PerècceZzioni di: V for Vendetta

“Sotto questa maschera non c’è solo carne, sotto questa maschera c'è un'idea, e le idee sono a prova di proiettile.”

V per Vendetta è una pellicola del 2006 diretta da James McTeigue. Il film è tratto dalla Graphic Novel “V for Vendetta” scritto da Alan Moore e illustrato da David Lloyd. I personaggi principali sono interpretati da Natalie Portman, Hugo Weaving e Stephen Fry. Sebbene la trasposizione cinematografica riscosse grande successo e registrò un incasso complessivo di 132.511.035 $, Alan Moore, come nel caso di altre di sue opere come: La vera storia di Jack lo squartatore – From Hell, Constantine e Watchmen, si dissociò totalmente dalla produzione, ritenendosi estremamente deluso dal risultato finale.
La pellicola è ambientata a Londra, tuttavia in una dimensione distopica, spaventosamente simile a quella del romanzo “1984″ di “George Orwell“. In una società succube di violenti “castigatori” e privata di ogni libertà, chi si oppone alle angherie di un governo disumano, è un misterioso e controverso eroe chiamato V, che indossa quello che a posteriori diverrà un simbolo, che nell’immaginario collettivo incarna il concetto di protesta, la maschera di Guy Fawkes.
Guy Fawkes fu un personaggio determinante per la congiura delle polveri, o congiura dei gesuiti, ossia un complotto progettato da un gruppo di cattolici inglesi a danno del re protestante Giacomo I d’Inghilterra nel 1605. Il piano consisteva nel far esplodere il Parlamento, tuttavia si concluse con un totale fallimento, infatti Fawkes fu trovato in possesso di ben trentasei barili di polvere da sparo; fu quindi arrestato, torturato e in seguito impiccato.

La figura di V è ispirata al celebre complottista, infatti, sebbene il protagonista sia considerato un eroe“, si avvale comunque di mezzi decisamente poco ortodossi per raggiungere il suo scopo, tanto da essere definito “terrorista”. Appare dunque chiaro che il cliché del supereroe viene demolito per lasciar spazio ad un enigmatico giustiziere, dagli atteggiamenti discutibili, dotato di capacità in buona parte ascrivibili ad un uomo comune. Dalla fragilità e tragicità del suo passato V trae la forza di opporsi alle ingiustizie, tuttavia non agisce mosso da un fine egoistico, ma per risvegliare un popolo la cui voglia di reagire giace assopita in un corpo paralizzato dalla paura. Uno dei suoi tratti caratteristici, riguarda la teatralità che esprime non solo con l’utilizzo della maschera e nella gestualità, ma anche con il linguaggio; infatti, spesso si serve di aforismi e battute tratte da famose opere teatrali e orazioni. Durante la visione di questa pellicola satura di riferimenti artistici e culturali, assistiamo ad alcune scene familiari a concetti espressi in molte opere filosofiche e letterarie, come per esempio “Il Leviatano” di Thomas Hobbes, il “Mito della caverna” di Platone o “Il Principe” di Niccolò Machiavelli, con la celebre frase “il fine giustifica i mezzi“. Basta soffermarsi ad osservare quella che è la più celebre raffigurazione del lavoro di Hobbes, per notare immediatamente il nesso con il film, ossia un mostruoso gigante che detiene tutto il potere, composto da tanti singoli individui. Di fatto più volte durante il film, viene ribadito che il potere conferito ai capi di governo e ai simboli, deriva dal popolo e che dunque non li si dovrebbe temere; mentre un chiaro riferimento all’opera di Platone è individuabile nell’analogia tra l’uomo che ritorna nella caverna nel “vano tentativo di portare gli altri alla luce” e gli svariati tentativi del protagonista di fare comprendere ai londinesi l’impellenza di una ribellione nei confronti di un governo che li tiene brutalmente incatenati  ad una realtà fittizia, al mondo del “non essere”.

Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest’uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile.
T. Hobbes

Uno degli elementi che colpisce maggiormente, risiede nel rapporto che il personaggio principale ha con Evey. La ragazza infatti nonostante sia stata rapita e sottoposta a tremende torture, si lega inscindibilmente alla misteriosa figura. Non si tratta di un caso di “sindrome di Stoccolma” bensì di un infatuamento vero e proprio nei confronti dell’ideale che il personaggio rappresenta. Evey affronta le sue paure e diventa testimone della crudeltà inflitta dal governo, grazie soprattutto alla struggente e disperata testimonianza di Valerie, scena che oltre a trasmettere forti emozioni, offre spunti sui quali è quasi obbligatorio fermarsi a riflettere. Questo percorso di crescita personale condurrà la ragazza a diventare un elemento necessario per lo sviluppo della trama, infatti, malgrado le aspettative, sarà lei ad impersonare l’anello spezzato della catena. Al termine dei 132 minuti di proiezione, si palesa un messaggio allo spettatore; come Evey, siamo noi che dobbiamo scegliere e agire per salvaguardare la nostra libertà, perché non è il portavoce, ma l’ideale che vive dentro ognuno di noi a fare la differenza. A dimostrazione di ciò, sono i sempre più numerosi elementi che scelgono o hanno scelto di utilizzare la maschera di Guy Fawkes in scioperi, cortei e primavere arabe. “Chi era lui?  Era Edmond Dantès. Ed era mio padre. E mia madre, mio fratello, un mio amico, era lei, ero io, era tutti noi”.