Non è certo C come catastrofe! foto

Il Calcio a Crotone è come la serie che siamo: perché nello sport si perde senza morire e si muore senza perdere… …la speranza di rialzarsi e diventare ancora più forti, più giusti, più equilibrati!

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di Procolo Guida

Serie C matematica, chè catastrofe sportiva e sociale è? Come chiunque segua pedissequamente un intero campionato, abbiamo avuto la possibilità di commentare, stimolare e criticare tutte le fasi della stagione, partita dopo partita e, finchè è stato possibile, allenamento dopo allenamento. Abbiamo pure “contribuito” al primo esonero di Ciccio Modesto, alle speranze e profonde delusioni di Mister Marino ed al ritorno ed al secondo calciomercato di un allenatore che abbiamo sempre difeso di fronte ad un eccesso di critica evidente e che, comunque, in questo disgraziatissimo finale di stagione, pur avendo aumentato a dismisura proprie responsabilità, rimane meno “colpevole”, a nostro avviso, della stessa società. Ma torniamo alla domanda iniziale: è una catastrofe essere “scesi” in Lega Pro subito dopo la retrocessione dalla massima serie? E se si, che tipo di catastrofe è? Per rispondere pienamente, abbiamo necessità di ripartire dalle origini, sportive e non, del calcio a Crotone che prescindono dalla famiglia Vrenna; anche se non soprattutto, per “valutare” proprio Gianni Vrenna Presidente, ed anche perché la memoria, in questa città più che altrove, fa rima con l’unico capoluogo di provincia d’Italia privo di Archivio di Stato.

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Basta partire dal fatto che ancora non si voglia “certificare” se l’origine fu quel 1910 (piuttosto che nel 1921) quando la S.S. Crotona (prima polisportiva) portò organizzazione e campionati; e nemmanco tanto di più si ha da ricostruire circa prima e dopo l’immediato dopoguerra dove iniziò l’era ventennale di Silvio Messinetti; tutto ciò fa certo il paio con la vera e propria voglia di memoria corta di questa città in tutte le sue sfaccettature, ma anche con un ancor più pervicace autolesionismo che riesce a “fare sempre squadra” come nessun altro “fattore”. Nonostante ciò ed al tempo stesso, proprio per questo “fattore”, la storia del calcio pre, durante e (quasi certamente anche post) fratelli Vrenna, ha contorni ancora più nitidi dei colori rosso e blu, di quelli della colonna di Capo Colonna e della radice post ellenica e post industriale! Esageriamo? Forse, anzichesi, anzichenò! Proviamo, ad esempio, a pensare proprio alla stagione calcistica 1952/53 di quarta serie. Fu quella che, quasi certamente, segnò (comunque ancor di più) la rivalità più forte tra i derby calabresi, scavando inesorabilmente un solco anche sociopolitico con i cugini titolari della provincia di Catanzaro: in quel campionato di quarta serie si propose infatti un primo vero testa a testa in campionato; con i giallorossi catanzaresi  trionfatori per soli tre punti in classifica; l’amarezza divenne doppia perché seguirono altri sei anni consecutivi nella quarta serie, con l’approdo in C “solo” nel 1959 quando, primeggiando punto a punto su Akragas e Avellino, quel Crotone dell’operaio Geremicca, si assicurò il primo posto grazie ad un solo punto di vantaggio sulla squadra agrigentina. Potremmo poi scrivere pagine e pagine di potere e sperperi quando (nel 1979) iniziano gli anni più tormentati e chiacchierabili dal punto di vista economico e societario: c’è il primo ritorno alla Prima Categoria dopo il fallimento ed uno dei primi cambi di denominazione (in Associazione Sportiva Crotone) e, comunque, altri fasti sportivi; vittorie e sogni inframezzati, sempre, da altri chiacchierabili bilanci con nomi davvero fragorosi a fare da attori (sia nostri che avversari). I nostri genitori potrebbero raccontarci leggende su Pulvirenti piuttosto che Scoglio, così come su Luciano De Paola o Santececca piuttosto che Crucitti o Merigliano e Capogreco… …per non dimenticare i pedatori crotonesi Masellis, Celano, Calabretta e Drago; sul primissimo e giovanissimo Leone (isolitano) e Garzieri, e come trascurare, fra i primissimi stranieri, Ristic. In tutti questi lunghi decenni, non si è mai riusciti a far decollare l’intero territorio che ha certamente conosciuto ricchezze economiche, ma mai fu capace di organizzare prognosi avvicinabili ai fasti del Premio Crotone di Repaci, Ungaretti, Sciascia e Pasolini che, assieme a Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè, pure giocò all’Ezio Scida!

