Le rubriche di Crotone Informa - Geo Sfere

Ricordando la tragedia dell’ alluvione del ’96

Oggi vi presentiamo i lavori della classe 2^ A del "Musicale".

L’articolo ricorda la famosa tragedia che fece l’alluvione del 96,i danni che provocò, nell’articolo è presente una testimonianza di una persona che racconta quello che ha passato durante l’alluvione. In più nell’articolo c’è stato un salto in avanti ovvero quello che è successo alla provincia di Crotone durante i giorni 21/22 Novembre del 2020.

Son passati 25 anni dalla violenta alluvione del 14 ottobre del 1996 che travolse la città di Crotone, provocando la morte di sei persone. Ben 120 millimetri di pioggia si abbatterono in sole tre ore sulla città calabrese, che non solo venne inondata dalla pioggia, ma fu anche sommersa da un’ondata di fango e detriti usciti dal fiume Esaro e dai vari affluenti che scorrono nelle vicinanze, che non riescono a contenere l’enorme quantità d’acqua caduta dal cielo. La furia degli elementi provocò il crollo di due campate del ponte sud della città cadute nell’Esaro facendo da tappo e provocando inondamenti dentro interi quartieri: Gesù, Marinella e San Francesco che vennero invasi dal fango che arrivò quasi fino ai primi piani delle case. Ancora oggi sono gli studi per non fare accadere di nuovo l’alluvione del 96 infatti si è pensato di costruire delle vasche di laminazione in corrispondenza gli affluenti del fiume Esaro (utile per contenere le acque di precipitazione proveniente da monte che alimentano il fiume), andando per la strada di Cutro e Papanice si può notare una diga utile a regolarizzare le portate di piena del fiume Esaro. La testimonianza di una persona che racconta la brutta esperienza che gli successe in quel giorno: ”stavo facendo servizio con il camion quando è venuto una persona e mi ha mostrato il distintivo dicendomi che dovevo fare servizio per aiutare i vigili del fuoco a fare evacuare i bambini da scuola e portarli al punto più alto della città, in più quel giorno ho visto con i miei occhi anche una persona morire che è stata schiacciata dalla macchina. Quel giorno sono partito alle 8:00 del mattino e sono arrivato a casa alle 2:00 del mattino del giorno dopo ”. Questa è la testimonianza che ha raccontato un testimone che il 14 Ottobre ha vissuto a Crotone il Nubifragio del 96. Un’alluvione più pericolosa di quella del 96 si è verificata pochi giorni fa il 21 e il 22 novembre del 2020 che fortunatamente non ha creato morti ma ha creato molti guai: inondamenti di case e negozi, abbassamento di ponti la quale(il ponte di Neto) e anche rottura di ponti e frane. Quel giorno sono intervenuti subito i vigili del fuoco, (ed essendo stata un’alluvione di tipo “C”) è anche intervenuto lo stato mandando soccorsi come la protezione civile di molte regioni per aiutare i soccorsi. I danni che ha provocato anche l’alluvione del 21 Novembre è stato all’istituto Gravina che ha riportato molti danni anche sulla strada. Un elicottero della Guardia di Finanza è riuscito a trarre in salvo un uomo che a causa del nubifragio abbattutosi su Crotone era rimasto bloccato nella sua auto mentre percorreva la strada statale 106. La 106, infatti, è stata fortemente interessata dal maltempo. La cosa migliore da fare in caso di alluvione e mal tempo si consiglia di stare chiusi in casa per non ostacolare il lavoro dei soccorsi e di muoversi soltanto in caso di emergenza.

Martino Alex
Martino Emanuel
Antonio Stirparo

14 ottobre 1996, una data che è ancora ben presente tra i crotonesi. La pioggia che si è abbattuta sulla città fece ingrossare il letto dell’Esaro che, come una furia, provocò il crollo dell’arcata del ponte e provocato l’inondazione dei quartieri storici della città. Essa subì una violenta inondazione, l’evento di piena causò ingenti danni e la morte di 6 persone (di cui due non si trovò il corpo), chiamate “angeli del fango”, per lo straripamento dei torrenti Esaro e Passovecchio. L’evento pluviometrico, si manifestò in seguito ad un’estesa perturbazione che interessò il Mediterraneo centrale sin dai primi giorni di ottobre con elevate intensità di pioggia, concentrate su una porzione di territorio molto limitato. In particolare, l’evento più gravoso dell’area in esame fu caratterizzato da violenti nubifragi che, nell’arco di poche ore, riversarono elevate quantità di pioggia sul bacino. In esso, a causa della limitata estensione e della litologia argillosa, si verificò una piena “improvvisa” ed altrettanto devastante che andò ad impattare su un assetto urbanistico delle aree adiacenti agli alvei, nelle quali l’espansione edilizia, quasi del tutto “abusiva” ha portato alla costruzione di nuclei abitativi in aree golenali per loro natura zone di espansione delle piene e quindi “riservate ai fiumi”. Nella località di ” Stazione Isola Capo Rizzuto ” si formò così un’incontenibile e violenta piena dello stesso fiume. La piena raggiunse il rione “Gabelluccia”, nella periferia occidentale di Crotone: una massa di acqua e fango sommerse i primi piani delle abitazioni dello stesso quartiere, estendendosi successivamente verso la zona industriale, dove interessò sia i fabbricati in riva sinistra, già allagati in precedenza per lo straripamento dell’affluente Papaniciaro, sia quelli in riva destra, presso il rione “Gesù”, dopodiché l’acqua raggiunse anche il centro storico cittadino incanalandosi lungo via Nicoletta. Gli studenti del Geometra (l’attuale plesso del gravina situato nel quartiere di San Francesco) salgono sui tetti e attendono i soccorsi e i ragazzi delle altre scuole in via Acquabona si trovano a dover fare i conti con una vera e propria inondazione. Numerosi prefabbricati industriali vengono spazzati via dall’acqua, e la zona commerciale e industriale della città fu letteralmente devastata. Intervennero gli elicotteri a causa di persone intrappolate nelle auto e nei garage, quel fango si porta via case, animali, auto, beni di ogni tipo e crolla il ponte, che presentava già delle anomalie di costruzione, del cavalcavia sud della città. A più di venti anni dal tragico evento, rimangono incompiute molte delle opere idrauliche per la messa in sicurezza relative al noto “Piano Versace” rendendo la Città tuttora vulnerabile al Rischio Idrogeologico.

