PerècceZzioni di: La città incantata

"Ogni volta che ci accade qualcosa, quel ricordo ci apparterrà per sempre, anche se non lo ricordiamo più".

Di Maria Celeste Arcuri:
La città incantata o “Sen to Chihiro no kamikakushi”, è un film datato 2001, scritto e diretto da Hayao Miyazaki e prodotto da Studio Ghibli. Vincitore dell’Orso d’Oro e dell’Oscar per il miglior film d’animazione nel 2003, è considerato una delle pellicole migliori del XXI secolo. Il lungometraggio rimase per 19 anni in cima alla classifica dei film di maggior successo nella storia del cinema giapponese, con un incasso totale di 30,4 miliardi di yen. La protagonista Chihiro Ogino, successivamente Sen, è una bambina di 10 anni che a causa di un equivoco, finirà per vagare in una terra abitata da Yo-kai e “Kami”. Gli ospiti della “yuya” (terme), nella quale la bambina si ritroverà a prestare servizio, sono in gran parte frutto dell’immaginazione del regista, tuttavia alcuni di essi sono stati tratti dal folklore giapponese. A patto di salvare la vita dei genitori trasformati dalla strega Yubaba in Maiali, a mio avviso palese riferimento alla maga Circe, la bambina dovrà affrontare numerosi pericoli e interagire con molte di queste entità. Interessante il processo di inversione dei ruoli a cui assistiamo, non sono infatti i genitori a dover proteggere la figlia, ma è la bambina a dover intraprendere un viaggio, per alcuni versi anche introspettivo, per uscire da questa dimensione “magica” che li tiene prigionieri. Sebbene questo film sia stato concepito per un pubblico infantile, presenta numerosissimi spunti di riflessione riguardo temi di un certo peso e importanza. Scene e personaggi che al primo sguardo possono sembrare, elementi esclusivamente necessari alla costruzione e coerenza della trama, celano in realtà messaggi ben precisi. Prendiamo per esempio il caso del “senza volto” o “Kaonashi“. Questo personaggio, tanto buffo quanto inquietante, è una potenziale rappresentazione di una società incline al consumismo e all’autodistruzione.
Questo yo-kai dalla fame insaziabile, cerca in ogni modo di guadagnarsi rispetto e amore offrendo in dono pepite d’oro. I dipendenti delle terme, ammaliati da questi doni, lo servono e adorano, sebbene coscienti del pericolo che egli rappresenti; La loro brama nei confronti del denaro e della ricchezza li porterà ad essere divorati dallo stesso essere che tanto veneravano. La pretesa dello spirito di guadagnarsi amore e fiducia offrendo in cambio beni materiali, sebbene all’interno della pellicola sia esasperata, è in realtà un’immagine in cui ci imbattiamo sempre più spesso. L’affetto di una persona non si misura più in gesti semplici e genuini, saturi di sentimento, ma dalla capienza del suo portafogli.

I simboli religiosi sono disseminati ovunque…i culti naturalisti che sono ormai parte integrante della religione giapponese e il legame con la natura è un elemento essenziale dell’anima giapponese.
H.Miyazazaky

Assolutamente fondamentali per lo sviluppo della trama, sono i personaggi Yubaba e Zeniba, due gemelle agli antipodi, due linee che tracciano il profilo di una sola persona. Nel primo caso abbiamo una donna rigida, decisa e aggressiva, una madre con un figlio sovrappeso, viziato e inibito dalla morbosità del loro rapporto. Nel secondo caso, troviamo una signora premurosa, severa ma pacata, ragionevole e affettuosa. In realtà i tratti caratteriali dei due personaggi, assolutamente identici nell’aspetto, non si escludono a vicenda, piuttosto possono rappresentare come una persona può apparire in due contesti differenti. Spesso infatti si tende a cercare di sembrare l’opposto rispetto ciò che si è realmente; indossiamo le maschere di Pirandello per poter vivere al meglio la nostra quotidianità. In questo caso una persona molto mite e sensibile, può voler apparire decisa e aggressiva per avere maggior controllo sui suoi dipendenti e sul suo lavoro, ma ciò non garantisce che quella sia la sua vera natura.
Come negli altri lavori di Miyazaki, anche in questo film è presente una forte componente ecologista. Ne è l’allegoria il “Dio putrido” o “Okusare-Sama” letteralmente “Marcio” tradotto dal Giapponese. Questa divinità è in realtà lo spirito di un fiume intrappolato da un fitto involucro di rifiuti e sostanze nauseabonde. La scelta del regista nel voler inserire questo personaggio, non è da ricercarsi in una possibile critica nei confronti di una popolazione poco attenta al rispetto dell’ambiente, ma nel rappresentare un’abitudine salvifica nei confronti della natura, ossia “la pulizia e rispetto dei corsi d’acqua” (link intervista). Sarà proprio lo spirito di un fiume il filo conduttore dell’intera storia, che tra folklore e dimensioni fantastiche ci regala un affascinante viaggio ricco di emozioni.