E lo chiamano servizio sanitario nazionale

Rolando Belvedere: "La salute non è compatibile con il profitto né può essere oggetto di speculazioni  secondo logiche privatistiche".

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Riceviamo e Pubblichiamo:

La sanità crotonese analogamente a quella regionale, da tempo in terapia intensiva, è stata intubata. Il collasso è dietro l’angolo. I mali sono antichi. Il Covid 19 è solo la ciliegina sulla torta marcia della sanità calabrese. E non solo.
Mangiata da decenni a quattro ganasce a prezzi da gioielleria non sempre contabilizzati. A Non è l’arena la trasmissione  di Giletti ,l’ex commissario Saverio Cotticelli ha rivelato debiti fuori bilancio di 100 milioni di euro risalenti al 2014…I guai non vengono mai soli. Al San Giovanni di Dio  a Crotone, un apparecchio acquistato pochi mesi fa per processare i tamponi è fuori uso, i pochi(!) reagenti chimici servono per ora solo per le urgenze…Medici e paramedici sono ridotti all’osso in tutti i sensi. Il Pronto Soccorso è la valvola di scarico di tutto, al limite dell’implosione.

Cosa succederebbe  se altri  concittadini dovessero avere bisogno di un letto nel reparto di terapia intensiva? Perché a Crotone  non sono stati preventivati- per un’evidente evoluzione del Covid19- reparti di terapia intensiva in spazi adeguati? Ma non ci sono solo i malati da Covid 19 e gli altri malati con gravi patologie? Analoga situazione si registra nelle altre città calabresi. La diffusione del virus si scontra inevitabilmente, con la incapacità degli ospedali di reggere un sovrannumero di ricoveri rispetto ai troppi pochi posti letto a disposizione, la chiusura di tante strutture pubbliche e la mancata sostituzione dei dipendenti andati in pensione.  Su queste basi nel Dpcm, è inserita la Calabria nella Zona Rossa con i limiti più stringenti oltre alla nomina di Giuseppe Zuccatelli nuovo e undicesimo  commissario  straordinario che in una intervista diventata virale definì inutili le mascherine! Ora ha  tanti poteri, per mettere in piedi  la catastrofica sanità calabrese, influenzata dalle potenti lobby farmaceutiche, dagli interessi particolari, incompetenze e forse pure dalla corruzione.
Forse c’è bisogno di spendere i soldi stanziati, ma anche di assumere , promuovere, licenziare e trasferire personale.

Zuccatelli ha il coraggio di farlo? O il prossimo commissario sarà il mago Otelma. Intanto c’è chi  dissente da sé stesso e se le canta di santa ragione: Nino Sperlì, leghista vicepresidente della giunta calabrese, non  vuole  la Zona Rossa  ed è pronto a  presentare un ricorso. Che non rallenta certo  la diffusione  e le vittime del virus. Il governo regionale si dice la verità da solo, si compiace da solo, si contraddice da solo e si seppellisce da solo. Non è questo il momento delle divisioni politiche. Quando  invece si dovrebbe  combattere uniti un nemico impietoso che continua ad uccidere. Dopo decenni di smantellamento delle strutture del servizio sanitario nazionale, per favorire quelle  private, le strutture sanitarie pubbliche calabresi rimangono le cenerentole rispetto a quelle delle altre regioni soprattutto settentrionali. Che non ridono, sebbene  abbiano ricevuto e ricevono di tutto e di più per migliorare tutte le loro strutture sanitarie: pubbliche e “private” con la benedizione  leghista e dei loro compagni di merende, lobbisti nordisti  di tutti i partiti.
Nel 2019 la Regione Calabria ha pagato oltre 300 milioni di euro alle altre Regioni  per curare i pazienti calabresi nei viaggi della speranza.

Quel denaro  poteva essere speso per nuove assunzioni, apparecchiature e dispositivi medici per la sanità pubblica: un servizio per far progredire la Calabria tra le ultime regioni d’Europa. La salute non è compatibile con il profitto né può essere oggetto di speculazioni  secondo logiche privatistiche. Che spesso veramente  private non sono. C’è da chiedersi quante  strutture sanitari e nazionali   così dette private rimarrebbero in piedi senza succhiare il denaro pubblico cioè nostro , grazie alle convenzioni con la Regione.
E allora  si potrebbe lasciare al loro destino le strutture “private” che vivono solo e sopra tutto  di convenzioni e potenziare le strutture pubbliche  con assunzioni a tempo indeterminato  anche del personale delle stesse  strutture sanitarie “private” decotte e l’acquisto di moderne  apparecchiature. Oggi le apparecchiature le comprano “i privati” e se le fanno strapagare con le convenzioni”. Senza sprezzo del ridicolo facciamo emigrare  i nostri giovani e preparati medici e infermieri e ci troviamo i reparti  sempre più piccoli e malmessi, sguarniti di professionisti connazionali. La tragedia diventa farsa quando si pretende di trasformare i medici  in manager, in contabili del reparto dove operano. Oggi un primario  gestisce pazienti medici, paramedici…e pure i conti del suo reparto . Invece a ognuno il suo mestiere. Un servizio sanitario  pubblico  segue l’efficienza nelle cure,  non il profitto. A questo ci pensino gli imprenditori sanitari privati , quelli veri . Quelli che non chiedono soldi pubblici, ma solo ai pazienti privati, quelli che  investono, si assumono il rischio d’impresa e se non ce la fanno chiudono l’attività.

Rolando Belvedere
Presidente sezione calabrese
Associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno

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