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Infatti il calcio, che incide ed è inciso sempre nel e dal territorio, nel frattempo, è pure già passato dalla denominazione Kroton, approdando al secondo e decisivo fallimento nonostante tifosi s’improvvisarono Dirigenti, rischiando di proprio con cambiali. Ecco che arriva il successivo  e profetico accorpamento alla Nuova Crotone della famiglia Gualtieri, e diventa presto Football Club Crotone Calcio con Lentini Presidente, alla cui guida, subito dopo, va un giovanissimo Raffaele Vrenna titolare dell’azienda che si occupa di “monnezza” in città. Sono gli anni 90 di passioni “sfrenate” che porteranno, dopo la cavalcata da prima categoria fino alla serie C2 in sei anni, sodalizi interni fondamentali con (Ursino) ed esterni (Ceravolo/Moggi). Come conciliare, da qui in poi, causa ed effetti non è certo facile; e, di conseguenza, è invece possibile tracciare una demarcazione chiara con la primissima promozione in serie B, nella mitica stagione 1999/2000 firmata Cuccureddu/De Florio/Grieco. Anche se è altrettanto chiaro che rimaniamo, anche in quegli anni, un posto che sguazza tra stereotipo ed archetipo bastardo e da serie minore (altro che C come catastrofe), proprio perché mischellosi capaci di “autoemerginarci” a città di Pitagora che non ha però mai saputo rivendicare e costruire un suo ateneo. Eppure, o proprio perché come in tantissime altre piazze dell’intero “bel paese”, il consolidamento societario calcistico arriva anche grazie alla ricerca di “riscatto” (che fa rima con ricatto) d’immagine della proprietà. Comunque è in questo tempo (e solo da questo 2000), che la prestigiosissima serie cadetta, diventa casa sportiva, anche attraverso un purgatorio oggettivamente breve in C1. Arrivano così una serie di stagioni di calcio spumeggiante, arrembante ed esaltante, quanto i nomi e cognomi che avevano calcato o calcheranno palcoscenici internazionali e che fanno da “annaspo” ancor prima dello sforno dell’incredibile e più che fiabesca cuzzupa del doppio approdo in massima serie. Da qui il marchio Vrenna diventa “untouchable” anche giudizialmente, tanto quanto storia e meriti prettamente sportivi che saranno decantabili dai nostri figli e nipoti! Una incredibile “favola” sportiva che però, permetteteci, nei suoi aspetti più nitidi ed innegabili, non è stata mai goduta per davvero. Prima per miopia politico/societaria, il cui stereotipo si consuma attorno alla vicenda stadio, e poi per la divisione tra i fratelli Vrenna (tra di loro) ed, ancora prima, con l’abbandono e l’autoesilio di Salvatore Gualtieri; non trascurabile è certamente l’effetto pandemia che ha accompagnato ritorno e terzo anno di serie A, ancora più fiabescabile.

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Forse però, più per vocazione che per destino, l’inizio della “malacreanza” ebbe a disegnarsi proprio in quel finale di stagione 2015/2016 e proprio attorno ai rapporti “consumati” con Juric prima (che, da degno figlioccio del Gasp, ci ha certamente regalato il più bel calcio di sempre),  e con Modesto e lo stesso Capitan Galardo; agli ultimi due dei quali non abbiamo voluto/potuto “regalare” nemmeno un minuto di serie A rossoblu (anche questi prodromi che peseranno?). Comunque sia, che Ivan, da ex calciatore e lanciatissimo (ancora oggi) prodigio di trainer, fosse già promesso a metà calciocheconta, era quasi naturale: molto meno che non fossimo proprio capacissimi a gestire questo dato di fatto così lampante sin dall’altrettanto mitica prestazione di quel “suo” Crotone a San Siro contro il Milan nel quarto turno di Coppa Italia 2015, vinto solo nello score dalla squadra più titolata al mondo che, tra l’altro, era ancora di proprietà Berlusconi. Nel frattempo, il forse autolesionistico, diventa certezza granitica pericolosissima, se si pensa a come “abbiamo”(tutti) consumato i successivi rapporti con Davide Nicola prima, e lo stesso Giovanni Stroppa dopo, anche dopo il secondo ed ancora più incredibile miracolo della serie A. Guai a chi rinnega di aver considerato già Juric un traditore per poi pure godere delle prime vicissitudini alla guida del Genoa; guai a chi non ammette di aver contribuito a dicerie e maldicenze su Davide Nicola, ed ancora prima che “scappasse” all’inizio del campionato successivo al miracolo salvezzA; guai a chi pensa di essere stato minimamente capace di apprezzare ritorno ed abnegazione di Stroppa nel salvare la serie B prima e condurre la cavalcata per il ritorno in massima serie, attraverso professionalità mai viste prima (e dopo), gioco e capitalizzazione di Simy capocannoniere e Messias ex scaricatore di lavatrici (giusto per rammentare solo alcuni meriti). Ma guai anche a chi fa ancora finta di non sapere che quasi tutti i traguardi più prestigiosi ed incredibili dal punto di vista sportivo, sono stati raggiunti con Gianni Vrenna Presidente!

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Ma la “malacreanza” è il giardino dei superficiali. Così come superficiale è stata la scelta e, soprattutto, la gestione di Mister Modesto di questo ultimo anno; pure frettolosamente identificato come figlioccio di Juric. Il croato aveva innanzitutto lavorato nello staff di Gasperini per ben tre anni (compresi quelli all’Inter ed al Palermo, scusate se è poco). Modesto, di Juric, è stato “solo” calciatore (un anno solo e proprio a Crotone) e semplice seguace poi: la differenza è notevole! Come notevole e fragoroso è il campo aperto lasciato a Francesco Modesto sia nella gestione di spogliatoio ed uomini che nella (non)gestione, da sempre trascurata, della comunicazione con la città ed i tifosi. Ed è da qui che si possono tracciare cause ed effetti di una catastrofe(?), i suoi giusti contorni ed i punti prodromici di “altezza”! “Ma come fare non so, Sì, devo dirlo, ma a chi Se mai qualcuno capirà Sarà senz’altro un altro come me” cantava il nostro poeta Rino Gaetano che campeggia anche nella curva sud! Chi è davvero da serie A o B a Crotone? Perché a partire proprio da Ciccio Modesto che ci ha militato per più di 15 anni da calciatore in queste massime serie, beh possiamo e dobbiamo dire che è evidente che non lo abbia dimostrato a se stesso ed alla sua sfrenata e pervicace voglia di comandare più che gestire! Ma lo stesso Ursino non ha fatto una bella figura richiamandolo e permettendogli di “scacciare” subito altri  3 o 4 giocatori dopo l’epurazione iniziata ad agosto. Non sappiamo quanto possa essere realistica la possibilità di un ripescaggio, ma una cosa è certa: quando e se inizieremo la prossima stagione in Lega Pro, non dobbiamo e non possiamo guardare con spocchia a nessuna delle piazze che incontreremo, nessuna proprio! Innanzitutto perché in questa stagione sono accaduti e continuano ad accadere cose da dilettanti allo sbaraglio all’interno di questa società e, di conseguenza, in squadra. Così come è innegabile che c’è stato e c’è tanto da salvare e di cui essere pure orgogliosi. Ma la dimensione di Crotone città non può avere ambizioni fuori misura. Uno dei più grandi statisti contemporanei, Shimon Peres, disse che “nello sport si vince senza uccidere, in guerra si uccide senza vincere.” In questo tempo di guerre e falsità, lo sport dovrebbe tornare a concentrarsi sulla sconfitta: perché nello sport si perde senza morire e si muore senza perdere… …la speranza di rialzarsi e diventare ancora più forti, più giusti, più equilibrati! L’unica vera catastrofe (prettamente sportiva) di questa stagione è che, nonostante errori, epurazioni e superficialità, questo Crotone non “sarebbe” di certo inferiore ad almeno 5 o 6 squadre, eppure, nella migliore delle ipotesi, arriveremo terzultimi. Questa è la lezione di cui dovremmo fare tesoro, il resto è malacreanza a tinte rossoblu.

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Davide Nicola
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