Intervista al Sig. Francesco Grandinetti.
Abbiamo qui con noi il Sig. Francesco Grandinetti, impegnato in quell’anno ed in quel giorno nei luoghi interessati dal disastro.
INT – Come ha vissuto quei momenti? Qual è stata la sua esperienza in quei giorni?
FG – In quell’anno svolgevo il Servizio Civile in sostituzione del Servizio di Leva Militare, presso il Centro Diversamente Abili, sito nel quartiere Fondo Gesù di Crotone. Era mattina presto, intorno alle 9/10, pioveva a dirotto, ma ancora non eravamo preoccupati ed eravamo completamente inconsapevoli del pericolo che da lì a poco avremmo corso. Ad un certo punto i nostri occhi sono andati a cadere alle sponde del fiume distante dal Centro disabili meno di 10 metri. Il livello delle acque era cresciuto parecchio, ma ancora non davamo il giusto peso a quello che stava accadendo. Purtroppo ad un certo punto abbiamo visto acqua scavalcare il bordo del muretto intorno all’edificio e lì è iniziata la paura. Il nostro primo pensiero è stato preoccuparci della salvaguardia dei ragazzi disabili all’interno del Centro stesso, con particolare attenzione a quelli non deambulanti. La nostra prima azione è stata quella di riempire il pulmino con il quale trasportavamo i ragazzi con più persone possibili e portarli via il più lontano possibile da li. Il tempo di uscire dalla cancellata del Centro e trovarsi fuori dal quartiere ed il fiume era esondato. Ricordo di essermi trovato imbottigliato nel traffico delle auto in colonna per le vie della città, rese impercorribili a causa dell’acqua, di alcune auto in panne. Il nostro pensiero correva ai ragazzi ed ai colleghi che erano rimasti bloccati all’interno del centro e a come avremmo potuto tornare indietro per portarli in salvo. Siamo stati tre ore all’interno del pulmino. Dovevamo trovare il modo di portare i ragazzi all’interno di una struttura protetta e quella più possibile era l’Ospedale di Crotone, dove abbiamo ricevuto immediatamente assistenza. Non abbiamo riportato i ragazzi nelle loro case perché era impossibile: il traffico, le vie cittadine non più percorribili a causa del fango e dell’acqua, ma soprattutto i racconti che arrivavano dalle zone di abitazione dei ragazzi stessi non più raggiungibili: Quartiere Tufolo, irraggiungibile; Vescovatello, invaso dal fango; abitazioni, poste nei piani bassi, distrutte dalle acque. Siamo riusciti a tornare indietro, intorno alle 5 del pomeriggio; prima non sarebbe stato possibile in quanto dovevamo aspettare che le acque del fiume si ritirassero e si sgombrassero le strade. Tornare è stata un’impresa. Le ruote del nostro mezzo giravano a vuoto nel fango ed abbiamo fatto lunghi tratti col pulmino sui marciapiedi. L’immagine più triste è stata rientrare nel quartiere Fondo Gesù e vedere un pezzo di città irriconoscibile. All’incrocio con via Mario Nicoletta, un numeroso gruppo di persone a guardare per terra, non capivamo cosa. Poi passando vedere una gamba distesa per terra. Quella, sapemmo poi essere la prima vittima ritrovata. Io e il mio collega eravamo terrorizzati. Dai segni lasciati dal fango e dalle acque sui muri dei palazzi, si poteva vedere che in quei luoghi le acque esondate avevano superato il metro d’altezza. All’ingresso del quartiere siamo stati costretti a lasciare il mezzo e a raggiungere l’edificio a piedi. Avete presente quando si fa una camminata nella neve e si vedono i vostri piedi scomparire nel suolo imbiancato? Succedeva la stessa cosa, ma con l’acqua piena di fango. Arrivati al Centro, non trovammo nessuno. Chi era rimasto lì era stato accolto dal parroco della chiesa vicina che fortunatamente abitava in una posizione alta. Tiravamo così un sospiro di puro sollievo. Non ricordo bene cosa successe poi quel giorno. Ero stanco e provato. Il crollo del cavalcavia di ingresso alla nostra città aveva tranciato i cavi dell’alta tensione che portava l’elettricità a tutta la città. Questa è stata un’esperienza il cui ricordo porterò vivo dentro di me sempre.
INT. – Grazie Sig. Grandinetti per la sua testimonianza e per averci regalato un ricordo, un triste ricordo di quei giorni.
Intervista alla Sign. Francesca Ciminieri.
Qui con noi è l’ostetrica Francesca Cimieri, che ci fornirà la sua preziosa testimonianza sul ricordo di quelle ore, quando giovane infermiera, prestava servizio al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni di Dio.
INT – Vuole raccontarci di quei momenti drammatici e di come li ha vissuti come persona e come infermiera?
FC – Il ricordo di quel giorno è ancora ben nitido nella mia mente e l’attraversa come un flash, ogni volta che la città, come pochi giorni fa, viene aggredita da piogge violente. In quel giorno pioveva davvero tanto. Ricordo che mi ero appena svegliata e dalla finestra vedevo la pioggia scendere in modo abbondante e incessante. Ma lì per lì, non detti molto peso alla cosa. Ogni autunno, in Calabria e nella nostra provincia in particolar modo, le prime piogge arrivano dopo lunghe stagioni di siccità che rendono il terreno argilloso, del tutto impreparato ad accoglierle e quella pioggia che arriva dopo tanto, non è mai mite e lascia al suo passaggio segni evidenti nelle strade, nelle case, per le vie, ovunque. A un certo punto udii, oltre il ticchettio insistente della pioggia, rumori insoliti e grida che provenivano dalla strada. In quel momento mi affacciai e vidi che l’acqua non solo aveva letteralmente alluvionato l’intero parcheggio ma aveva raggiunto un livello all’altezza dei finestrini delle auto che vi erano parcheggiate. E in più la piena non dava segno di voler allentare la presa. Vidi scorrere sotto i miei occhi pattuglie di vigili del fuoco, ambulanze, polizia e soccorsi di vario tipo a sirene spiegate. Il dramma stava prendendo vertiginosamente forma. Già dalla mattinata i tg locali e regionali iniziarono a diffondere le immagini senza scampo della Crotone alluvionata, un disastro ambientale che trovava tutti increduli e impreparati. Io che all’epoca ero una giovane infermiera senza impegni familiari, abitavo con le colleghe di fronte l’ospedale. Compresa subito la situazione non ci pensai due volte e mi precipitai nel mio reparto, il Pronto Soccorso, senza attendere l’inizio del mio turno e per dare subito una mano. L’emergenza in un reparto che era già di emergenza, la corsa in supporto dei colleghi, per fornire tutti insieme tutto il soccorso e le cure possibili, per salvare il salvabile e medicare i feriti. Sentivo che una forza straordinaria si era come impadronita di tutti noi, e ci spronava affinché i mezzi a nostra disposizione diventassero sufficienti per contenere tutto il dramma presente. Sentivo dentro di me un coraggio e una capacità del tutto nuove, mentre tutt’intorno si profilavano scene che umanamente non avrei mai voluto vedere e che porto ancora dentro. Ricordo l’immagine di un ragazzo deceduto e gli occhi atterriti dei ragazzini tratti in salvo da un Centro per disabili invaso dalla furia delle acque. Da un lato mi confortava il fatto di essere lì a soccorrerli, dall’altro i loro sguardi mi facevano comprendere tutta la gravità del dramma. Credo di non aver mai visto tanta forza d’animo: feriti, soccorsi e deceduti erano accompagnati da operatori delle forze pubbliche di soccorso, da associazioni di volontariato e anche da tanti cittadini comuni, precipitati a soccorrere. Medici, infermieri e OSS presenti in turno continuammo a lavorare ad oltranza, fino a fine emergenza. Molti pazienti riportavano grosse ferite. C’era un via vai di gente che si recava in ospedale non avendo un tetto dove dormire. I posti nei reparti erano completamente saturi, facemmo loro posto nel corridoio. L’ospedale in quei giorni era come una grande famiglia, una casa dove risiedevano malati ordinari, feriti, infreddoliti, senza tetto, medici, infermieri, inservienti. Tutti aiutavano tutti e ce la mettevamo tutta.
INT – Grazie signora Cimieri per averci reso partecipe del suo ricordo personale e lavorativo di quel giorno così difficile.

