imprevedibile).
È uno spazio di riflessione in divenire – Conoscenza itinerante – che implica la partecipazione diffusa della “Comunità”, da cui derivare un quadro interpretativo “co-costruito” e riconosciuto come pertinente alle esigenze locali, prima ancora che globali, sebbene intimamente connesse. La profonda riflessione sulla territorialità, in riferimento al tema della prevenzione, mette in luce la necessità sociale di individuare modi e forme, per ridare, a chi abita il territorio, quella Capacità di orientarsi e conviverci in sicurezza e salute. Le problematiche da indagare non vengono definite aprioristicamente ma negoziate tramite un dialogo costantemente partecipato orientato alla costruzione di valori e prassi ampiamenti condivisi.

(Agorà Antropocenica)

“Siamo dunque mostri, mostri sempre affaccendati, multitasking, senza tempo e sotto un cielo vuoto, abitanti di una terra depredata e desertificata, sempre a caccia di un anestetico che ci impedisca di percepire l’abisso che ci si spalanca davanti”
(P. Mottana – La gaia educazione)

Le grandi conurbazioni, il crollo del verde pubblico e della bio-diversità, il cambiamento climatico, l’era pandemica e quella della “miseria sociale” sono fatti noti e convalidati. Le osservazioni neuro-scientifiche ci interrogano in questa direzione: Slow food o Slow brain? Velocità o Coscienza? Il pensiero cosciente esige il suo tempo. La prima misura fondamentale per riacquistare un rapporto con mondo è rallentare, prendere tempo. La lentezza favorisce le attività della riflessione e dell’immaginazione, impossibili sotto la pressione esercitata dal risultato veloce. Maturo significa a lungo termine e assicura una padronanza durevole di una certa abilità. Urge recuperare il “Pensiero delle Cattedrali”. E’ questa la prossima frontiera che l’uomo “bio-culturalmente” evoluto, sgravato dalla evidente obesità del recente Capitalocene (ambiente inteso come risorsa economica), si trova a dover varcare. Quella del prendere un impegno etico oggi i cui effetti saranno goduti da chi ancora non c’è o da chi è molto lontano da noi, e quindi non da noi.

(Il Drago di Cerenzia)

L’uomo artigiano

E’ un uomo “involuto”, mescolato e già diffuso come icona di una specifica condizione umana: quella del mettere un impegno personale nelle cose che fa. È l’uomo investito dal desiderio di svolgere bene un compito per il piacere che se ne trae. È evidente che questo non ha nulla a che vedere con criteri oggettivi di eccellenza tipici degli ambiti di competitività e prestazione. Il tempo lento dell’artigiano è fonte di soddisfazione perché consente alla tecnica di maturare, penetrare e radicarsi, di diventare un’abilità personale. Nel frattempo però stiamo rischiando. La famosa frase: “Si salvi chi può” deve diventare prima di tutto, “Ci si salvi da se-stessi”. Ci troviamo come nella posizione del profeta minore Giona, a dover scegliere in che direzione andare nel bel mezzo della “Catastrofe”. Diventa così cruciale aumentare la “Capacità/Resilienza della comunità terrena nei confronti degli scenari di rischio che ci siamo collettivamente predeterminati. Pensavamo di essere diventati invulnerabili e invece è saltato fuori un organismo di un decimilionesimo di metro (un pezzo di RNA con intorno una capsula di proteine) che ci ha costretti in gabbia. La scelta di comportarsi in un modo o nell’altro non va dunque delegata alla biologia ma è una scelta personale e culturale.

(Antropocene crotonese)

Novacene (James Lovelock)

Cosa altro fare se non ripartire da se-stessi, consapevoli che i luoghi hanno la capacità di riflettersi sul nostro benessere psico–fisico, di concorrere alla nostra realizzazione come esseri umani dipendenti dalla Terra. In questa prospettiva, la cultura dell’uomo diviene uno dei prodotti più raffinati da esperire: il senso che un gruppo sociale attribuisce al suo legame con il territorio nel tempo in cui lo abita, lo trasforma e lo proietta nel futuro.
“Credo che decisione sarà presa tra poco sull’astronave Terra, da voi, da me e dai nostri compagni di viaggio. Su, facciamo vedere di cosa siamo capaci!” (Max Tegmark, L’universo matematico). La frase dello scienziato è  il “condensato” del “buon antropocene” che, restituendo l’uomo di spirito alla sua Terra, lasci intravede il senso di appartenenza, di identità e topo-filia della comunità, tratti caratteristici del vivere un luogo “Coeso” e “Coerente”. Luogo in cui politici, scienziati, tecnici, cittadini, protezione civile sono impegnati nell’arduo compito di “manutenzione” del pianeta e di diffusione delle scienze del cittadino quale strumento utile a porsi in ascolto dei messaggi con cui la Terra continua a meravigliarci, come più volte ha già fatto nel corso della sua “Vita”.

(Sant’Emidio a Casabona)

 Antonio Giulio Cosentino