Idee per un titolo

Più informazioni su


    Archeologo, laureato in Conservazione dei Beni Culturali.

    Ha scritto il saggio “Il Prestigio del Pitagorismo a Roma”. Ha partecipato a campagne di scavo, catalogazione e inventariazione del patrimonio archeologico in Calabria e nel Lazio. Relatore ed estensore di contributi storico-archeologici in convegni scientifici. Per crotoneinforma.it il dottor De Marco offrirà punti di vista sul nostro giacimento archeologico, storico e culturale.

     

    In principio, in una delle prime riunioni di redazione, all’indomani della malsana idea di “PG & Co.” di farmi iniziare questa nuova avventura, avevo intenzione di titolare questa rubrica “Il PetrarizzoË®, allusione neanche tanto sottesa al reperto archeologico che spesso, per i non addetti ai lavori, è più simile ad un sassolino piuttosto che a un fecondo indizio del nostro comune passato.

    Nell’immediato turbinare di libere associazioni di idee, al “PetrarizzoË®, di uso caro e dialettale, si è aggiunto l’anglofono e rockeggiante “Rolling StoneË®, visti i tanti sassolini vorticanti nelle scarpe per il drammatico impiego delle cose culturali, specialmente nel nostro territorio.

    Contestualmente, nel rotolare di irriverenti idee, nella mente si avanzava, «piantando le mani e i piedi», la figura granitica, eroica e tragica, di quel lestofante di “SisifoË®, che «dalle membra / gli colava il sudore, dal suo capo gli colava la polvere»«che pene atroci soffriva / reggendo con entrambe le mani un masso immenso.»

    Sisifo, un mascalzone della peggior specie, «il più astuto degli uomini», mitico fondatore e primo Re di Efira, prima d’esser chiamata Corinto.

    L’uomo che rifuggendo il timore del fulmine preferì donare l’acqua, che è vita, agli abitanti della sua città.

    Forse fu il vero padre dell’«ingegnoso» Ulisse… povero Laerte, povero, inconsapevole cornuto.

    Ingannatore, avido e disonesto, a tal punto da prendere in giro la morte e la sua sposa, e far scomodare il dio della guerra e lo stesso padre degli dei per poterlo mettere in ceppi per l’eternità.

    Punito ad una fatica impossibile e senza senso, spingere un enorme masso per una ripidissima salita di un monte e deporlo sulla sua sommità, ma appena in cima, la colossale pietra è destinata a rovinare nuovamente a valle. «Ed egli, tenendosi, spingeva di nuovo» per l’eternità.

    Con il tempo questo supplizio eterno, fatica di Sisifo, è divenuto proverbiale e sinonimo di lavoro inutile.

    Chi si occupa di beni culturali in Italia e, in special modo, nel nostro territorio ha una grande consapevolezza: sa di dover insistere in eterno, sfidare le saette dello Zeus di turno per poter portare l’acqua della memoria a più persone possibile.

    Un novello Sisifo che fa la sua fatica, con quel bizzarro demone aggrappato alle spalle, che gli pesa sui polpacci a gravare per l’eternità.

    «Per il resto», per dirla con Albert Camus, «egli sa di essere il padrone dei propri giorni. […] Nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria […]. Così, persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.»

    Perché la fatica della divulgazione, al pubblico il più ampio possibile, del nostro giacimento archeologico, storico e culturale, per quanto possa sembrare titanica non sarà mai inutile.

    Sarà dolce portare questo greve macigno con voi sulla comune erta del nostro monte.

    Francesco De Marco

    Più informazioni su