Purtroppo, il 21 novembre si è verificata la stessa alluvione. Tra le sette e le otto del mattino sono caduti quasi 200 millimetri d’acqua e la città è stata per metà sotto un metro d’acqua con le strade che sono diventate veri corsi d’acqua. Sono stati centinaia gli interventi di soccorso dei Vigili del fuoco e della Protezione civile per aiutare le persone bloccate nelle auto. Allagati sia il centro abitato della città che le periferie di Tufolo, Farina, Trafinello, Margherita. Sotterranei invasi dall’acqua arrivata violenta dai canali d’acqua che dovevano servire allo scolo delle piogge già ingrossati dalle precipitazioni avvenute nella notte. Le vie di alcune zone della città, che si trovano al di sotto del livello del mare come il quartiere Marinella, sono diventate dei fiumi di acqua, fango e detriti che hanno letteralmente sommerso tutte le auto in sosta ed allagato garage e magazzini. Purtroppo sono tanti i negozi , chiusi in questo periodo a causa del lockdown, che si sono trovati sommersi dall’acqua e con la merce praticamente distrutta nelle vie principali della città. Danni pesanti anche all’agricoltura del crotonese come segnala Cia Calabria, confederazione agricoltori italiani: allagati i raccolti, compromesse le semine, danni alle strutture, serre distrutte. Danni che si potranno quantificare solo quando l’acqua si sarà ritirata. Ci sono stati dei problemi anche in provincia: ad Isola Capo Rizzuto si è riaperta una voragine in piazza Aldo Moro. Alcuni agenti della polizia Stradale hanno tratto in salvo delle persone rimaste bloccate nell’auto sulla statale all’altezza di Strongoli. Fortunatamente non si sono registrati feriti. La prima alluvione coinvolse maggiormente le zone comprese tra i corsi d’acqua. Ci furono sei morti e molti feriti. Nell’alluvione più recente a pagare un prezzo alto sono state le periferie di Margherita, Poggio verde e Tufolo, ma anche una parte del centro cittadino. Per fortuna non ci sono state vittime. Il plesso del liceo G.V. Gravina è stato fortemente danneggiato dall’ultima bomba d’acqua. I momenti dell’alluvione sono stati colmi di panico e terrore. La gente era spaventata e non sapeva cosa fare. La cittadina era in subbuglio, sia nel ’96 che negli ultimi giorni. Così come in passato, anche adesso molte persone sono rimaste senza casa, e si trovano in grave difficoltà. Molti negozianti, hanno perso un sacco di merce e i sacrifici di una vita. Durante il corso degli anni, il clima sta cambiando a causa dell’inquinamento causato dall’uomo. Questo influisce molto sulle piogge, infatti si alternano periodi di siccità, a periodi caratterizzati da forti piogge torrenziali, che possono durare addirittura 2 o 3 giorni. Per prevenire queste calamità naturali, è sicuramente necessario attuare tutte le norme di sicurezza per rendere sicuro il territorio. In conclusione, sarebbe opportuno fare un appello alle istituzioni provinciali, affinché tali norme di sicurezza vengano messe in atto, così da rendere il territorio, un luogo sicuro. Ricordare quello che è successo ci aiuta a migliorare e a far sì che eventi del genere non si ripetano.

