PerècceZzioni di: Big Fish

"Vedere al di là della consuetudine"

di Maria Celeste Arcuri

Quando si è bambini si ha per natura l’inclinazione ad immaginare e raccontare vicende straordinarie sebbene non siano mai accadute, un normalissimo pomeriggio può diventare una lunga avventura in una dimensione fantastica. Ma se questa pratica, che con l’avanzare degli anni diviene desueta, ci accompagnasse per il resto della nostra vita?
Film del 2003, Big Fish è considerato un capolavoro fantasy dalle aspre sfumature drammatiche. La direzione del regista Tim Burton ha inciso notevolmente sulla pellicola, lo si nota dalle ambientazioni, dalla presenza di Helena Bonham Carter nel cast e dai personaggi tipici del panorama cinematografico di Burton. Rispetto alla conformazione dei suoi precedenti lavori, questo film presenta una componente atipica, una certa mitezza, dovuta probabilmente alla prematura dipartita del padre del regista.

Edward Bloom interpretato da Ewan McGregor e Albert Finney, è un uomo che ha vissuto una vita piena di avventure, eventi fantastici che lui racconta con fierezza. Non tutti però credono alle sue storie, compreso suo figlio Will Bloom interpretato da Billy Crudup, che ancorato alla realtà, cerca disperatamente un’interpretazione alle favole surreali del padre. Fantasie che si costruiscono intorno a circensi, streghe con occhi di vetro, giganti e pesci dalle dimensioni sproporzionate, per Will diventano improvvisamente indice di presunti tradimenti, manie di protagonismo e tacite rinunce alle responsabilità familiari. Il mondo del padre che fin dalla più tenera età lo ha affascinato e coinvolto è ormai troppo distante dalla sua visione della realtà per risultare credibile.

Il rapporto genitore-figlio è frutto della collisione di due dimensioni inconciliabili tuttavia coesistenti, questo legame matura in un crescendo di emozioni che infine esemplificano la visione di Edward, e invitano lo spettare a porsi un interrogativo ben preciso: “E se oltre ciò che appare, ci fosse di più?”. L’elemento cardine del film infatti riguarda proprio la capacità di “vedere” al di là della consuetudine, saper cogliere ciò che di più fantastico e inusuale si cela dietro l’ordinarietà, senza svalorizzarla, al contrario, conferendole straordinarietà.
Quello che a primo impatto potrebbe sembrare un ossimoro, è la definizione più adeguata di questa pellicola, che altalenando tra emotività e ilarità, ci invita a guardare la vita da un’altra prospettiva.

Questa rubrica vuole divulgare un gran lavoro svolto durante un Laboratorio di Critica Cinematografica all’interno del corso di laurea del DAMS, all’Università della Calabria. Attraverso flash, più che analisi, di film più o meno recenti, si vuole proporre una luce su un messaggio potenzialmente trasmesso. Ogni scheda è infatti analizzata non in maniera oggettiva ed ancora meno con un occhio tecnico: ciò che l’autrice propone è l’utilizzo di un sistema di pensiero soggettivo e dettato dall’interiorizzazione delle pellicole. Ogni film o cortometraggio, infatti, può far emergere sensazioni, emozioni e riflessioni diverse in base a chi o come lo si guarda e in quale periodo della propria vita. (“La nostra percezione del film, cambia a seconda dei momenti che un singolo soggetto può vivere, e, conseguenzialmente, cambia anche il significato che gli si attribuisce. Per questo la mia analisi potrà e vorrà sempre essere al centro di discussioni e confronti senza alcuna impronta assolutista.” Maria Celeste Arcuri)
Maria Celeste Arcuri è nata a Crotone nel 1997 e studia all’Università della Calabria Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo.