Memoria, verità e conoscenza per tutti i giorni! foto

Ieri i 40 anni della strage del Generale Dalla Chiesa, della moglie Setti Carraro e dell'agente Domenico Russo; oggi la responsabilità di tutti noi a non delegare più alle famiglie delle vittime

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    Verità e conoscenza. Che bombe! Verità e conoscenza sono centrali nella storia della filosofia e dell’uomo, temi, ancor prima che parole, che si sono trasformati nel tempo, trasformando la loro naturale interconnessione che pure, già nell’antica Grecia, ha trovato i prodromi di un primo rifugio, di scoperta, più che di verità assoluta. Il 3 settembre del 1982 un’azione mafiosa, censita fra almeno altre 150 in quello stesso anno a Palermo, determina una strage in via Isidoro Carini in cui morirono il prefetto di Palermo e Generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa (inviato dallo Stato proprio per quel clima da guerra), la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Che l’autobianchi A112, oggetto dell’attacco, sia addirittura conservata nel museo storico di Voghera, qualche significato ce lo deve suggerire. Da lì, quarant’anni di significati edulcorati di verità e conoscenza, ingialliti, massificati e normalizzati da altre stragi, altri morti eclatanti, proprio perché preannunziate e rassegnate. Oggi è 4 settembre, quanto vorremmo che si possa avere l’ambizione di non celebrare “solo” le date di stragi e morti, ma i giorni della ricerca collettiva e condivisa di verità e conoscenza: quelle dei giorni dopo, dei mesi a seguire e degli anni a venire! Rita, Nando, Simona, i figli della prima moglie del Generale Dora Fabbo, e tutta la famiglia fino ai nipoti, ci hanno provato, ci stanno ancora provando, con rigore che trasuda DNA! Rita, nata a Casoria nel 1947, e forse più nota figlia primogenita del Generale dei Carabinieri con discrezione e “separatezza” da una vita da copertina, ma mai lontana o scevra dal “suo” prezioso tesserino da giornalista che fu uno dei legami col papà, fino alla fine alla ricerca di notizie e verifiche su chi a Palermo lo intimidiva. Ferdinando, detto Nando, è del 1949 ed è nato a Firenze e di mestiere ha fatto lo scrittore, sociologo e accademico; dai suoi 33 anni, da orfano, ha dovuto e voluto impegnarsi, sempre dalla stessa parte, anche profondamente diversa da quella in cui la sorella Rita ha accettato lavori e candidature, per una etica della verità e della conoscenza che hanno sempre travalicato le omissioni della Sicilia che aveva assassinato suo padre. Simona nata nel 52 e sposata Curti e residente, praticamente da sempre, a Catanzaro, è stata consigliere regionale prima per il PCI in Calabria, fino al 1990, poi eletta Deputato alla Camera sempre in Calabria tra le file del PDS, riconfermata alle successive elezioni del 1994, fino al 1996 ed ancora Dirigente del PD in provincia di Catanzaro; nel 2009 è eletta nell’Assemblea nazionale del partito fondato da Romano Prodi. Strade anche diverse, dunque, ma ugualmente intrise di ricerca di verità e conoscenza e fiducia nelle istituzioni, anche, se non soprattutto, nella critica e nella denunzia. Proprio così come il loro papà aveva accettato l’incarico di Prefetto di Palermo aveva creduto nelle istituzioni, e sino alla fine. Con (e mai nonostante) l’esperienza che aveva avuto sia in Sicilia che nella lotta al terrorismo, Carlo Alberto Dalla Chiesa, aveva anche previsto come la mafia si stava evolvendo deponendo la lupara per giocare in borsa. Con figli e nipoti dai colletti bianchi e con i rapporti e la protezione della politica e delle istituzioni. Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa conosceva molto bene la struttura di «cosa nostra», l’aveva analizzata approfonditamente e sapeva leggerla oltre le apparenze. Da Colonnello dal 1971, aveva iniziato a studiare il fenomeno mafioso ed iniziò infatti a scrivere, ad esempio, il «Rapporto dei 114» che, non da oggi, è contenuto in una pubblicazione edita dalla Dia (Direzione Investigativa Antimafia). Quanto e cosa sia stato occultato nell’immediatezza della sua morte è ancora sconosciuto, nonostante una verità giudiziaria sia stata, molto faticosamente, raggiunta. Quanto fosse consapevolmente importante, per interi pezzi dello stato, sacrificare anche la vita della giovane moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo, è tragicamente attuale! Dalla Chiesa intuì che i segreti dei boss erano nei tesori nascosti e nei rapporti con la politica e le istituzioni, tanto che poi furono intuizioni che divennero fulcro ed anima dei lavori proseguiti dal giudice Giovanni Falcone, ovvero la scuola che insegnò a seguire i flussi di denaro per poter scoprire gli affari loschi di cosa nostra e arrestare i suoi boss. Il Generale Dalla Chiesa, allora a capo della Legione di Palermo, iniziava a vedere l’invasione degli affiliati di cosa nostra nel Nord Italia, tutto per mettere le mani negli affari d’oro delle regioni più ricche. Una mafia che ad oggi non è certo cambiata e che proprio nel Nord Italia ha messo radici, con parenti, amici e conoscenti che hanno, spesso, gli stessi cognomi di 30 e 40 anni fa. E ritornando al processo di verità e conoscenza, al contrario di quello che avviene oggi in cui a prevalere è, sempre più spesso, una verità fondata sulla menzogna, sempre più preziosa è l’azione suppletiva che le famiglie dei martiri stanno instancabilmente promuovendo e rigenerando. Così come sta facendo Dora Dalla Chiesa, figlia di Nando, che ha deciso di raccontare la storia, militare e personale del nonno in un documentario, attraverso le parole di chi lo ha conosciuto; proprio come ha sempre proseguito Simona Dalla Chiesa fino ad una delle ultime, preziose, pubblicazioni di “Un papà con gli alamari” (San Paolo Edizioni 2017) che non è una semplice biografia, ma un toccante viaggio fra i sentimenti, le emozioni, i luoghi, i Valori del Generale e Prefetto Italiano Carlo Alberto dalla Chiesa. Ecco, col nostro piccolo quanto gravoso compito di cronisti di periferia, vorremmo saper partire e ripartire da questo viaggio di famiglia, guidato anche dagli altri figli Rita e Nando i quali, assieme a Simona, riescono ad aprire le stanze dei ricordi. Ricordi che tengono assieme un ritratto privato di un papà e di eroe. «Vi voglio bene, tanto, e in questo momento vi chiedo di essermi vicini; così come nei mesi e negli anni che verranno. Vogliatevi soprattutto e sempre il bene di ora! Quanto vi ho scritto, l’ho fatto a 7-8000 metri di altezza, in cielo, mentre l’aereo mi portava veloce verso Palermo. Vi abbraccio forte forte, il vostro papà» (Erano le parole scritte da un Carlo Alberto dalla Chiesa nell’Aprile 1982, all’esordio dei suoi ultimi poco più di cento giorni, in volo verso la Sicilia). Verità e conoscenza, dunque, bombe da innescare contro stragi e proiettili che hanno ammazzato eroi come Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino e troppi altri. Verità e conoscenza che, ad esempio, possono e debbono essere intersecati agli anni di piombo in Calabria e dalla Calabria verso Sicilia e Roma. Verità e conoscenza che così come ci racconta l’intera storia della filosofia, arrivano solo da un processo conoscitivo rigoroso, quanto interminabile. Ed oggi, di fronte ed assieme alle generazioni digitali che hanno consapevolezza che nessuna scienza potrà mai offrire certezze, abbiamo un dovere cosmico: tracciare la strada della memoria verso un consapevole incoraggiamento a norme etiche che non possono essere discusse in alcun modo! E, dunque, evitiamo che ci si occupi delle inchieste, dei valori, del sacrificio consapevole di Carlo Alberto Dalla Chiesa “solo” il 3 di settembre di ogni anno… …provando ad attacarci sulla pelle gli alamari di un’etica che possa evitare che vi debbano essere altri eroi!

    Dalla Chiesa Generale e Prefetto

    Ascolta Simona Dalla Chiesa alla commemorazione di ieri a Parma

    https://www.gazzettadiparma.it/parma/2022/09/03/video/simona-dalla-chiesa-il-percorso-di-memoria-basato-sui-valori-di-democrazia-e-giustizia-e-il-ricordo-piu-bello-che-di-puo-avere-nei-confronti-di-mio-padre-665316/

    Dalla Chiesa Generale e Prefetto
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