Buonaccorsi Elisa, Durante Valentina, Grandinetti Vincenzo,
Guarino Rosaria, Martino Marianna, Nicotera Giusi Giulia,
Palmieri Debora

Il 14 ottobre 1996 la città di Crotone subì una violenta inondazione a causa delle torrenziali piogge che si abbatterono sulla città. Le piogge causarono la saturazione dei terreni e lo straripamento del fiume Esaro e del suo affluente, il torrente Passovecchio. Nel bacino del fiume caddero 120mm di pioggia, che sommati alle altre precipitazioni avvenute durante la settimana raggiunsero complessivamente i 330mm. Ciò provocò la sovralimentazione di tutti i corsi d’acqua affluenti dell’Esaro provenienti dalla zona di Cutro. Nella zona di Isola Capo Rizzuto si formò un’incontenibile piena dello stesso fiume che ebbe una portata di oltre 1000m2 al secondo. Verso le ore 12 di quel 14 ottobre, la piena raggiunse i rioni “Gabelluccia” e “Gesù” sommergendo i primi piani delle abitazioni dirigendosi verso la zona industriale ed in seguito raggiunse anche il centro storico incanalandosi lungo via Mario Nicoletta raggiungendo anche i 4m di altezza in alcune strade. L’alluvione provocò sei vittime e danni molto ingenti. La zona industriale fu quella maggiormente devastata. Furono distrutti quasi tutti i ponti e vennero colpite 358 imprese provinciali provocando danni equivalenti a circa 126 miliardi di lire, ovvero circa 65 milioni di euro.

