PerècceZzioni di: La Principessa e il Gigante

“C’è sempre un briciolo di verità in tutte le favole.”

Di Maria Celeste Arcuri e Cassandra Gulotta:
Film del 2017, “La principessa e il gigante” è stato diretto da Mikkel Brænne Sandemose e accompagnato dalle musiche di Ginge Anvik. La storia si svolge in una Norvegia dallo stile medievale e fantasy, con ambientazioni immerse nella natura dei fiordi e delle foreste del Nord. I protagonisti della pellicola sono: Espen (Verbjørn Enger), un giovane dai “capelli rossi, gilet e più fegato che cervello” e la principessa Kristin (Eili Harboe). Nella loro “fantastica” terra si tramanda un’antica leggenda, secondo la quale la figlia del sovrano rischia di essere rapita dal Re della montagna se entro il suo diciottesimo compleanno non abbia già trovato marito. Se ci si sofferma ad osservare gli elementi principali del film, sarà inevitabile notare una certa schematicità nell’evoluzione dei fatti, effettivamente, basta pensare alla tesi di Christopher Vogler ne “Il viaggio dell’eroe“, “Le narrazioni più coinvolgenti […] sono quasi sempre riconducibili agli antichi miti.”, per notare che la trama è di fatto strutturata secondo elementi e criteri riconducibili al racconto mitologico; l’eroe mitico è la metafora del protagonista che si appresta ad intraprendere un percorso che lo porti, dopo varie vicissitudini, a conquistare una nuova consapevolezza. Non a caso, all’interno della pellicola sono presenti dei personaggi liberamente ispirati a miti e leggende di diverse culture. Ne abbiamo un chiaro esempio nel caso delle tre “ninfe”, le quali oltre ad avvalersi del celebre “pomo della discordia” della dea Eris, vantano caratteristiche familiari alle Alseidi e all’Empusa della mitologia greca. Il Nostro protagonista e i suoi due fratelli, infatti, vengono ammaliati dalla bellezza di queste tre singolari figure e condotti in un’idilliaca realtà distorta. Tuttavia, l’apparenza è quello che è visibile, ma è allo stesso tempo ingannevole, infatti, non sempre corrisponde alla realtà e può diventare potenzialmente una trappola per i sensi, che come sosteneva Cartesio, sono già ingannevoli di per sé.
Un dettaglio interessante risiede nel fatto che il Villain del film, sia una figura portante della mitologia norrena, il troll, anche chiamato “Re della montagna“. Queste sono creature longeve, e a seconda della tipologia hanno habitat specifici, prediligono le ore notturne e hanno una certa repulsione nei confronti della luce solare, inoltre alcune leggende dichiarano che molto spesso si divertono a trarre uomini e donne in inganno. Non è un caso che l’arrivo di questo spaventoso antagonista sia accompagnato da “Nell’antro del re della montagna” di Edvard Grieg, che nel dramma teatrale a sua volta, accompagna la scena VI dell’atto II e fa da sfondo alle grida di minaccia delle suddette creature nei confronti del protagonista.

Guardando il film si ha spesso la sensazione di avere dei déjà-vù, questo grazie ad alcuni dettagli o situazioni che ci ricordano altre celebri pellicole. Ne è un esempio la mappa utilizzata da Espen, quest’ultima infatti svela la strada da percorrere solo se glielo si chiede gentilmente, caratteristica che la associa quasi subito alla “Mappa del Malandrino” presente in Harry Potter, una vecchia pergamena che, se sfiorata da una bacchetta magica mentre si dice la parola d’ordine, “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”, mostra tutti i segreti di Hogwarts. Anche le ambientazioni presenti nel lungometraggio sono familiari a quelle di altri famosi capolavori cinematografici, come “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, o si ricollegano a vicende e luoghi degli antichi poemi epici, ad esempio la grotta di Polifemo nella quale era stato fatto prigioniero Ulisse. Espen per la famiglia è una specie di “anti-Mida”, infatti il padre e i due fratelli sostengono che “tutto ciò che tocchi diventa cenere” poiché, essendo un ragazzo abbastanza sbadato, può involontariamente causare gravi danni a cose o persone. Se però per Cenerentola l’appellativo cenere rimane un vezzeggiativo, per il protagonista assume un valore più che positivo alla fine del film, infatti egli è convinto che questo soprannome gli abbia portato fortuna durante le sue avventure ed esorta la famiglia a continuare a chiamarlo così.