Salvatore Basile: quel giorno ero in treno, mi recavo a Catanzaro per iniziare il servizio militare, ma purtroppo Crotone era allagata e il treno dovette cambiare strada, facendo un percorso alternativo con il quale impiegammo il doppio del tempo a tornare
Maria Liberoti: a causa di quell’alluvione la nostra casa era allagata, abbiamo dovuto abbandonare la casa e trovarne una nuova, la quale ci è stata data dal comune, non solo a me ma anche altre persone, tra cui alcuni parenti e mia sorella. Quest’ultima era appena andata al supermercato per fare una spesa, durante la quale la pioggia ha iniziato a scendere incessantemente ed è rimasta bloccata per strada durante il tragitto di ritorno a causa dell’acqua che si alzava sempre di più.

Le opere di raccolta delle acque e la larghezza dei cori fluviali urbanizzati erano e sono tutt’ora insufficienti e per questo motivo il PAI annuncia nell’aprile del ’98 la classificazione delle aree a rischio esondazione nella “Ordinanza 97k” contenente il così detto “Piano Versace”. Il “Piano Versace” è un progetto al cui interno sono presenti interventi strutturali e non per diminuire il rischio di inondazioni nel territorio crotonese. I principali interventi presenti all’interno del progetto sono: la riduzione dei detriti di piena, ripristino delle mantellate degli argini, risagomatura del tratto finale dell’Esaro, rimozione del ponte in ferro posizionato su di esso, sistemazione del fiume Esaro, regimazione delle acque a nord, verifiche idrauliche e rifacimento di tombini e ponti, sistema di monitoraggio e di emergenza e rilievo topografico dell’Esaro. Questo progetto è stato redatto dagli ingegneri: Calomino, Bevilacqua, Gugliotta, Perri e Tricoli e prevede in oltre la costruzione di: 6 vasche di laminazione di cui 4 sull’Esaro e 2 sul Passovecchio, delle arginature e canalizzazioni sui principali corsi d’acqua e i maggiori affluenti, sistemazione idraulico-forestali dei versanti e rifacimento di numerosi tratti stradali che all’epoca intralciavano il normale corso d’acqua dell’Esaro. Alcuni di queste costruzioni non sono più realizzabili però, come per esempio lo scolmatore del canale papaniciaro, a causa del ritrovamento di reperti archeologici e per questo ci è stata una modifica del progetto con l’aggiunta di una settima vasca li laminazione. Altre complicazioni sempre sul canale papaniciaro si ebbero nell’allargamento della foce per via dell’urbanizzazione e per rimediare si pensò di cambiare il normale scorrimento del fiume ma infine si sta costruendo però una vasca di laminazione posta in corrispondenza della SP52 che collega Crotone e Papanice. Un’alluvione di portata simile avvenne nel territorio crotonese tra la notte del 21 e la mattina del 22 novembre scorsi raggiungendo un’altezza di 280mm. Questa volta l’inondazione ha interessato soprattutto i quartieri di Marinella, Gabelluccia, Poggio Pudano, Trafinello, Papaniciaro ma anche Tufolo e Farina lato Esaro. Fortunatamente questa volta non ci sono state vittime anche se gli interventi dei vigili del fuoco furono circa cinquanta. Quest’alluvione, dal punto di vista delle imprese provinciali, fu peggiore perché avvenne subito dopo che molte di esse si erano appena sistemate per riaprire dopo il periodo di lockdown dovuto alla pandemia globale del passato 2020 che li ha costretti a non poter lavorare.

AUGENTI R., BALZANO F, BASILE M.,
BLACONÀ C., CUTULI A., PALUCCIO B., RIZZUTI A.

14 ottobre 1996, una data che è ancora ben presente nella mente dei crotonesi… La pioggia che quel giorno si è abbattuta sulla città fece ingrossare il letto dell’Esaro che, come una furia, provocò il crollo dell’arcata del ponte del cavalcavia: ponte che già presentava delle anomalie di costruzione. L’evento di piena causò ingenti danni e purtroppo la morte di 6 persone, di due non è stato trovato più il corpo. Le zone maggiormente colpite furono quelle a ridosso dei torrenti Passovecchio ed Esaro, e i quartieri di Gabelluccia e Gesù. Una massa di acqua e fango sommerse i primi piani delle abitazioni, estendendosi successivamente verso la zona industriale, colpendo i fabbricati della riva sinistra, già allagati in precedenza, per lo straripamento dell’affluente Papaniciaro, sia quelli della riva destra, presso il rione “Gesù”. Gli studenti del Geometra (l’attuale plesso del liceo Gravina situato nel quartiere di San Francesco) salirono sui tetti e attesero con ansia i soccorsi. Numerosi prefabbricati industriali vennero spazzati via dall’acqua, e la zona commerciale e industriale della città venne letteralmente devastata. Intervennero gli elicotteri dei soccorsi per aiutare le persone intrappolate nelle auto e nei garage ad uscire da quel fango misto ad acqua che si portò via case, animali, auto. Purtroppo però, a più di venti anni dal tragico evento, sono rimaste incompiute molte delle opere idrauliche per la messa in sicurezza relative al noto “Piano Versace”, ciò ha reso la città ancor più vulnerabile al rischio idrogeologico. Il 21 novembre 2020 (era trascorso poco più di un mese dalla commemorazione dell’alluvione del 1996) si è verificata un’altra analoga alluvione. Tra le sette e le otto del mattino sono caduti quasi 200 millimetri d’acqua che hanno invaso alcuni quartieri della città e le strade sono diventate veri e propri corsi d’acqua. Sono stati centinaia gli interventi di soccorso dei Vigili del fuoco e della Protezione civile per aiutare le persone bloccate nelle auto, per ripristinare la viabilità e aiutare nello sgombero dei danni provocati all’interno delle varie attività commerciali invase da acqua e fango. Le zone allagate, infatti, questa volta hanno coinvolto sia il centro abitato della città, che le periferie di Tufolo, Farina, Trafinello e Margherita.
Il plesso del liceo G.V. Gravina è stato fortemente danneggiato. Infatti, fango, detriti e acqua, sono penetrati all’interno dell’edificio, allagandolo. L’alluvione ha colto i cittadini di sorpresa, che sgomenti hanno assistito inermi a questa calamità naturale.
Così come in passato, anche adesso molte persone hanno subito ingenti danni e si trovano in gravi difficoltà economiche: perso automobili, case danneggiate e molti negozianti hanno avuto ingenti danni nei loro magazzini con perdita di merce. In questi ultimi anni, a seguito del riscaldamento globale, il clima sta subendo delle caratteristiche tipicamente tropicali. Questo determina delle concentrazioni di piogge in un breve lasso di tempo, che si alternano a periodi di siccità. Crediamo che per prevenire queste calamità naturali, sia necessario attivare tutte le norme di sicurezza per garantire e salvaguardare il territorio. In conclusione, è opportuno fare un appello a tutte le istituzioni, affinché tali norme vengano messe in atto, così da rendere il territorio, un luogo sicuro.
Negli ultimi anni, in tutto il mondo, si sono svolte importanti manifestazioni per la salvaguardia ambientale, che hanno visto la partecipazione non solo di adulti, ma sempre più forte e attiva è la partecipazione e il coinvolgimento dei giovani. Tra gli attivisti più noti ricordiamo Greta Thunberg, una ragazza di appena diciotto anni, che con le sue forti parole ha smosso il cuore di grandi e piccini.

Buonaccorsi Elisa, Durante Valentina, Grandinetti Vincenzo Antonio
Guarino Rosaria Elisa, Martino Marianna, Nicotera Giusi Giulia
Palmieri Debora